Dopo Prosek e Parmesan, anche l’aceto balsamico sloveno
Ci risiamo. Non bastano le insidie del Parmesan Usa o quella più recente del Prosek croato, nella campagna di contraffazione del made in Italy, ora si affaccia la commercializzazione in Slovenia di un prodotto denominato “aceto balsamico” che rischia di danneggiare un mercato da 1,2 miliardi di euro, con un export che supera il 92% . Lo scrive il Sole 24 Ore. L’allarme è stato lanciato durante una audizione in commissione Agricoltura alla Camera dai rappresentanti del Consorzio tutela dell’aceto balsamico di Modena, del Consorzio tutela dell’aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia e di OriGin Italia, invocando una presa di posizione da parte della presidenza del Consiglio. Sotto accusa la nuova norma tecnica slovena che, aggirando le norme europee, ha sdoganato la produzione e la commercializzazione del suo “aceto balsamico” sugli scaffali dei supermercati nel Paese oltreconfine. Un caso che evoca altri precedenti come il Prosek, o il caso Parmesan e che non ha ancora registrato alcuna reazione da parte dell’Europa. Come ricordato dal direttore del Consorzio di Tutela Aceto Balsamico di Modena Igp, Federico Desimoni, la Commissione Ue non si è mai espressa sul documento inviato il 3 aprile scorso dal Governo italiano. La procedura si è quindi chiusa determinando, di fatto, l’entrata in produzione del prodotto commercializzato in Slovenia e fuori con la stessa dicitura italiana. “Rimaniamo interdetti vedendo che le regole che ci siamo dati in Europa per proteggere tutte le nostre denominazioni, vengano oggiscavalcate con queste furbizie”, ha detto Mariangela Grosoli, presidente del Consorzio di Tutela Aceto Balsamico di Modena Igp. “Noi siamo il progetto pilota – ha aggiunto – se non siamo veloci, rischiamo che questa diventi la prima falla per minare tutto il sistema delle indicazioni geografiche protette”.
Logistica, indagine a Milano nei confronti di Gls
La logistica tira, con o senza Covid. Ma c’è qualcuno che bara. Infatti, la procura di Milano ha aperto un’indagine nei confronti di GLS, multinazionale della logistica, per “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti”. Nelle carte dell’inchiesta, di cui il Corriere della Sera ha diffuso alcuni stralci, si legge che al centro delle indagini c’è “l’utilizzo distorto e strumentale di cooperative a vita breve, legalmente rappresentate da prestanome”, che sfruttano i lavoratori guadagnando illecitamente dal mancato pagamento delle imposte dirette e indirette, come le ritenute da lavoro dipendente e dei contributi previdenziali e assicurativi. «Chi viene danneggiato sono i lavoratori e l’Erario, mentre il gruppo GLS trae enormi vantaggi da questa situazione in quanto diminuisce i propri costi per il personale», scrive il Corriere. Il nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano e l’Agenzia delle Entrate hanno eseguito perquisizioni negli uffici del gruppo, a San Giuliano Milanese e Assago Milanofiori, ma anche negli uffici del consorzio di cooperative «You Log» a Vimercate e Pero.
Apple Car, il progetto perde colpi
Non tutte le ciambelle riescono col buco. E se sul fronte della rete la Apple fa proseliti, il progetto Apple Car perde vistosamente i colpi. Mentre il Covid fa slittare al 1 febbraio il ritorno dei dipendenti alla loro scrivania, non tutti insieme ma a piccoli gruppi, tornano a filtrare le indiscrezioni sull’oggetto più misterioso di Cupertino, l’Apple Car. Il progetto è stato avviato nel lontano 2014 e si sono avvicendati ben cinque responsabili. L’ultimo in ordine di apparizione è un esperto del software, Kevin Lynch, l’uomo che ha consacrato l’Apple Watch, ma che non è un esperto di automobili. Apple, secondo quanto riportato da Bloomberg, punta molto su un mezzo a guida pienamente autonoma senza volante e senza pedali, come un minivan con i passeggeri seduti lungo i lati e al centro un grande iPad con i comandi. La Mela penserebbe a un lancio tra quattro anni, nel 2025. Tanto è bastato a spingere il titolo al 2,85% e a riconsegnare a Apple la vetta delle market cap, con 2.590 miliardi di dollari, davanti a Microsoft (2.562). Ma Apple Car, è una mission impossible o no? Finora il full self driving di Tesla (in realtà una guida autonoma di livello 2 e non 4 come sarebbe stato nei desiderata di Palo Alto) si è dimostrato ancora molto carente e pericoloso (non rari gli incidenti). Waymo (cioè Alphabet, cioè Google) perde pezzi in termini di personale per le difficoltà incontrate. Uber ha venduto l’anno scorso la divisione guida autonoma. L’unico risultato concreto per Apple – che da anni, fra mille illazioni, è accreditata di cercare un partner industriale, da Hyundai a Volkswagen – sarebbe il processore. Il chip è stato progettato dal gruppo di ingegneria del silicio del colosso di Cupertino, che ha disegnato i processori per iPhone, iPad e Mac, non all’interno del team automobilistico. Lo sforzo, quindi, prosegue.
