Perché leggere questo articolo? Si fa un gran parlare di taglio delle tasse. Ma a impedire l’abbassamento delle aliquote c’è anche un dato che passa spesso inosservato. I crediti fiscali sono in continuo aumento. Nel 2022 hanno toccato quota 84 miliardi, +22% rispetto al 2023. Una montagna di agevolazioni particolari che impedisce un abbassamento delle tasse per tutti.
Che fine ha fatto la flat tax? Pnrr, giustizia ed Europee ce la stanno quasi facendo dimenticare. Ogni tanto il governo prova a rispolverare i proclami di tassa piatta. Più nel concreto, l’esecutivo Meloni sta lavorando a una legge delega sulla riforma del fisco. Fonti governative fanno sapere il progetto approderà al Consiglio dei ministri la prossima settimana. Ma, all’atto pratico, la riforma avrà luogo solo nel 2024. Non c’è da aspettarsi chissà quale rivoluzione fiscale. Tra gli annosi e sempreverdi ostacoli all’abbassamento delle tasse, uno in particolare rischia di rimanere nell’ombra. Eppure gli oltre 80 miliardi di crediti fiscali rappresentano una montagna, impossibile da superare per ogni legislatore.
Il boom dei crediti fiscali
I crediti fiscali sono l’elefante nella stanza del sistema fiscale italiano. C’è una tendenza al bonus, all’agevolazione o allo sconto ormai incontrovertibile. Come mostrato dal Sole 24 Ore, i crediti portati in compensazione – per ridurre debiti tributari e contributivi – ammontano alla cifra monstre di 84,5 miliardi nel 2022.
Si tratta di un aumento di oltre il 23% rispetto al 2021. A fare la voce grossa è il capitolo delle “agevolazioni” fiscali che lo scorso anno sono arrivata a oltre 27 miliardi. Dieci anni fa questa voce valeva solo 1 miliardo e mezzo di euro. Il picco dell’aumento del ricorso all’agevolazione è indubbiamente coinciso con la pandemia. A partire dal 2020 la pratica dei crediti fiscali è diventato il meccanismo per eccellenza del supporto a un’economia in crisi.
L’allarme della Corte di conti sui crediti fiscali
Lo scoro 28 giugno la Corte dei conti ha presentato il rendiconto generale dello Stato. Il documento della magistratura contabile ha lanciato un monito al governo sui crediti fiscali. Il bonus 110%, regina delle agevolazioni recenti, è stata conclusa dal governo. Ma i crediti fiscali che rimangono in essere sono tanti e rischiano di erodere le casse statali.
Il vantaggio per il contribuente di avere meno imposte o meno contributi da “pagare” attraverso la compensazione in F24 si tramuta in un minor flusso di cassa per l’Erario. Da qui la grande cautela e attenzione anche sotto questo profilo, che – ad esempio – hanno reso impossibile sforare nel mese di agosto per la proroga dei versamenti delle imposte risultanti dalle dichiarazioni delle partite Iva soggette alle pagelle fiscali o nel regime forfettario. Questa variabile, dunque, potrebbe diventare dirimente anche nella futura attuazione della delega fiscale e, in particolar modo, per la rimodulazione del calendario dei versamenti.
Crediti senza ritorno
Altro aspetto non secondario è quanto sia possibile agire nel “disboscamento” dei crediti fiscali. Il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, ha più volte ripetuto nelle ultime settimane che esistono 227 crediti d’imposta, il cui controvalore è di circa 36 miliardi. Quanto sarà possibile agire in concreto su una loro razionalizzazione? Politicamente sembra molto complicato: il passaggio in commissione Finanze della delega ha visto crescere gli ambiti da non toccare o almeno da maneggiare con cura nel taglio delle tax expenditures. Eppure è proprio qui che si gioca la partita per trovare la “linfa vitale” di una riforma profonda del sistema fiscale italiano.