La manovra e l’ipotesi di una tassazione sugli “extraprofitti” delle banche ha riaperto il discorso sul tema dell’attività bancaria e delle sue prospettive. In quest’ottica, il compromesso politico che si è trovato, stando alle indiscrezioni, parla del fatto che la logica originaria della definizione dei cosiddetti “extraprofitti”, di difficile determinazione, sia stata alla prova dei fatti superata. Troppo difficile decidere cosa fosse “extra” rispetto al profitto ordinario in un contesto che vede la crescita degli utili delle banche avvenuta tra 2022 e 2023 dettata da condizioni esogene, ovvero dall’aumento del margine d’interesse da parte della Banca centrale europea.
La mossa di Giorgetti: non una tassa, ma un “contributo”….
Giancarlo Giorgetti ha deciso che quella sulle banche non sarà una “tassa” ma un contributo una tantum, al fine di aggirare il potenziale veto che Forza Italia avrebbe posto su una misura di questo tipo. La Stampa segnala che “la misura sulla quale si sta ancora discutendo prevede la riduzione per più esercizi o l’azzeramento per il 2025 della quota di deducibilità delle Dta, gli asset fiscali differiti (crediti fiscali accumulati per le perdite pregresse, da detrarre per più esercizi in ragione degli utili). Per le prime 5 banche, le Dta nei bilanci 2023 valgono 30,5 miliardi di euro. L’azzeramento della deducibilità per 2025 potrebbe valere da sola alcuni miliardi di euro” e servirebbe allo Stato a fare cassa assieme alla riduzione della spesa dei ministeri.
Giorgetti, del resto, deve fare i conti con il problema delle spese, che impone serietà e di tirare la cinghia, e con l’idea tutta politica di non voler creare una spaccatura tra il suo partito, la Lega, e il mondo finanziario. Il raduno di Pontida ha profondamente deluso i manager bancari, che secondo il quotidiano torinese hanno lamentato di essere troppo spesso additati come nemici dal leader Matteo Salvini e la presenza di un clima ostile. Perché se una qualsiasi impresa italiana fa utili record viene celebrata come una trionfatrice e se li fa una banca deve necessariamente essere speculazione? Questa la domanda che attanaglia molti executive. E che va di pari passo con la rivendicazione di un contributo fattivo al sistema-Paese, dato anche attraverso l’espansione di gruppi come Unicredit in contesti quale la Germania, territorio di riferimento dell’industria italiana.
Le banche sono corse troppo avanti?
Sul piano politico, però, la scelta di Giorgetti rifletterà un dato di fatto incontrovertibile: la finanza è oggi uno dei settori su cui fare cassa non è ritenuto politicamente dannoso. Perlomeno dalla maggioranza dell’elettorato.Le banche hanno conosciuto profitti notevoli, e spesso si ricorda che il grande vulnus della loro strategia sia stata negli ultimi anni l’assenza di remunerazioni-extra sui conti correnti dei depositanti.
“Nel panorama bancario italiano, i conti correnti offrono attualmente un rendimento medio dello 0,2% (Fonte: Fabi, Federazione autonoma dei bancari italiani)”, spiegava a maggio Il Sole 24 Ore mentre “quegli stessi fondi, infatti, vengono depositati dalle banche presso la Banca Centrale Europea (BCE) ottenendo un interesse annuo del 4%. Questa situazione solleva una domanda fondamentale: perché i clienti delle banche, i veri detentori del capitale, dovrebbero accontentarsi di una frazione dei guadagni generati dai loro risparmi?”. La domanda resta aperta.
Si può ricordare che la quota di depositi delle banche italiane presso la Bce, come ha scritto Lavoce.info, sia molto minore di quella francese e tedesca e che gli interessi delle nostre aziende finanziarie non superano di molto gli 8 miliardi annui complessivi. Ma anche capire perché, nel sentire comune, il contributo richiesto alle banche sia indicato come maggiormente spendibile politicamente. Resta un dubbio: si può fare una manovra finanziaria sul “sentiment” popolare? Ai posteri, ai conti pubblici e alle borse l’ardua sentenza. L’Italia deve difendere la sua appetibilità per gli investitori. E ogni manovra, specie contro un settore in salute che dà lavoro e occupazione, anche se presentato come “sacrificio” va pensato con cura.