Perché questo articolo potrebbe interessarti? Nazionalizzazione, nuovo partner privato oppure commissariamento: sono queste le tre ipotesi per l’ex Ilva su cui starebbe lavorando il governo. Ma anche negli incontri pre natalizi si è avuta una semplice fumata nera: tutto rinviato agli ultimi giorni dell’anno, gli ultimi realmente disponibili per poter prendere una definitiva decisione sullo stabilimento di Taranto
Da Natale a Capodanno e questa volta non è solo un modo di dire. In piazza Colonna, una volta uscito da Palazzo Chigi, il segretario nazionale della Uilm, Rocco Palombella, sull’ex Ilva di Taranto è stato molto esplicito: “Se questo è ancora un Natale di incertezza – ha dichiarato ai giornalisti presenti – speriamo che il capodanno sia un’occasione per dire ai lavoratori e ai cittadini che il governo ha deciso”.
Il riferimento è al nuovo incontro che dovrebbe tenersi, sempre a Palazzo Chigi, tra il 28 e il 29 dicembre. Quello del 20 non ha portato a molto. L’esecutivo, i cui ministri competenti hanno parlato con tutti i vari segretari sindacali interessati alla vicenda, non ha ancora deciso la strategia da attuare sul dossier dell’impianto dell’ex Ilva. “Però almeno questa volta abbiamo ottenuto dal governo un ascolto interessante – ha proseguito Palombella – hanno capito qual è la posizione sindacale sul futuro dell’azienda, si è chiesto qualche altro giorno di tempo”.
Perché l’attuale fase è quella realmente decisiva per l’ex Ilva
Anche pochi giorni però, allo stato attuale, potrebbero risultare decisivi. Sia in un senso che nell’altro. Sia cioè se si propende per il rilancio dell’impianto tarantino e sia, sul versante opposto, se la scelta dovesse cadere sulla chiusura. L’impressione è che, nel giro di poche ore, occorre prendere quelle decisioni a cui invece occorreva pensare nell’ultimo decennio.
In primis, c’è un problema meramente infrastrutturale. L’ex Ilva di Taranto è tra le poche rimaste a ciclo integrale e inoltre, per poter essere competitiva sul mercato, deve essere avviato un processo di decarbonizzazione. Una circostanza quest’ultima importante anche sotto il profilo ambientale. Non solo, ma i sindacati hanno sottolineato l’importanza di effettuare al più presto lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione. Senza interventi, due dei tre forni attualmente accesi potrebbero non funzionare più già dal prossimo anno.
Servono quindi soldi e progetti. E qui si arriva al secondo nodo vitale per l’ex Ilva: chi deve mettere la moneta sul piatto? La società che controlla lo stabilimento è Acciaierie d’Italia (AdI), di proprietà per il 63% del colosso franco-indiano ArcelorMittal e per il 37% in mano allo Stato tramite Invitalia. Il partner privato ha già fatto sapere di non voler mettere mano al portafoglio. Anzi, la società ha rivendicato crediti da parte dello Stato: “A dirla tutta – ha dichiarato Palombella – il partner privato non ha messo un centesimo di investimento in questi anni”. Cioè, in particolare, da cinque anni: ArcelorMittal con AdI è subentrata dopo l’accordo supervisionato nel 2018 dall’allora ministro del Lavoro Luigi Di Maio.
Il governo potrebbe prendere posizione solo dopo l’assemblea dei soci del 22 dicembre. Da qui la convocazione dei sindacati prevista tra il 28 e il 29 dicembre. Fonti della maggioranza a TrueNews hanno sottolineato che proprio in quei giorni è previsto un consiglio dei ministri, l’ultimo dell’anno, e che quindi il dossier ex Ilva potrebbe essere inserito tra i punti all’ordine del giorno.
Le tre ipotesi su cui punterebbe il governo
La domanda sorge quindi spontanea: cosa intende fare l’esecutivo? Fonti sindacali e fonti della maggioranza contattate da TrueNews non hanno fatto trapelare nulla. Le prime perché realmente non informate, nemmeno su base ufficiosa, delle volontà del governo. Le seconde probabilmente per l’estremo riservo richiesto dai ministri che stanno seguendo in prima persona il dossier.
Alcune ipotesi però sono state avanzate da ilSole24Ore. Il quotidiano economico ha parlato di almeno tre strade che il governo Meloni starebbe prendendo in considerazione. La prima riguarda una silente ricerca di un nuovo partner privato. Si fanno in tal senso i nomi di Metinvest, del magnate ucraino Rinat Akhmetov i cui impianti di Mariupol sono stati distrutti dalla guerra, così come dell’indiana Tata. Seppur per motivazioni diverse, entrambe le società sono interessate a investire su importanti impianti europei e Taranto potrebbe rappresentare il campo più consono.
C’è poi l’ipotesi della nazionalizzazione, con Invitalia che diventerebbe così azionista di maggioranza o addirittura anche unico azionista. Si tratta dell’eventualità più caldeggiata dai sindacati, i quali vorrebbero da parte del governo un ingresso immediato nel pacchetto attualmente detenuto da ArcelorMittal. La nazionalizzazione comunque avrebbe solo carattere temporaneo: servirebbe, come spiegato sempre su ilSole24Ore, a gestire l’ex Ilva in attesa di un nuovo partner privato.
Infine, non è da escludere la strada del commissariamento da attuare con una messa in liquidazione di AdI per poi quindi ripartire da zero con una nuova società. Tutte e tre le ipotesi porterebbero comunque ad escludere ogni futura collaborazione con ArcelorMittal, oramai quasi certamente fuori dai giochi dopo cinque anni considerati inconcludenti da sindacati e addetti ai lavori. Altro elemento comune delle tre ipotesi è dato dalla volontà del governo di lavorare per tenere aperta l’ex Ilva. Considerata, dai ministeri competenti, come strategica a livello industriale.
L’estenuante attesa dei lavoratori dell’indotto
Ad ogni modo, occorre senza dubbio fare in fretta. Come detto in precedenza, tutto verrà sondato e deciso tra Natale e Capodanno. Un lasso di tempo che appare come ultima spiaggia dopo anni di continui naufragi. Ma anche un lasso di tempo dove ci saranno almeno 4.500 lavoratori a trattenere il fiato. Sono quelli dell’indotto dell’ex Ilva.
In una lettera del 19 dicembre indirizzata al Prefetto e firmata dai rappresentanti dell’Aigi, l’associazione che riunisce le imprese dell’indotto tarantino, si è fatto presente che sussistono notevoli difficoltà per il pagamento delle tredicesime. “Aigi – si legge nel documento – all’indomani del tavolo in Prefettura con le SS.VV. e preso atto che Acciaierie d’Italia ha corrisposto avvisi di bonifici come acconto sulle spettanze pregresse, comunica che le aziende associate, dimostrando ancora una volta senso di responsabilità e rispetto nei confronti dei propri collaboratori, corrisponderanno la mensilità dovuta”.
“Pur tuttavia – prosegue la lettera – considerando la fase cruciale della vertenza AdI, non ritiene di poter fornire rassicurazioni circa l’erogazione della tredicesima mensilità”. Tra stabilimento e indotto, sono quasi ventimila le persone che durante le festività aspetteranno risposte. Così come ad aspettare risposte sarà l’intero comparto industriale italiano, desideroso di sapere se potrà o meno contare in futuro sull’acciaio prodotto a Taranto.