Il rapporto Auditel: ci sono cinque schermi per famiglia
Il 4° Rapporto Auditel-Censis spiega che nel Belpaese ci sono 120 milioni di schermi, una media di 5 per famiglia. Il dato ormai consolidato è che gli smartphone (48 milioni) sono più dei televisori (43 milioni). Il che non vuol dire che i contenuti Tv siano penalizzati, anzi. La visione della “televisione oltre il televisore” è in aumento. C’è però da fare i conti con una percentuale ancora molto alta di famiglie che rischia di rimanere indietro in questo avanzamento verso il digitale che rappresenta innanzitutto un cambiamento sociale. Ci sono 2,3 famiglie senza connessione: il 9,8% del totale. “L’Italia multiscreen: dalla Smart Tv allo schermo in tasca, così il Paese corre verso il digitale”. In cui la spinta verso il digitale, con i contenuti audiovisivi a fare da importante propulsore, è comunque sempre più forte in un percorso evolutivo che per forza di cose non è privo di criticità: dal numero di famiglie escluse dalla quotidianità digitale (comunque calato di almeno un milione rispetto all’ultima rilevazione) alla gestione del processo di switch off al digitale terrestre di nuova generazione che deve fare i conti con 27,7 milioni di televisori (il 64,2% del totale), posseduti da 12 milioni di famiglie (il 51,2% del totale), oggi non compatibili perché privi dello standard DVB-T2 con il nuovo sistema di codifica HEVC Main10. Gli schermi all’interno delle case sono 119 milioni e 400.000 (+6,2% negli ultimi due anni), con una media di 5 schermi per ogni famiglia. Le famiglie connesse sono il 90,2% del totale (+3,6% dal 2019). E quelle che possiedono una connessione sia fissa che mobile sono il 59,4% (+6,2%). Nel 2021 gli apparecchi televisivi superano i 43 milioni (+1% dal 2019) soprattutto per effetto dell’ormai prepotente presenza di Smart Tv o dispositivi esterni collegati: sono 15,3 milioni (+46,6% negli ultimi due anni). Crescono anche gli smartphone, che sono oltre 48 milioni (+8,9% dal 2019). Così come crescono i pc collegati, che sono quasi 20 milioni, e i tablet, che sono 7,7 milioni.
Treni green, in Sardegna ancora un miraggio
L’energia elettrica verde accende la Sardegna, ma non fa viaggiare i treni. E seppure qualcosa cominci a muoversi tra decarbonizzazione, passaggio al metano e crescita delle rinnovabili, per vedere viaggiare i treni a trazione elettrica ci sarà da aspettare ancora tempo perché i progetti ancora da definire così come gli investimenti. L’orizzonte tracciato dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani per l’isola punta a una riduzione del 55 per cento di emissioni al 2030 e al 90 per cento per il 2050 oltre che all’impiego del gas da aggiungere alle rinnovabili, per la gestione della transizione dal carbone. Con l’obiettivo di raddoppiare l’energia prodotta da rinnovabili cui si dovrebbe aggiungere l’apporto fornito dal Tyrrhenian link, ossia il cavo che collegherà Sardegna, Sicilia e Campania. Attualmente sui 427 chilometri che collegano le 41 località di servizio attive per i viaggiatori la percorrenza è a doppio binario solamente per cinquanta chilometri e i treni sono a totale trazione diesel mentre la gestione della circolazione avviene da remoto mediante tecnologia in telecomando da un’unica cabina di regia presso il Centro Coordinamento Circolazione di Cagliari. “In merito all’elettrificazione della rete ferroviaria – chariscono da Rfi – sono in corso i primi approfondimenti tecnici relativi alla tratta tra Cagliari ed Oristano, e per i quali sono in corso le interlocuzioni con gli enti preposti, finalizzate al consolidamento delle relative risorse economiche”. Attualmente in Sardegna stanno circolando 10 treni Swing ad alimento diesel elettrico inoltre è previsto l’arrivo di 8 nuovi treni ibridi Hitachi dotati di batterie ricaricabili con il motore tradizionale che dovrebbero ridurre le emissioni ed il rumore soprattutto nelle soste e nelle stazioni. Ulteriori 4 treni, sempre Hitachi sempre ibridi arriveranno nel 2023 Questa tipologia di treni, cosiddetta a pantografo, avrà la possibilità di circolare con tre modalità di alimentazione.
Carrefour, 769 licenziamenti
Ma la pandemia non si era dimostrata la stagione dell’oro perla grande distribuzione? Sta di fatto che Carrefour licenzia 769 lavoratori in Italia. Dopo l’allarme lanciato nelle scorse settimane dai sindacati in cui si ipotizzavano addirittura 1.800 euberi, la multinazionale ha ufficialmente formalizzato ai rappresentanti dei lavoratori la procedura di licenziamento collettivo. La multinazionale francese della grande distribuzione organizzata Carrefour Italia ha formalizzato ai sindacati la procedura di licenziamento collettivo annunciata nelle scorse settimane nell’ambito del confronto attivato tra le Parti sul Piano Aziendale 2022. Sono 769 i lavoratori coinvolti dalla procedura di riduzione del personale in 9 Regioni: Valle D’Aosta, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Sardegna. Sono 261 gli esuberi in 27 Ipermercati, 313 in 67 market, 168 in 10 cash&carry e 168 posti di lavoro nelle sedi amministrative di Milano, Nichelino, Roma, Airola, Gruliasco, Napoli, Rivalta e Moncalieri. “I motivi alla base della situazione di eccedenza – spiega il gruppo – sono da individuarsi nella grave situazione economico gestionale. Il complessivo calo del fatturato e dei clienti da un lato, e l’incidenza del costo del lavoro dall’altro, hanno determinato una situazione di grave squilibrio che ormai non è più sostenibile e costringe la società ad un intervento strutturale volto a riequilibrare il rapporto tra personale e fatturato’‘. I sindacati non ci stanno. Siamo solo all’inizio.