Home Economy Attentati, auto elettriche, Brics: la Turchia spaventa tre volte l’Occidente

Attentati, auto elettriche, Brics: la Turchia spaventa tre volte l’Occidente

Turchia, schiaffo al Sultano: "Erdogan sul viale del tramonto"

La Turchia sta preoccupando l’Unione europea e, più in generale, l’intero Occidente. Dal punto di vista economico, Ankara potrebbe consentire alle auto elettriche cinesi di arrivare nel continente bypassando i dazi di Bruxelles. C’è poi il fronte geopolitico, con Recep Tayyip Erdogan che ha presentato domanda di adesione al gruppo dei Brics. Infine il capitolo dedicato alla sicurezza: quanto avvenuto nei giorni scorsi presso la sede della Società aerospaziale turca da alcuni membri del Pkk lascia intendere che il Paese, perfetto trait d’union tra Medio Oriente ed Europa, è molto penetrabile.

L’attacco armato avvenuto in Turchia nella sede della Società aerospaziale turca (Tusas) ha spinto Recep Tayyip Erdogan a reagire. Anche perché l’assalto porterebbe la firma del Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan che Ankara considera un’organizzazione terroristica. E poi perché il blitz di due uomini armati nell’edificio – altamente strategico e di proprietà dall’esercito e del governo – ha causato tre vittime e 22 feriti. L’episodio è avvenuto a Kahramankazan, circa 40 chilometri a nord-ovest della capitale. Ha riguardato la Tusas, incaricata di progettare e produrre parti di droni, aerei ed elicotteri, oltre che mezzi blindati, radar e missili (molti dei quali esportati). La risposta di Erdogan, come detto, è stata dura. Le forze armate turche hanno colpito siti collegati al Pkk dislocati in Siria e Iraq, compresi magazzini, rifugi e grotte, provocando una sessantina di vittime.

Attentati e attacchi armati

Il tema della sicurezza in Turchia è delicato. Negli ultimi anni il Paese è stato infatti più volte colpito da attacchi terroristici più o meno sanguinosi. Nel novembre 2022, un’esplosione a İstiklal Caddesi, nel quartiere Beyoglu di Istanbul, ha causato sei morti e 81 feriti. Nel 2017, sempre a Istanbul, un uomo armato di AK-47 ha aperto il fuoco in un locale notturno del quartiere Besiktas, mentre nel 2016 un attentato ha scosso l’aeroporto della medesima città. Gli autori degli assalti? Quando membri del Pkk, e quando affiliati all’Isis. L’ultima vicenda alla Tusas, dopo mesi di calma apparente, ha riacceso le preoccupazioni di Bruxelles. Il motivo è presto detto: la Turchia potrebbe fungere, suo malgrado, da ponte di transito per gli appartenenti a vari gruppi terroristici desiderosi di colpire l’Europa.

La Turchia e le auto elettriche cinesi

C’è poi il tema collegato alle auto elettriche cinesi. Sappiamo che l’Ue ha intenzione di alzare un muro (leggi: dazi) contro gli Ev made in China. Ma sappiamo anche che i player dell’automotive cinese hanno individuato nella Turchia una meta ideale per dirottare importanti investimenti. Perché proprio qui? Semplice: tra Ankara e Bruxelles sussiste, da ormai quasi 30 anni, un’unione doganale che consente la libera circolazione delle merci senza tariffe aggiuntive. Se, dunque, i cinesi produrranno in terra turca, potranno esportare le loro merci nel continente bypassando dazi di ogni tipo. Byd, primo produttore globale di Ev, ha già trovato un accordo con il governo turco per costruire in loco un impianto di assemblaggio e un centro di ricerca. Spesa prevista: 1 miliardo di dollari per l’impianto (capacità produttiva annua: 150mila vetture). Anche Chery, altro colosso del Dragone (lo stesso che aveva flirtato anche con il governo Meloni), sarebbe ad un passo dalla fumata bianca.

Brics, Nato, Europa

Considerando che nel 2023 la Turchia ha prodotto 1,4 milioni di veicoli, e che questa cifra aumenterà grazie agli investimenti cinesi, si capisce perché Bruxelles sia preoccupata dalle mosse di Ankara. Abbiamo usato il plurale, perché Erdogan ha in serbo un altro potenziale jolly: aderire al gruppo dei Brics. La candidatura della Turchia a questo club rappresenta un momento spartiacque della geopolitica. Se Ankara entrasse a far parte di Brics come membro a pieno titolo, o come stato partner, diventerebbe il primo membro della Nato e candidato di lunga data all’adesione all’Unione Europea ad avere un ruolo attivo in un’entità vista da alcuni analisti come una sfida al predominio mondiale dell’Occidente.