“La bresaola col grana: un piatto gustoso e leggero”: non si tratta della pubblicità di una dieta light o di salutismo fine a sé stesso, ma del motto che circola oggigiorno nel mondo finanziario italiano nel quadro della seconda fase del consolidamento bancario nazionale. Il riferimento è al famoso “terzo polo bancario” di cui da tempo si parla e che molti addetti ai lavori vedono potenzialmente costituibile sulla scia dell’unione tra Bper e Popolare di Sondrio. L’istituto emiliano è infatti ritenuto il partner ideale per l’ultima banca che, al di là del nome, ha recentemente acquisito lo statuto di società per azioni archiviando per sempre la stagione degli istituti di natura mutalistica legati a una stagione importante della storia finanziaria del nostro Paese.
Bper, perchè Carige potrebbe non essere una buona idea
Bper ha recentemente aperto le trattative per rilevare la malandata Carige, ma tutto sembra far ritenere che l’istituto ligure non sia il partner ideale per un gruppo capitalizzante quasi 3 miliardi di euro e recentemente coinvolto nell’acquisizione di parti degli sportelli Ubi dopo l’acquisizione di questa da parte d’Intesa. In primo luogo perché Bper non ha oggigiorno il potenziale finanziario per rilevare un istituto da risanare e coprire con prospettive operative chiare le sue debolezze. In secondo luogo a causa delle congiunture che stanno riguardo le fusioni e i consolidamenti, riguardanti banche già sottoposte a “cure da cavallo” delle proprie passività e ben presenti nei territori di riferimento. Come è il caso di Popolare Sondrio, che prima di trasformarsi in Spa ha deliberato la conclusione dell’ultimo processo di liberazione di crediti deteriorati (Npl) cedendone alla vigilia dell’ultimo giorno del 2021 oltre 400 milioni, operazione che secondo Equita Sim costituisce una rilevante accelerazione nella strategia di derisking della banca in quanto permette una riduzione del 18% del portafoglio crediti deteriorati e un miglioramento dell’Npe ratio al 5%/6%, avvicinandosi, dunque, alla media dei competitor (in area 5%).
Il terzo polo bancario punta al legame con i territori
Il consolidamento bancario verso il cosiddetto “terzo polo” non deve essere pensato come il tentativo di sommare potenzialità e storie finanziarie diverse in maniera tale da creare un terzo attore bancario paragonabile alle due banche di sistema, Unicredit e Intesa. La potenza finanziaria, istituzionale e politica di Piazza Gae Aulenti e Ca’ dei Sass’ è talmente pervasiva da render le due banche veri e propri apparati sistemici operanti in settori finanziari appetibili anche alle grandi banche europee, dal finanziamento in conto capitale dei grandi progetti di rilancio economici all’investimento strategico in venture capital, grandi operazioni miliardarie, progetti di sponda con il capitale pubblico.
Per le banche di media taglia si tratta, piuttosto, di unire i punti di forza rappresentati dal legame coi territori ereditando la funzione principale degli istituti di credito cooperativo non supplita appieno dalle fondazioni bancarie: valorizzare i territori, le piccole-medie imprese, le realtà locali aprendo alla prospettiva di vedere create virtuose economie di scala attraverso il consolidamento e la veicolazione del risparmio. Del resto, tolti Unicredit e Intesa (32 e 47 miliardi di capitalizzazione rispettivamente, al 10 gennaio 2022) e i casi particolari di Mediobanca (8,9 miliardi) e Banco Bpm (4,2 miliardi) a partire da Bper, quinto istituto in Borsa Italiana con 2,7 miliardi di capitalizzazione la potenza finanziaria degli altri gruppi è decisamente inferiore. Popolare Sondrio è settima con 1,7 miliardi, Carige addirittura decima con solo mezzo miliardo di valore borsistico (a fronte di 22 miliardi di attivi).
