Il Regno Unito sta vivendo un’ondata “epidemica” di casi di bancarotta di autorità municipali di un certo peso. Il caso più recente è stato quello legato alla conclusione dell’iter di fallimento del comune di Birmingham, seconda città del Paese e antica capitale industriale delle Midlands.
Birmingham in bancarotta, e altre seguiranno?
Gravato da un debito di oltre un miliardo di sterline il municipio di Birmingham, a guida laburista, ha a settembre invocato l’Articolo 114, ovvero il procedimento fallimentare. Birmingham ha varato un piano di austerità prevedente il taglio a numerosi servizi, il licenziamento di 600 dipendenti comunali, la fine di ogni finanziamento dell’arte ad opera del comune, la vendita di 11 strutture di proprietà della città, l’aumento della durata dell’oscuramento dei lampioni pubblici, il raddoppio dei tempi della raccolta differenziata, che passa da settimanale a quindicinale, e la crescita del 21% delle imposte comunali. La sua crisi apre alla prospettiva di ulteriori disastri.
Di recente, ricorda il Guardian, “il consiglio comunale di Nottingham è crollato mentre si parlava di un divario tristemente familiare tra le entrate locali e il costo dei numerosi servizi sociali”. La testata storica della sinistra britannica segnala che “quasi un dirigente comunale su cinque in Inghilterra ora afferma che probabilmente dichiarerà bancarotta nei prossimi 15 mesi. Gli ultimi luoghi a lanciare avvertimenti sul collasso finanziario includono Stoke-on-Trent, Middlesbrough, Somerset, Bradford e Cheshire East“. Fino al 2018 in trent’anni erano ricorsi al 114 solo due comuni. Dal 2018 a oggi, otto. E altri seguiranno.
La crisi delle città
Birmingham e Nottingham sono le città più importanti colpite da questo processo. Dovuto a un’ampia gamma di fattori. A partire dal vissuto storico legato alla deindustrializzazione del Regno Unito avviata negli Anni Ottanta. Cui si sono aggiunte, negli ultimi anni, le politiche di austerità del governo conservatore, che di recente ha disposto un aumento del 6,5% dei fondi dopo che i premier Tory, senza distinzione (da David Cameron a Rishi Sunak passando per Theresa May e Boris Johnson) dal 2010 al 2020 avevano ridotto del 40% i fondi trasmessi da Londra alla periferia. Un aumento accelerato dopo la Brexit, che proprio in periferia paradossalmente ha avuto la sua roccaforte elettorale.
Le due città per eccellenza simbolo della crisi erano centri industriali fiorenti prima delle delocalizzazioni. Negli ultimi decenni sono state piuttosto note per il calcio, come un’altra potenziale vittima della crisi: Leicester. La crisi rischia di essere una delle più gravi mine sul percorso del Partito Laburista verso la vittoria elettorale nel voto invernale in cui la sinistra mira a conquistare il potere nazionale dopo quattordici anni. Nel frattempo, giovedì, ci sarà il crash-test delle municipali: una sfida chiave per capire quanto la crisi delle comunità locali impatti. E come il rischio di una bancarotta di massa ha condizionato l’elettorato.