Perché questo articolo potrebbe interessarti? Fino a pochi anni fa le compagnie di shipping navigavano in acque tempestose. Molte di loro rischiavano di fallire, altre hanno addirittura dovuto chiudere i battenti (è il caso della sudcoreana Hanjin Shipping nel 2016). Sembrava che l’avvento della pandemia di Covid-19 fosse il colpo di grazia definitivo per l’intero settore. E invece qualcosa è iniziato a cambiare. Dopo uno choc iniziale i costi delle spedizioni sono decuplicati. La speculazione finanziaria ha fatto il resto, riportando i giganti degli oceani a nuotare in un mare di soldi. Il caso della compagnia cinese Cosco è emblematico.
L’ultimo report annuale di Cosco Shipping Holdings Co., Ltd parla chiaro. Nel documento, relativo al periodo compreso tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2021, si legge che il gruppo ha generato ricavi per 333.693.611.000 RMB, ovvero circa 46.946.553.266,92 euro. Si tratta di un incremento del 94,85% rispetto all’anno precedente. Ma non è finita qui perché, sempre nel 2021, l’utile attribuibile agli azionisti Cosco è stato di 89.296.138.000 RMB, quasi 12.562.859.344,49 euro, rappresentando un aumento di 79.369.040.000 RMB (111.66.239.751,90 euro) dal 2020. Nello stesso lasso di tempo l’utile operativo è ingrossato di 15.858.635,34 di euro, mentre l’utile di base per ogni azione del gruppo è passato dal far segnare 0,62 RMB a 5.59 RMB.
Nel 2021, dunque, l’utile operativo di COSCO ha preso il volo, con un record di 20,19 miliardi di euro (+ 723,8%). La controllata Cosco Shipping ha archiviato l’ultimo esercizio annuale con un utile netto record di 16,33 miliardi di dollari (+ 687,5%). In che modo? Con un contributo di 107,0 miliardi dal business dello shipping container (+ 790,6%) e 2,6 miliardi dalla terminalistica degli asset (+ 1,6%).
Cosa ci insegna il caso COSCO
La lettura dei dati del 2021 di COSCO ci dice che i costi finanziari del gruppo sono scesi del 12,17% (da 4.364.819.000 RMB a 3.833.570.000 RMB). Ma cosa ci dicono i numeri dei suoi bilanci registrati negli anni precedenti alla pandemia? Nel 2017, ad esempio, le entrate del colosso cinese dello shipping ammontavano ad appena 1.121.072.971,63 euro, e nel 2018 a 1.214.917.616,39 euro. Insomma, c’è un gap enorme se raffrontiamo il presente al passato. E per almeno due ordini di ragioni. La prima riguarda la pandemia di Covid-19. Le congestioni portuali verificatesi negli ultimi due anni, con decine se non centinaia di navi bloccate, in attesa di entrare nei principali porti del mondo per caricare e scaricare le merci, hanno ridato nuova linfa all’intero settore.
Lo shopping pandemico ha spinto i consumatori di tutto il mondo ad effettuare valanghe di ordini alimentando un commercio globale di prodotti senza precedenti. Risultato: la domanda di navi container per la consegna della mercanzia è schizzata alle stelle. Nel 2021 per trasportare un container di 40 piedi dall’Asia agli Stati Uniti servivano più di 20mila dollari. Pochi anni fa ne bastavano circa duemila. Certo, in seguito alla crisi energetica globale abbiamo assistito ad un raffreddamento dei prezzi. In ogni caso – e il boom di Cosco lo dimostra – un abisso separa le dinamiche odierne e le dinamiche del periodo pre pandemico.
Il boom dello shipping
Secondo la società di ricerca marittima Drewry, nel 2021 il settore dello shipping ha riportato un utile operativo pari a circa 190 miliardi di dollari. Calcolatrice alla mano, si tratta più degli utili operativi di Apple e Microsoft messi insieme. Il 2022, dalle prime stime, dovrebbe seguire una dinamica simile. E pensare che per gran parte dell’ultimo decennio le linee di container hanno letteralmente lottato per fare soldi. Tra il 2008 e il 2019, il settore faceva registrare un margine di profitto operativo medio negativo dell’1,5%. Poi siamo entrati nell’era Covid. Nel 2020 l’International Transport Forum (ITF) pubblicava un rapporto in cui lanciava un chiaro avvertimento. Tra il 2021 e il 2022, e a causa della pandemia, nel settore marittimo i fallimenti sarebbero stati “molto probabili”.
Nel terzo trimestre del 2019, faceva notare l’ITF, le 14 principali compagnie di navigazione avevano accumulato un debito pari a 95 miliardi di dollari, in aumento rispetto ai 76 miliardi del 2010. La pandemia, al netto di uno choc iniziale, ha rianimato settore. I profitti inaspettati accumulati dalle aziende non sono affatto passati inosservati agli occhi degli investitori. E qui arriviamo alla seconda ragione del boom dello shipping marittimo: la speculazione. Giusto per fare un esempio, le azioni della Yang Ming Marine Transport di Taiwan hanno guadagnato il 1600% in termini di dollari dall’inizio del 2020. Con il denaro che stanno generando, le linee di container sono adesso in grado di ripagare i loro debiti. E ancora: finanziare nuovi investimenti, fare acquisizioni capaci di creare valore nella logistica e aumentare i pagamenti degli azionisti.