Le strategie di consolidamento degli istituti medio-piccoli
A livello intermedio, il consolidamento appare piuttosto dettato da chiare ragioni operative e, pur senza modificare la gerarchia delle istituzioni finanziarie, il processo avallato dalla Bce e dal capo della supervisione Andrea Enria e benedetto dal governo italiano sta riguardandone piuttosto la geografia. E così Credit Agricole Italia, erede di Cariparma, ha nel tempo acquisito le Casse di Risparmio di Cesena, Rimini e San Miniato e, vicino a Popolare Sondrio, ha scalato il Credito Valtellinese con un chiaro obiettivo operativo. Creval converte in utile il 19% del suo fatturato e il risultato sale fino a sfiorare il 34% se guardiamo il margine operativo prima di imposte e altri costi vari (201,09 milioni di euro). Inoltre non va sottovalutata l’attività con cui il Credito Valtellinese ha promosso negli ultimi anni il mondo delle startup innovative e del fintech – settore in cui l’Italia, al momento, è avanguardia europea insieme alla Germania – contribuendo dunque alla creazione di competenze e valore aggiunto per il tessuto finanziario e imprenditoriale nazionale su cui Credit Agricole ha messo l’occhio.
Bper-Popolare Sondrio: Unipol può essere la chiave
Bper su Popolare Sondrio potrebbe pensare a un ragionamento analogo: l’espansione graduale verso Nord compiuto rilevando parte delle filiali Ubi troverebbe il suo compimento rilevando lo storico istituto di Sondrio e Morbegno fondato da Luigi Luzzati e protagonista dello sviluppo nazionale come “palestra” di grandi pensatori e strateghi della Ricostruzione italiana quali Sergio Paronetto e Enzo Vanoni. Popolare Sondrio presidia un territorio ricco, dinamico finanziariamente e tuttora inesplorato in termini di consolidamento. Inoltre, come ricordato su Repubblica Affari & Finanza, di fronte a un contesto che vede il 77,5% del capitale di Popolare Sondrio in mano a 160mila soci con meno di mille azioni ciascuno (fenomeno tipico delle popolari) “un interlocutore privilegiato” la banca valtellinese lo ha nei fatti: “Unipol, suo azionista al 9,5% del capitale”, e che potrebbe rappresentare il ponte con Bper. Il gruppo di Modena, forte di attivi vicini ai 95 miliardi di euro, ha infatti il 20% circa del suo capitale in mano all’assicurazione guidata da Carlo Cimbri, e Unipol potrebbe rappresentare il pivot attorno a cui consolidare un’unione trasversale, multivettoriale di operazioni finanziarie complesse. Un’unione di forze, non di debolezze come quella che l’acquisizione dell’80% del capitale di Carige spinto dal Fondo Interbancario di Tutela Depositi comporterebbe.
La graduale espansione di Bper nel Nord Italia
Bper ha già dimostrato la volontà di espandersi gradualmente rilevando dapprima la Cassa di Risparmio di Ferrara, attiva tra Romagna e Veneto, nel 2017, e in seguito sfondando nelle province di Bergamo, Brescia e Lecco dopo l’affare Intesa-Ubi con 620 nuove filiali. Il terzo polo con Popolare Sondrio sarebbe, nell’ottica fin qua delineata, una realtà più vicina portando il gruppo a consolidarsi in un contesto imprenditorialmente attivo con una banca, finalmente risanata, ricca di risparmi e fortemente radicata nel suo territorio. Come ricorda Affari Italiani, Popolare Sondrio porterebbe in dote “circa 450 filiali all’attivo situate principalmente in Lombardia, una delle zone più ricche (assieme alla Baviera) d’Europa” attraverso le quali “la rete di bancassurance in dote alla compagnia di via Stalingrado si rafforzerebbe ulteriormente salendo a quota 2.670”.
Terzo polo a grana e bresaola: il pesto di Carige non si sposa (per ora)
L’operazione Carige apparirebbe, in quest’ottica, più sostenibile a Bper solo dopo un risultato del genere, anche per ragioni territoriali: potenziarsi in Lombardia sarebbe premessa necessaria per operare il successivo passaggio a Nord-Ovest. Inoltre, il naufragio (per ora) del matrimonio Unicredit-Mps mostra come l’accollamento a istituti sani di banche poco profittevoli o in crisi rischia di naufragare per chiare e pragmatiche ragioni operative: banche affamate di marginalità, di utili, di risultati possono, per ora, investire solo a colpo sicuro. E il terzo polo nascerà proprio, nel caso, seguendo questi criteri. Grana e bresaola, dicevamo: un piatto energetico ma leggero. A cui per ora non riteniamo sia sostenibile aggiungere, come condimento, il pesto. E il sentiment degli operatori, attualmente, al di là degli interessi di facciata è che i destini di Bper guardino più verso Sondrio e la Valtellina che verso i carrugi di Genova.