Il mercato globale dell’acciaio è attraversato da luci e ombre. Nel corso del 2021, secondo quanto registrato dal rapporto Steel Market: Global Industry Trends, Share, Size, Growth, Opportunity and Forecast 2022-2027, realizzato da ResearchAndMarkets, l’intero settore ha raggiunto un valore di 874,6 miliardi di dollari. Per il 2027 è addirittura prevista un’impennata fino a toccare 1.052,25 miliardi. La crescita dell’industria automobilistica sta certamente creando una prospettiva positiva. Eppure, le incertezze portate dalla pandemia di Covid-19, dalla guerra in Ucraina e dal conseguente tsunami energetico, potrebbero riservare sorprese inaspettate ai grandi produttori in acciaio. E danneggiare le economie di numerosi Paesi, Italia compresa.
L’Italia nella bufera
L’Italia è uno dei principali produttori d’acciaio d’Europa, alle spalle della sola Germania, in testa con 42 milioni di tonnellate all’anno all’attivo. Roma ne produce circa 24,5 milioni all’anno, con l’ex Ilva di Taranto responsabile della fetta più ampia della produzione (4,5 milioni di tonnellate, il 18%). Il punto è che la crisi dell’energia rischia di danneggiare i conti a molte imprese. In generale, il rischio è che l’Europa possa perdere terreno in favore dei colossi asiatici, da tempo padroni del gioco siderurgico, tra fusioni statali e mercati immensi. La Cina, ad esempio, al netto di tutte le difficoltà che elencheremo produce da sola la metà dell’acciaio del pianeta: 1,337 tonnellate annue.
Dietro al Dragone troviamo però altre due potenze asiatiche: l’India e il Giappone, che nel 2021 producevano rispettivamente 118 e 104,4 milioni di tonnellate all’anno. Attenzione però, perché la sudcoreana Posco, sesta produttrice d’acciaio al mondo, ha avvertito che gli sforzi per rendere i suoi processi di produzione meno inquinanti, di fronte a normative più severe, potrebbero renderla meno competitiva in termini di costi rispetto ai rivali cinesi e indiani. Ricordiamo che l’industria siderurgica rappresenta il 7-9% di tutte le emissioni di combustibili fossili. Alcuni dei più grandi produttori di acciaio del mondo, tra cui ArcelorMittal, ThyssenKrupp e la cinese Baowu, hanno lanciato iniziative per ridurre la propria impronta di carbonio. La tempesta perfetta energetica e le dinamiche geopolitiche potrebbero però entrare a gamba tesa sull’intero settore.
L’acciaio in difficoltà
Una delle più importanti tendenze da sottolineare arriva dalla citata Cina. Li Ganpo, presidente e fondatore di Hebei Jingye Steel Group, è stato chiarissimo: “Tutto il comparto dell’acciaio sta perdendo costantemente denaro”. Oltre la muraglia, gli acquisti di acciaio hanno toccato i minimi dal 2008. Il motivo? Da ricercare nella crisi del settore immobiliare, che per il Dragone rappresenta circa un terzo delle acquisizioni del materiale, e in un calo della domanda. A detta del signor Li, nell’arco dei prossimi cinque anni un terzo delle acciaierie cinesi potrebbe alzare bandiera bianca. Nel complesso, i dati dell’Associazione mondiale dell’acciaio relativi a giugno parlano chiaro. La produzione siderurgica mondiale è calata del 5,9% su base annua, attestandosi a 158,1 milioni di tonnellate. La diminuzione riguarda per lo più la citata Cina, prima consumatrice e produttrice di acciaio, con Pechino che ha incassato un – 3,3% facendo segnare una produzione di 90,7 milioni di tonnellate.
A guastare i sonni europei, invece, è la crisi energetica scaturita dalla guerra in Ucraina. Con i costi di gas, elettricità e petrolio alle stelle, nella prima metà dell’anno la produzione d’acciaio grezzo in gran parte d’Europa è stata negativa. Ulteriori riduzioni, maggiori rispetto agli anni passati, sono attese nelle prossime settimane. Tutto ciò potrebbe provocare un rialzo dei prezzi. E pensare che il settore siderurgico avrebbe potuto essere trainato dall’automotive. Il report ResearchAndMarkets, infatti, evidenzia come l’acciaio sia ampiamente utilizzato nella produzione di strutture automobilistiche. “La crescente domanda di acciaio piatto da parte delle case automobilistiche per migliorare l’efficienza del carburante e ridurre il peso complessivo dei veicoli sta favorendo la crescita del mercato”, si legge nel documento. Bloomberg ha fatto notare che le automobili utilizzano circa 1 tonnellata di acciaio per auto. Lo scenario non appare però così confortante.