Il Sole 24 Ore mette in bella evidenza i giudizi tutt’altro che lusinghieri della Corte dei conti sull’operato dell’esecutivo. Il sistema di incentivi e detrazioni, a partire dal superbonus 110%, è “un elemento di distorsione del prelievo”. Lo Stato che si dà obiettivi di crescita economica “sfidanti” e spende miliardi a decine per rilanciare il Pil, secondo la Corte dei conti penalizza “le stesse imprese agevolate da interventi nazionali ed eurounitari” continuando a ritardare i pagamenti delle fatture commerciali, come spiega il Procuratore generale della Corte dei conti Angelo Canale.
E mentre si prova una riforma fiscale con prospettive ambiziose di lotta all’evasione tramite integrazione totale delle banche dati e uso dell’intelligenza artificiale nell’analisi del rischio, si pratica “un utilizzo scarso dell’anagrafe dei rapporti finanziari e degli accertamenti sintetici”, anche in un 2021 in cui “si è registrata una diminuzione dei controlli” sul campo, aggiunge il presidente di coordinamento delle sezioni riunite di controllo Enrico Flaccadoro. Ma a rendere urgente un ripensamento del fisco per renderlo “equo, condiviso e orientato alla crescita”, ha avvertito la Corte nel giudizio di parifica sul rendiconto 2021, è anche un altro fattore: l’esigenza di ridisegnare un sistema di incentivi e detrazioni che sono “un elemento di distorsione del prelievo”. Il tutto mentre guerra e inflazione cooperano per “mettere potenzialmente a rischio qualsiasi piano di programmazione” e impongono di correre nel “creare le condizioni strutturali per la realizzazione del Pnrr”. Il bilancio dello Stato ieri ha ottenuto la consueta parifica dai magistrati dei conti. Ma per la Corte l’esame del rendiconto 2021 è l’occasione per mettere in fila le “contraddizioni” che continuano a caratterizzare la gestione della finanza pubblica. Non sono poche. Se fosse un voto scolastico rimanderebbe a settembre il candidato.
Teleselling, parte la campagna delle Authority contro i call center molesti
Telefonate sempre più aggressive che in molti casi si concludono con l’attivazione di servizi non richiesti. Il fenomeno del teleselling d’assalto è ormai una realtà diffusa contro la quale l’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente e l’Antitrust hanno deciso di allearsi lanciando la prima campagna di comunicazione per fornire ai consumatori consigli e informazioni per difendersi dall’insistenza o dalla scorrettezza di alcuni call center. Si chiama “Difenditi così” e sarà diffusa attraverso uno spot tv e radio negli spazi Rai messi a disposizione dal dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, da una pagina Facebook dedicata e attraverso i principali canali web e social, oltre che attraverso i canali delle due Authority. Ma come difendersi dal teleselling più aggressivo? Occorre segnalare la chiamata all’Antitrust e mandare (cortesemente) a quel paese l’interlocutore (che spesso è una segreteria telefonica).
L’Inps rilancia l’idea: riscatto gratuito degli anni universitari
Il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, rilancia l’idea dell’introduzione un riscatto gratuito del periodo di studi per la laurea. “C’è da fare un intervento importante che ovviamente necessita di risorse importanti, quello della copertura di quel periodo formativo su base contributiva in modo che si possa, come avviene in Germania, riscattare la laurea in modo gratuito. Ora abbiamo il riscatto light che è un passo avanti, si riscatta la laurea nel modello contributivo con 20-22mila euro. Riscattare la laurea vorrebbe dire incentivare i giovani a studiare”. Secondo l’Inps la misura potrebbe costare circa quattro miliardi l’anno. Oggi il riscatto sulla base dell’importo contributivo minimo costa 5.360 euro per anno di durata del corso di laurea, quindi poco più di 15mila euro nel caso di laurea triennale e poco più di 21mila se si tratta di diploma quadriennale. Questa misura può essere utilizzata solo da chi ha il metodo di calcolo contributivo che avrà un vantaggio sul fronte degli anni di contributi ma riceverà l’assegno sulla base di quanto ha versato per quegli anni.
