È stato l’anno della logistica e dei corrieri, l’anno in cui persino un Paese anziano e poco digitalizzato come l’Italia ha scoperto (o è stato costretto a scoprire) l’e-commerce. Come si dice spesso, infatti, la pandemia ha velocizzato processi che erano in corso da tempo, trasportandoci nel futuro. Nulla di più vero per le consegne a casa e gli acquisti online, il cui boom ha creato una nuova domanda di personale per le spedizioni.
Se dei rischi legati al mestiere del corriere si è parlato spesso (orari sfiancanti, aggravati da periodi intensi come quello natalizio), anche le aziende che li impiegano hanno dovuto affrontare l’emergenza, e non è stato tutto oro colato come si pensa. Come ha spiegato a True News Enzo Solaro, Segretario Generale di FEDIT (Federazione Italiana Trasportatori, che rappresenta le principali realtà del settore), nel corso dell’anno c’è stato “un calo del B2B (Business To Business) in favore del B2C (Business To Consumer)”: insomma, dalla logistica industriale a quella legata al consumatore, tutti noi. “Ciò ha costretto le aziende a una veloce riorganizzazione delle spese, a cui è seguita una contrazione dei ricavi perché il B2C è meno remunerativo del B2B. Su tutto, poi, c’è stato l’aumento dei costi di adeguamento, con più personale e l’acquisto dei dispositivi di protezione”. L’anno in cui il corriere è diventato un mestiere indispensabile lascerà grandi tracce in questo settore e non solo. Secondo Solaro, “le abitudini delle persone, che hanno ormai imparato ad acquistare online, rimarranno. Anche perché, dopo il primo lockdown nazionale, non abbiamo registrato un ritorno alle modalità tradizionali di spesa”. Continueremo ad aspettare i nostri pacchi a casa, dunque, anche dopo il vaccino? Se così fosse, continueremo anche ad avere bisogno dei corrieri. Urge quindi una riflessione sulla categoria e le sue condizioni di lavoro, quando l’emergenza sarà finita.