Perché leggere questo articolo: Blackstone può essere l’avvisaglia di una nuova crisi finanziaria che partirà nuovamente dall’immobiliare? Troppo presto per dirlo. Ma il default di un bond da mezzo miliardo di euro è un pessimo segnale.
Blackstone è in sofferenza dopo aver dato default su un bond obbligazionario da 531 milioni di euro, garantito dal settore immobiliare. Il colosso statunitense ha, per la precisione, fatto default su un’obbligazione da 531 milioni di euro garantita da un portafoglio di uffici e negozi detenuti dalla finlandese Sponda Oy.
Blackstone e la sfida dei tassi
A fare da sottostante 63 immobili gestiti dalla società di Helsinki, che per molti osservatori possono rappresentare l’inizio di una slavina più grande. Un pessimo segnale simbolico, perché Blackstone e il risparmio paziente del private equity guidarono la ripresa globale dopo la Grande Recessione. Ma anche sul piano concreto. Vediamo perché.
Il ricordo va ai subprime del 2007-2008. Allora l’esplosione della bolla dei mutui dati con leggerezza negli Stati Uniti travolse la finanza globale per la questione della cartolarizzazione. Oggi la situazione è più spinosa, più complessa e in un certo senso anche più pericolosa. Sul medio, non necessariamente sul breve periodo. Ma per ora niente panico.
Non è il 2008 ma può essere peggio
Andiamo con ordine: sì, Blackstone ha dato default su un’obbligazione garantita dal real estate. Non è stato il crollo dei valori immobiliari, ma il congelamento delle possibilità di rimborso di un fondo del gruppo. A cui si è unito il rialzo dei tassi. Nel 2007-2008 l’insolvenza dei debitori, dal basso, fu l’inizio della reazione a catena che travolse i mutui e la finanza.
Oggi il problema sta a monte: aumentano i tassi d’interesse, aumenta il costo del denaro, aumenta l’aspettativa di redditività dagli investimenti consolidati. E dunque la fuga dall’immobiliare si intensifica perché per sua natura l’immobile è difesa del patrimonio e investimento solido per fasi dinamiche.
Lo stop alle uscite deciso da Blackstone
Il fondo Sponda, acquistato prima del Covid da Blackstone, in quest’ottica è rimasto tra l’incudine e il martello. Da un lato, la pioggia di richiesta di uscite da patrimoni obbligazionari che ha colpito la società, dall’altra il rallentamento di Blackstone ai rimborsi al Real Estate Income Trust da 71 miliardi ha bloccato la solvibilità dell’obbligazione. Blackstone ha affermato che le richieste di riacquisto sono diminuite “nonostante la significativa volatilità del mercato”, aggiungendo che Reit ha fornito un rendimento netto al netto dell’inflazione pari a un cospicuo 12,3% sin dal suo avvio nel 2017.
La motivazione dello stop ai prelievi si spiega con la volontà di fermare un effetto-domino dannoso sul piano d’immagine. In quest’ottica, l’attrito ha portato al flop nel rimborso dell’obbligazione da 531 milioni che ha rappresentato un danno relativamente ridotto sul piano economico per Blackstone ma ha fatto addensare nubi nere sulla finanza globale. Rendendo palese un fatto noto a molti: la cautela sui rimborsi è ormai dominante per chi investe in immobiliare.
Schroders, Columbia Threadneedle, M&G e BlackRock sono stati altrettanto solerti di Blackstone a limitare i prelievi. Nel frattempo, ricorda il Financial Times, i fondi come la “Pietra Nera” si stanno adattando a spostarsi dalla nuda proprietà di immobili all’investimento capace di generare valore e ritorni: “Blackstone è stata in grado di evitare la liquidazione generalizzata dei suoi asset. Tuttavia, ha venduto due casinò a Las Vegas e ha raccolto 4,5 miliardi per promuovere nuovi investimenti all’Università della California”, capitale mondiale dell’innovazione.
Piovono pietre sulla finanza globale?
La speranza di Blackstone e degli altri fondi è chiara. Si punta a far sì che la discesa dell’inflazione chiami con sé una riduzione della pressione dei tassi. E eviti lo schianto di una possibile bolla immobiliare. La crisi dei subprime partì dalle case popolari degli States, oggi immobilizzati invece nelle principali metropoli del mondo ci sono trilioni di dollari in asset di lusso in attesa di valorizzazione. Se la crisi dei subprime fu un fiume carsico che eruppe in torrente, oggi si rischia, per effetto-panico, un diluvio generalizzato.
Destinato a cadere dall’alto sulla finanza globale. Tutto questo se il circolo vizioso tassi alti-inflazione mordente-fuga di capitali continuerà. Ma non è detta l’ultima parola. E aziende come Blackstone hanno la possibilità di indirizzare il mercato in maniera chiara: spingendo, cioè, sull’investimento capace non solo di difendere valore ma anche di produrre ricchezza “stock”. E dunque puntando sull’economia reale piuttosto che sul nesso finanza-immobiliare, uniti dal vecchio detto latino simul stabunt, simul cadunt. Sarà un 2023 al cardiopalma. Ma prima di allarmarsi bisognerà vedere se al pessimo segnale di Blackstone seguiranno altri casi del genere.