Un processo di desertificazione iniziato ben prima del Covid, già negli anni successivi alla crisi del 2008. Lo si respira un po’ meno nei centri delle grandi città ma nei paesi di piccole o medie dimensioni è inevitabile notarlo: i negozi sono spariti. Un panorama urbano cambiato in un decennio appena, nel corso del quale le insegne “Affittasi” sono diventate un triste corredo urbano.
Il più recente grido d’allarme viene da Confcommercio, che parla della scomparsa di 77 mila attività di commercio al dettaglio (-14%) e quasi 14 mila imprese ambulanti (-14,8%) tra il 2012 e il 2020. Il documento (qui il Pdf). Numeri che, per una volta, sembrano non presentare grandi differenze tra nord e sud del Paese, dimostrando quanto il fenomeno sia endemico e preoccupante per i centri storici, il cuore della socialità e dell’economia nazionale.
Un trend che non è figlio della pandemia ma che è stato acuito gravemente dal Covid e dai lockdown, che ha colpito anche i pochi settori che avevano registrato risultati positivi, come l’alloggio e la ristorazione (-24,9%).
“Il rischio di non riavere i nostri centri storici come li abbiamo visti e vissuti prima della pandemia è, dunque, molto concreto e questo significa minore qualità della vita dei residenti e minore appeal turistico”, spiega l’Associazione. Il centro si svuota, ma le attività che disertano dove vanno? In alcuni casi, verso i mall e i centri commerciali fuori città, che contribuiscono – insieme a fattori culturali ed economici – a remare contro le nostre piazze.
“Il futuro – conclude Confcommercio – è molto incerto. Ma occorre reagire per dare una prospettiva diversa alle nostre città che rappresentano un patrimonio da preservare e valorizzare”. Come? “Le direttrici sono tre: un progetto di rigenerazione urbana, l’innovazione delle piccole superfici di vendita e una giusta ed equa web tax per ripristinare parità di regole di mercato tra tutte le imprese”.
(Foto: Envato)