Le forze russe avanzano oltre il confine ucraino. I “partiti della guerra” della Russia e, soprattutto, delle Repubbliche separatiste del Donbass hanno piegato le resistenze interne anche a Mosca e dello stesso Vladimir Putin, il quale ha fatto il passo più lungo della gamba. L’offensiva contro Kiev è un evento epocale e mostra il fallimento di anni di dialogo, di confronti, di analisi sul possibile sviluppo negoziale del conflitto. “La questione col passare delle settimane ha cambiato la sua connotazione” dice a true-news.it Sergio Romano, ex diplomatico, storico e editorialista del Corriere della Sera, ambasciatore d’Italia a Mosca ai tempi del crollo del Muro di Berlino, raggiunto telefonicamente.
L’ex ambasciatore a Mosca Sergio Romano: “Protagonismo degli uomini vince sul rapporto fra Stati”
Per lui quella che era il “proseguimento di un grave crisi geopolitica tra Stati” in corso da otto anni e che ha visto coinvolte “Russia, Ucraina, Stati Uniti e Europa” si è trasformata in una partita che ha “messo davanti al tradizionale rapporto tra Stati, attori regionali, potenze e diplomazie” un “rapporto mediato principalmente dal protagonismo degli uomini”. Nel caso specifico, dei leader. Parliamo, afferma Romano, di “Vladimir Putin e Joe Biden”.
“Putin e Biden possono vivere senza la guerra ma sono disposti a correre il rischio”
I quali si sono impegnati in una partita di cosiddetta brickmanship: Russia e Usa hanno agito spingendo in avanti situazioni pericolose fino a condurle sull’orlo del precipizio di un conflitto attivo. Nella consapevolezza che, come ricorda l’ex ambasciatore a Mosca, sarebbe entrata prima o poi in campo la “teoria dei giochi”: i due Paesi sono chiaramente benissimo capaci di “vivere senza farsi la guerra” e questo “Putin e Biden lo sanno bene”, ma “sono disposti a correre il rischio” gettando nel tritacarne il terzo uomo, Volodymyr Zelensky, capo di Stato ucraino, che in quest’ottica ha cercato di depotenziare il partito interno che spingeva per la guerra finendo però nel fuoco incrociato.
Ucraina, vincono i “partiti della guerra” di Mosca, Washington e Kiev
Biden ha personalmente seguito un approccio realista alla questione, frenando i falchi della sua amministrazione come Tony Blinken, ma lavorando all’obiettivo di fondo del de-coupling tra Russia e Europa con il contrasto al Cremlino. Ma c’è un “problema di ricerca del secondo mandato”, ricorda Romano, che gli impone di ottenere risultati positivi per Washington in politica estera, specie dopo il flop afghano.
La Russia ha una “questione Ucraina”, esercito e servizi spingono per la guerra
Putin? È arrivato al momento in cui era “terribilmente difficile fare un passo indietro” mano a mano che la sfida tra i due sistemi-Paese si rafforzava. A vincere sullo Zar il partito russo della guerra, che è rappresentato anche dalle frange di testa dell’esercito desiderose di risolvere la sfida ucraina. Tra questi Sergej Naryshkin, il potente capo del servizio di spionaggio estero Svr, che pochi giorni fa parlando della situazione in cui vivono oggi coloro che parlano russo in Ucraina, ha sostenuto di avere a volte l’impressione “che una macchina del tempo ci trasferisca negli anni più terribili dell’occupazione hitleriana”.
Sergio Romano: “Anche Putin riceve pressioni interne”
Per quanto riguarda il suo Paese, Naryshkin è convinto che i tentativi di mandarlo in rovina non abbiano mai fine. Un’altra figura chiave tra i “falchi” è Nikolaj Patrushev, ex capo dei servizi dell’Fsb. Sono figure come queste a far pressione su Putin. E, ricorda Sergio Romano, “anche il presidente russo riceve pressioni dall’interno” per regolare la questione ucraina.
Come evolveranno le questioni militari nei prossimi giorni? Ancora presto per dirlo. In ogni caso l’opinione dell’ex ambasciatore resta una di quelle più lucide per avere il quadro. Il 25 febbraio, alle ore 18, proprio Sergio Romano sarà ospite di Inside Over Italia sul canale Facebook della testata di approfondimento esteri de IlGiornale.it assieme al professor Aldo Giannuli, al giornalista Antonio Cadalanu e al reporter di guerra Fausto Biloslavo, moderati dall’analista geopolitico Mirko Mussetti. E il confronto che emergerà sarà importante per vedere come voci diverse guardano il conflitto scoppiato a Est.
Guerra, ecco chi lo aveva previsto: il prof “Cassandra” americano
Oltre alle analisi di oggi, tuttavia, come in ogni grande Storia (con la S maiuscola), c’è chi aveva previsto con dettaglio come si sarebbe evoluta la situazione. Inascoltato, come Cassandra. John J. Mearsheimer, professore di scienze politiche e teorico realista dell’Università di Chicago, lo ha detto con precisione chirirugica in un recente intervento. Lo scenario tendeva alla guerra “La mia argomentazione – ha dichiarato il prof americano in un recente intervento davanti ai colleghi – è che [gli Stati Uniti] stanno giocando una mano perdente. E il motivo per cui stai giocando una mano perdente è perché questa è una competizione tra considerazioni economiche e di sicurezza. La mentalità di base delle persone in Occidente è che puoi punire i russi economicamente e loro alzeranno le mani”.
“L’Occidente pensa che l’economia sia tutto ma per i russi sicurezza e interessi strategici valgono una guerra”
Profezia avverata, la Russia ha attaccato poco dopo le nuove sanzioni occidentali. E ancora: “Quando sono in gioco interessi strategici fondamentali, e non c’è dubbio che nel caso della Russia questo [l’Ucraina] sia un interesse strategico fondamentale. I Paesi soffriranno enormemente prima di alzare le mani. Si può infliggere molto dolore ai russi e loro non si arrenderanno. E non molleranno, perché l’Ucraina è importante”.