Perché leggere questo articolo: Nella finanza spesso si parla di investimenti Esg che salveranno il mondo. Ma sotto la superficie spesso ci sono casi come quelli problematici dei fondi finiti ad Aramco
Aramco, il colosso saudita di Stato del petrolio che realisticamente si può fregiare del titolo di maggiore azienda del pianeta, è una protagonista, indirettamente, del mercato Esg. Ovvero dei fondi “verdi” che dovrebbero sviluppare la sostenibilità in ogni direzione.
Aramco e l’aggiramento dei principi Esg
Ambiente (Environment), giustizia sociale (Social), lotta alle discriminazioni nel sistema economico (Governance): le tre lettere dell’Esg rappresentano l’idea di una finanza sostenibile capace di creare investimenti per un sistema a misura d’uomo. Qualcosa di decisamente diverso dall’idea di società che l’Arabia Saudita e Aramco rappresentano.
Questo il trend che il sempre attento analista Eric Packer, il nostro polemista preferito in campo economico, ha riportato sottolineando come Aramco abbia creato un sistema incestuoso di scatole cinesi e società di comodo che sono arrivate a essere protagoniste del mercato Esg. Aramco ha di recente venduto il 49% delle quote di due sue controllate, Aramco Oil Pipelines Company e Aramco Gas Pipelines Company, a BlackRock e Eig. Contribuendo a mettere in moto un meccanismo autoalimentatosi di “greenwashing” indotto.
La trasparenza è un optional
In sostanza, i debiti contratti dalle società veicolo Pearl Holdings, GreenSaif e Pipelines Bidco, create da BlackRock e Eig per entrare con quote societarie nelle controllate Aramco per le reti di gas e petrolio, sono finiti indicizzati in un importante paniere Esg creato da JPMorgan. Nulla di illegale e tutto formalmente a norma.
Ma la trasparenza, anche nel mondo Esg, appare un optional di fatto. Perché scalando verso l’alto la vetta di ogni prodotto finanziario si può arrivare a dividendi di ogni prodotto, o fini di utilizzo di ogni prodotto cartolarizzato nei fondi Esg, ben diversi da quelli formalmente legati alle tre celebri lettere dell’acronimo.
Le rivelazioni di Bloomberg su Aramco e Esg
A rivelare la notizia è stata Bloomberg, che ha parlato di una volontà di Aramco di giocare un ruolo per la raccolta di capitali nei mercati Esg in forma indiretta. “Aramco”, ha scritto la prestigiosa testata, “non sembra aver deciso di attingere a denaro originariamente destinato a obiettivi ambientali, sociali e di buona governance quando ha avviato un processo per raccogliere sui mercati privati 28 miliardi di dollari nel 2021”.
Ciononostante,, “il fatto che gli investitori Esg abbiano finito per svolgere un ruolo nella raccolta di capitali di un colosso dei combustibili fossili solleva interrogativi su un modus operandi che viene sempre più utilizzato nel Golfo”.
Regole e controlli del mondo Esg
Pecunia non olet: è un principio millenario. E nei mercati Esg oggi sembra anche non fare effetto l’odore di petrolio di molti investimenti. Nonostante i diversi tentativi di partecipare ai mercati della sostenibilità, Aramco è formalmente esclusa da tutti gli indici di quotazione Esg più importanti al mondo. Ma uscendo dalla porta riesce a entrare nel mercato della sostenibilità, così vago e indefinito, dalla finestra.
Mentre le metodologie di rating Esg mancano di trasparenza e soffrono di lacune nella raccolta dati e nei processi destinati a capire dove sono diretti gli investimenti di cui i fondi che operano nel mercato sono titolari, da tempo le autorità di regolamentazione stanno esaminando il settore per affrontare queste incoerenze.
La Commissione europea, ad esempio, ha proposto riforme significative per il mercato dei rating delle obbligazioni indicate come Esg. Tra queste spicca l’idea, in via di strutturazione, l’obbligo per i fornitori di questo tipo di servizi di pubblicare le loro metodologie. Per poter capire se c’è tracciabilità dei fini ultimi dei titoli che vengono scambiati sul fronte Esg. Un intento sicuramente interessante, ma che cozza con la struttura dell’intera galassia Esg.
La moda della sostenibilità
Ad oggi fondata più sulla narrazione che sulla realtà: ci si dichiara sostenibili perché è trendy. E nel mercato che domina la finanza, quello anglosassone, poco importa se i fondi Esg finiscono per arrivare a finanziare l’ingresso di capitali nel colosso petrolifero di un Paese oscurantista sui diritti umani e la gestione delle problematiche sociali.
“Il mondo Esg, l’ impegno delle corporation sui diritti di questo o di quel gruppo sociale, le campagne ecologiste, le fondazioni dei super ricchi”, notava Packer un mese fa, “sono l’esempio più plastico dell’ assoluta attualità del pensiero di J.P.Morgan Sr.: «Un uomo, generalmente, ha due motivi per fare una cosa: uno che suona bene ed uno reale»”. Non possiamo che condividere. In finanza vale sempre il vecchio principio di Gordon Gekko: greed is good, è l’avidità di denaro e profitti la base di ogni condotta. A prescindere dal colore con cui ci si impone di dipingere questa tendenza.