Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo. Se questo è vero, fatte le debite proporzioni pensate a quali conseguenze può avere un anomalo riscaldamento delle acque superficiali nel sud dell’oceano Pacifico. Non un pensiero astratto. Perchè tale fenomeno esiste e lo conosciamo bene: si tratta di El Niño, la cui esistenza è stata testimoniata già dall’esploratore Francisco Pizarro nel 1525, e che ogni due-sette anni si manifesta periodicamente alterando il clima e condizionando le precipitazioni in diversi continenti, specie nell’emisfero meridionale.
El Niño: la previsione di un 2023-2024 torrido
Dopo tre anni più miti in cui a dominare è stata La Niña, ovvero la fase opposta al Niño nell’oscillazione delle temperature superficiali oceaniche, le previsioni sono di un 2023 e un 2024 torridi nel sud del mondo. Le conseguenze meteorologiche sono il naturale inizio di un effetto a catena a livello macro-economico. La siccità è in grado infatti di bloccare la produzione agricola, mentre piogge eccessive possono spazzare via interi raccolti. Sollecitazioni e fibrillazioni che possono impattare grandemente in particolare sugli equilibri di quei Paesi maggiormente dipendenti da grano e riso. L’India, con il suo milardo e mezzo di popolazione, su tutte. Vediamo perchè.
El Niño ed inflazione alimentare: i Paesi più esposti
David Rees, Senior Emerging Markets Economist di Schroders, già a luglio ha elaborato uno scenario in cui alla fine di un forte El Niño, l’S&P GSCI agriculture and livestock potrebbe aumentare di circa il 40% rispetto ai livelli attuali verso la fine dell’anno, percentuale che potrebbe salire di dieci punti in caso di El Niño ancora più intenso. E l’inflazione alimentare dei Paesi emergenti potrebbe rimbalzare a due cifre nel 2024, con una nuova compressione dei redditi reali. E con le banche centrali che avrebbero meno margini per abbassare i tassi di interesse. In altre parole, il rischio di stagflazione è dietro l’angolo. Rees menziona tra i Paesi più a rischio anche il Brasile, le cui esportazioni nette di prodotti alimentari equivalgono a circa il 5% del Pil. Ma anche le economie di Colombia e Cile sarebbero colpite direttamente. Ma l’inflazione alimentare sarebbe come una onda lunga in grado di far sentire i propri efffetti anche nei Paesi dell’Europa centrale e orientale in cui i prodotti alimentari rappresentano un’ampia quota del paniere del CPI.
Come El Niño condiziona gli equilibri globali
Concorde anche Albertine Pegrum-Haram, Senior Associate, Investimento responsabile di Columbia Threadneedle Investments, che ha recentemente allertato: “Un El Niño di forte intensità nel 2023/2024 potrebbe comportare una combinazione di molteplici trend interconnessi a livello globale, i cui impatti sarebbero particolarmente preoccupanti in un periodo in cui l’inflazione è già al di sopra del target in molti Paesi”.
L’esperta di Columbia Threadneedle Investments ricorda di come il contesto macroeconomico e geopolitico influenza l’impatto complessivo di un ciclo di El Niño: “Ad esempio, il forte ciclo del 1972-1973 ha influenzato lo shock petrolifero della fine del 1973, determinando un’impennata dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari”. Ed infatti le prime avvisaglie del Niño hanno già impattato sull’offerta delle materie prime. In Cile a causa di forti piogge è stata interrotta l’estrazione del rame. Un clima più secco con stagioni monsoniche più brevi in Asia potrebbero al contrario essere un fattore positivo per l’estrazione di altri metalli e minerali come bauxite, nichel e stagno. Senza dimenticare le conseguenze della manifestazione più drammatica del fenomeno: “Alcuni dei peggiori disastri climatici del mondo si sono verificati proprio in corrispondenza dei picchi dei cicli di El Niño”, avverte Albertine Pegrum-Haram.
Gli studi economici sugli effetti del Niño
Questi gli scenari per i prossimi mesi. A fornire un contesto più ampio contribuiscono diversi studi sugli effetti del Niño, osservato speciale da parte degli economisti già da anni. Nel 2015 uno studio condotto dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha mostrato che temperature più elevate e siccità generano nei mesi immediatamente successivi al fenomeno un aumento dei prezzi delle materie prime non combustibili (+5.9%) e del greggio (+13.9%). Secondo Bloomberg Economics, i cicli del Niño generano un impatto sull’inflazione globale quantificabile in 3,9 punti percentuali per le materie prime non energetiche e di 3,5 punti percentuali per il petrolio. Già nel 1998 una analisi della Federal Reserve valutava una inflazione dei prezzi reali delle materie prime di circa 3,5-4 punti percentuali a seguito di un ciclo di El Niño.