“È una protesta riuscita”, secondo Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti, le tre sigle sindacali che hanno guidato lo sciopero dei dipendenti Amazon del 22 marzo scorso. Il primo del suo genere nel nostro Paese, con ripercussioni internazionali a causa di un’adesione media del 75% (90% in alcune aree). Un successo, continuano i sindacati, se si considera che “molte lavoratrici e molti lavoratori si sentono ‘ricattabili’ perché hanno contratti atipici e quindi hanno visto la protesta come un rischio”.
Le richieste
I motivi dello sciopero ruotano proprio attorno alle condizioni di lavoro, e i toni non sono moderati: “Amazon si è arricchita enormemente grazie al boom del commercio online in tempo di pandemia ed è giusto che redistribuisca parte di questa ricchezza anche in termini di diritti ai suoi dipendenti”. Le richieste sono quindi una verifica dei turni, dei ritmi e dei carichi di lavoro sia per i driver (i fattorini) che per i dipendenti dei magazzini. Non è facile, visto il labirinto di sigle, aziende e appaltatori di cui si serve il gigante dell’e-commerce. Secondo Danilo Morini della Filt Cgil al Sole 24 Ore, si parla “di 16.500 persone che lavorano per le circa 90 aziende rappresentate da Assoespressi. Si tratta di realtà molto radicate sul territorio, dalle dimensioni diverse, che vanno da 30 a 350 driver”.
L’indotto
Oltre ai 16.500 driver “propri” di Amazon c’è quindi un esercito di lavoratori e corrieri, in un sistema in cui la flessibilità la fa da padrone. Ad ogni lavoratori dipendente a tempo indeterminato ci sono almeno tre interinali e simili. Anche per questo una delle richieste sindacali è per la “continuità occupazionale per tutti in caso di cambio appalto o fornitore”.
Il gigante risponde
La risposta di Amazon non si è fatta attendere. L’azienda ha prima ricordato che da sempre rispetta “il diritto dei nostri dipendenti a formare o aderire a un sindacato senza timore di ritorsione, intimidazione o persecuzione”. Ma ha anche precisato di fare “ricorso a lavoratori temporanei per supportarci quando registriamo incrementi del numero di ordini dei clienti”, vista la volatilità del suo business. Infine, sembra aver presentato dei dati alternativi sull’adesione: “inferiore al 10%, mentre quello riferito dai nostri fornitori dei servizi di consegna intorno al 20%”.
(Foto: Amazon)