Perchè questo articolo potrebbe interessarti? Nel weekend Luiz Inácio Lula da Silva è diventato per la terza volta presidente del Brasile. La vittoria al fotofinish contro il presidente uscente, Jair Bolsonaro, avrà conseguenze per la politica mondiale. Ma cambierà poco per le imprese italiane che operano nel colosso sudamericano. Questa è l’opinione di Alfredo Pretto, presidente dell’Associazione Italia-Brasile, che ha analizzato i risvolti economici per le aziende del nostro paese dopo la vittoria di Lula.
“Lula o Bolsnaro, per noi cambia poco”. Alfredo Pretto, presidente dell’Associazione Italia-Brasile, analizza i risvolti economici per le aziende italiane dopo la vittoria di Lula. I due milioni di voti di scarto – che valgono il 50,90 a 49,10% – sanciscono nuovi equilibri nella politica sudamericana; ma una relatività continuità a livello economico per gli interessi delle numerose aziende italiane che operano nel paese.
Dottor Pretto, cosa comporta il risultato elettorale in Brasile per l’Italia?
Un cambiamento, come è ovvio, ci sarà. Sta a noi definirne l’impatto – politico ed economico – sulle numerose aziende italiane che operano in Brasile. Col passaggio da Bolsonaro a Lula, il paese cambia indirizzo economico e orientamento internazionale. Politica e imprese italiane devono stare attente a non scadere nell’ideologico, ma proseguire nel solco della collaborazione con le istituzioni locali.
Qual è il lascito dei quattro anni di mandato di Bolsonaro?
Il governo di Bolsonaro lascia il paese con un debito ridotto; al sesto posto per la cooptazione delle azioni; e 380 miliardi di riserve di dollari, a fronte dei 340 della pandemia. L’inflazione è al 7% e in calo, al contrario del trend globale. La crescita è stabile e con un aumento costante dell’esportazione. Il Brasile è e rimane la 6 destinazione al mondo per l’investimento straniero.
Insomma, un paradiso per stranieri?
In parte. Il Brasile di Bolsonaro aveva posizione non di parte: né occidentale né orientale. Lavorava con chi conveniva, in base alle tematiche particolari. La Cina è il primo partner per esportazioni, col doppio di quanto esportato in Europa e Stati Uniti. Il ministro dell’Economia, Paulo Guedes, ha per sua stessa ammissione definito un partner europeo come la Francia “irrilevante”, invitando ad un dialogo meno eurocentrico.
Da questo punto di vista, con Lula, le cose potrebbero cambiare per gli investitori in Brasile?
Sì, ma dobbiamo stare attenti a non farci invischiare nelle battaglie ideologiche degli altri. La Francia ha portato avanti uno scontro con Bolsonaro, per favorire il proprio sistema protezionistico. Con l’insediamento di Lula, il 1° gennaio 2023, cambieranno molte cose. In primis, la possibile ratifica dell’accordo Ue-Mercosur, che torna nell’interesse strategico dell’UE. Accordo che fu “congelato” per presunte polemiche sulla questione della deforestazione illegale in Amazzonia, tra le altre. I francesi in particolare hanno spinto per il non dialogo, adducendo questioni strumentali. Spesso non considerando il reale potenziale ambientale del Brasile; soprattutto in questioni di matrice energetica e di produzione agroalimentare. Lula, poi, metterà certamente mano alle risorse pubbliche, favorendo l’interventismo dello stato nelle infrastrutture; questo porterà a un rallentamento degli investimenti delle aziende straniere del settore.
In cosa divergono gli interessi francesi e italiani in Brasile?
La Francia opera nei servizi e nella distribuzione. L’Italia nella cooperazione tecnologica e nell’industria. La differenza quindi è nel ruolo strategico: i francesi investono nei servizi; noi nella creazione di ricchezza. Siamo i secondo investitori europei in Brasile, e il primo paese produttivo; abbiamo capacità produttiva e di penetrazione di mercato che nessun altro ha. Dobbiamo supportarla. Anche perchè Lula, a ridosso del voto, è volato in Francia e non nel nostro paese. I rapporti tra Brasile ed Europa probabilmente si riallacciano, ma l’Italia con Bolsonaro aveva fatto ottimi affari. Basti pensare che durante la Cop-26 si erano chiusi quattro accordi cruciali; di cui uno strategico con Leonardo per la vendita di elicotteri e l’apertura di impianti produttivi in Brasile.
Quante incide l’Italia sul paese?
Per cominciare il Brasile è un paese con 33 milioni di cittadini di origine italiana. Ci sono più di 1000 aziende nostrane che operano nel paese. Con un investimento che abbiamo triplicato in 10 anni: da 3 a 10 miliardi di euro. Ci sono banche italiane – su tutte Intesa – e colossi come Sace e Stellantis. Abbiamo forti interessi nel tessile; ma anche in petrolio e gas. Il Brasile è tradizionalmente un paese chiuso, che necessita di intermediari locali per investire e un forte regime protezionistico; ciononostante, la nostra bilancia commerciale col paese è di 3 miliardi. Un mercato enorme in cui gli investimenti continueranno.
I nuovi governi di Italia e Brasile sono agli antipodi. E’ un problema?
A livello diplomatico cambierà poco. Lula è uno storico amico dei governi italiani. Poi gli investimenti italiani si concentrano nelle regioni dove ha vinto Bolsonaro. Dove le nostre aziende mettono mano ci sarà un governo più liberale. Lula ha un programma molto centrista. Garantirà una maggior apertura di credito con i paesi sudamericani. Aumenteranno ad esempio le opportunità in Argentina, grazie all’intermediazione brasiliana. Ci sarà diversificazione degli investimenti: non più solo in energia e infrastrutture. Ma potrebbero esserci contraccolpi negli investimenti su commodities, petrolio e gas. Bolsonaro aveva tolto il monopolio energetico alla Petrobras, pur avendole permesso di entrare nella top-10 mondiale di settore. Le concessioni a compagnie straniere, in controtendenza con il trend mondiale di nazionalizzazioni, potrebbe venir rallentato con Lula.
Insomma un’immagine del Brasile diversa da quella a tinte fosche che stanno dipingendo i media in questi giorni?
La questione fondamentale è che bisogna filtrare l’informazione quando si parla di Brasile. Uscire dall’eurocentrismo che ci porta a pensare a un paese arretrato, quasi coloniale. L’Italia è un partner importante, ma bisogna lavorare. Il Brasile è un paese estremamente democratico, con istituzioni solide. Basti pensare che ha conosciuto due misure di impeachment dal 1989. La democrazia brasiliana ha forti garanzie democratiche; anche se il paese è certamente spaccato in due, geograficamente ed economicamente. C’è malcontento e certamente la transizione da Bolsonaro a Lula sarà difficile. Ma a livello economico il Brasile continua ad essere attrattivo.