Stellantis investe forte nella produzione di batterie al litio
Gran movimento sul fronte delle batterie e del litio. Stellantis rafforza la sua posizione di costruttore che attinge alla fonte per assicurarsi la materia prima necessaria a produrre in proprio le batterie per le auto elettriche. Il gruppo, molto attivo in Europa e America e protagonista di accordi con i principali produttori, ha deciso di investire 50 milioni di euro nel produttore australiano-tedesco di litio decarbonizzato Vulcan Energy Resources (sede a Perth, fondato nel 2018) ed ha esteso a 10 anni l’accordo vincolante di fornitura originale. Stellantis diventa così il secondo maggior azionista di Vulcan. L’investimento, che segue un primo accordo firmato a novembre 2021, «contribuirà all’aumento delle trivellazioni nel suo campo di produzione Upper Rhine Valley Brine Field (in Germania, ndr) per l’espansione produttiva prevista da Vulcan. Vulcan sta già producendo energia geotermica nel suo sito e, nell’ambito del progetto Zero Carbon Lithium, prevede di produrre idrossido di litio senza combustibili fossili e con un’impronta netta di carbonio pari a zero», si legge in una nota. Intanto, dall’altra parte del mondo, il primo produttore di batterie al litio per auto, la cinese Catl (Contemporary Amperex Technology Co. Ltd.), ha presentato “Qilin”, una nuova batteria che promette di assicurare un’autonomia di mille chilometri. La produzione vera e propria comincerà nel 2023 ma ci sono già i primi acquirenti, le startup cinesi Li Auto e Hozon New Energy Automobile oltre alla coreana Kia.
Assolombarda rilancia: una legge speciale per far correre Milano
“Milano ha, sicuramente, imboccato la strada per superare la crisi, ma occorre fare di più, a livello di sistema, per recuperare le performance del pre-Covid e, allo stesso tempo, per crescere ulteriormente nel confronto con i benchmark internazionali – spiega il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada -. La priorità attuale è quella di rendere finalmente la Città Metropolitana uno snodo istituzionale strategico per il nostro territorio, anche in vista della messa a terra del PNRR. Purtroppo, da troppo tempo ci sono delle criticità: l’Ente oggi costituisce un progetto incompiuto dal punto di vista funzionale e organizzativo. Ora è necessario correre ai ripari con un provvedimento speciale che consenta a Milano di continuare a essere locomotiva del Paese”.
Assolombarda non molla e rilancia una legge speciale per Milano. Come Roma Capitale anche la città di Ambrogio chiede attenzione per continuare a spingere il treno Italia. Secondo l’analisi svolta dagli industriali milanesi, Milano risulta, a livello globale, una città “risonante” al pari delle principali capitali politiche. Appare, del resto, in 27 dei 33 principali ranking globali (più di quanto accadesse prima dell’avvento della pandemia), risultando, così, la ventunesima realtà più “attenzionata” delle 719 considerate nel complesso delle classifiche. Pur comparendo in numerosi ranking, però, il suo posizionamento nelle 33 graduatorie considerate è ancora distante da quello rilevato nell’analisi di altri benchmark: la città, infatti, risulta mediamente al 98° posto. Un chiaro punto di debolezza riguarda la voce “congestione e qualità della vita” (Milano è 331°) ma sono stati rilevati anche ampi margini di miglioramento in tema di “ecosistema innovazione” (48°), “hub talenti” (52°) e “attenzione a green e smartness” (91°). Ma non solo: il rapporto stabilisce che Milano sia, allo stesso tempo, una “meta turistica e per eventi sportivi” (è 14°, davanti a Amsterdam e San Francisco), un “place for business” (21°, davanti a Monaco e Berlino) e un “nodo nelle reti globali” (31°, davanti a Monaco, Barcellona e Berlino). Una indicazione di buon auspicio per il prossimo futuro che fa il paio con una ulteriore novità che proviene dalle ricerche effettuate sul principale motore di ricerca: Milano infatti è, tra i benchmark, la sesta città più popolare su Google, collocandosi davanti a Barcellona, Monaco e San Francisco e a capitali come Amsterdam e Tokyo.
Anche il livello di attrattività, ovvero la capacità del territorio di rispondere alla domanda e alle esigenze degli stakeholder, è stato “fotografato” dal rapporto. E le indicazioni che sono emerse sono anch’esse significative. La città, pur continuando a essere distante dai livelli di molti dei benchmark, conferma la positiva progressione nel confronto internazionale. Basti pensare a un dato che riguarda le imprese: nel 2021, Milano ha attratto 69 investimenti esteri “greenfield”; un dato in aumento rispetto ai 52 nel 2020 e alla media annua di 53 progetti nel triennio 2017-2019. Tuttavia, resta consistente il ritardo nella quantità di investimenti attratti da benchmark più performanti: i 69 “greenfield” citati collocano Milano davanti a San Francisco (45) e a Chicago (41) ma, comunque, dietro a Barcellona (117), ad Amsterdam (112), a Parigi (137), a New York (170), a Berlino (179) e a Londra (339).