L’estate degli Stati Uniti potrebbe essere contrassegnata da continui blackout energetici. La North American Electric Reliability (NERC), un’istituzione che supervisiona e regola l’affidabilità delle reti elettriche nordamericane, ha lanciato un avvertimento emblematico. Due terzi del Paese rischiano, di fatto, di restare a secco di energia. Tutta colpa della forzata transizione verso la green economy. O meglio, di tutte quelle politiche climatiche che stanno distorcendo i mercati energetici, rendendo la rete più vulnerabile alle oscillazioni della domanda e dell’offerta.
I controeffetti della politica green
Che cosa sta succedendo negli Stati Uniti? Come è possibile che una nazione del genere possa trovarsi a fare i conti con l’ombra dei blackout? Esistono diverse risposte. I progressisti ritengono che i problemi di rete siano da imputare al cambiamento climatico. Il rapporto NERC – che potete leggere al termine dell’articolo – sottolinea come i generatori idroelettrici degli Stati Uniti occidentali funzionino a livelli più bassi del solito. La produzione dei generatori termici, e cioè quelli che usano il fiume Missouri per il raffredamento, potrebbe inoltre essere notevolmente influenzata nel corso dell’estate.
Attenzione però, perché, già in passato importanti siccità hanno colpito gli Stati Uniti. Più che puntare il dito contro il clima, la causa sarebbe dunque da ricercare nella perdita di generatori di base capaci di fornire energia affidabile 24 ore su 24. Il motivo è semplice. Il solare e l’eolico potranno essere green quanto vogliamo, ma alla lunga risultano irregolari, come irregolari sono le condizioni metereologiche. In certi casi, infatti, è impossibile incrementare la domanda di energia elettrica se la richiesta aumenta in condizioni sfavorevoli.
Usa a secco di energia
I sussidi statali consentono, poi, ai generatori eolici e solari di realizzare profitto anche quando la fornitura di elettricità supera la domanda. Gli impianti a carbone e nucelari, invece, non possono farlo, funzionando soltanto per poco tempo. Quelli alimentati a gas naturale, invece, potrebbero anche contribuire alla causa, ma non ne esistono abbastanza per sostenere le energie rinnovabili che entrano nella rete.
Morale della favola: un anno fa la California ha dovuto installare cinque generatori di emergenza a gas per scongiurare blackout. È servito a poco, a quanto pare, visto che anche anche quest’estate i californiani potrebbero assaggiare poco piacevoli blackout. In passato, il Golden State si è affidado alle importazioni energetiche provenienti dagli Stati vicini, ma questa soluzione non è percorribile. Molte centrali a carbone hanno cessato di esistere per dare spazio, appunto, alle energie rinnovabili.
Midwest da bollino nero
Secondo la NERC, il Midwest è ad altissimo rischio di subire interruzioni di corrente, soprattutto se dovesse esserci poco vento. Le sole energie rinnovabili non bastano per sostenere l’intera domanda locale. E pensare che qualche mese gli statunitensi hanno assistito alla chiusura di 3.200 MW di capacità di generazione netta di energia, principalmente carbone e nuclare. Abbastanza per alimentare 2,4 milioni di abitazioni.
Quando nei prossimi anni chiuderanno altre centrali, allora la minaccia, non solo nel Midwest ma negli interi Usa, sarà ancora più grande. Anche perché, nel frattempo, il fornitore di elettricità Vistra ha annunciato il ritiro di 6.800 MW di energia a carbone entro il 2027, incolpando un mercato “irreparabilmente disfunzionale” e i sussidi statali per le rinnovabili. “La maggior parte dei democratici non sembra riconoscere o preoccuparsi del fatto che le loro politiche climatiche stanno rendendo la rete meno resiliente e affidabile”, ha chiosato il Wall Street Journal.