Perché questo articolo potrebbe interessarti? Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg ha presentato il rapporto annuale dell’Alleanza; da cui emerge che solo sette dei 30 Paesi membri hanno effettivamente investito il 2% del Pil in difesa nel 2022. L’Italia ha speso l’1,51% del Pil, toccando quota 28,75 miliardi di euro. Quest’anno la spesa militare aumenterà di 800 milioni rispetto al 2022, ma il 2% è bel lontano.
La guerra non basta. Martedì 21 marzo il Segretario generale della Nat0, Jens Stoltenberg, ha presentato il report “Spese per la difesa dei paesi della NATO (2014-2022)“. Il documento mostra come il traguardo del 2 per cento di spesa del Pil per la Difesa sia ancora ben lontano per la stragrande maggioranza dei membri dell’Alleanza. Solamente Usa, Uk, Grecia, Polonia e le tre Repubbliche Baltiche superano la soglia. Sette paesi sui trenta Stati membro. Anche l’Italia si posiziona nel gruppo dei frugali sulle spese militari; al diciassettesimo posto della classifica. QUI IL LINK AL REPORT INTEGRALE
L’Italia aumenta la spesa per la Difesa ma non in percentuale
L’Italia nel 2022 ha speso l’1,51% del pil nella difesa militare. Il nostro paese ha raggiunto quota quota 28,75 miliardi di euro (ai prezzi correnti); il che rappresenta una crescita rispetto ai 28,01 miliardi dell’anno precedente, che però costituivano l’1,57% del Pil del 2021. All’aumento effettivo non è dunque corrisposto quello in termini quantitativi in percentuale a un Prodotto Interno Lordo che si è contratto in due anni; complici pandemia e crisi energetica.
Anche l’Italia partecipa alla corsa al riarmo, dopo l’invasione russa dell’Ucraina dello scorso 22 febbraio. In un anno, il Ministero della Difesa, guidato da Lorenzo Guerini sotto Draghi e ora da Guido Crosetto, ha visto aumentare i propri investimenti di circa 800 milioni di euro. Una cifra notevole, in tempi di turbolenze economiche, ma ancora ben lontana dai desiderata della Nato.
La classifica Nato delle spese per la Difesa
In termini percentuali, il nostro paese si avvicina ai membri più rilevanti dell’Unione Europea. Il nostro 1,51% di spesa per la Difesa è pressoché identico all’1,49 per cento della Germania; che però ha un Prodotto interno lordo quasi doppio rispetto al nostro (3.435 miliardi per la Germania; contro i 1.787 miliardi italiani). Quella di Berlino è poi stata la grande cancelleria europea che ha maggiormente incrementato l’investimento sulla Difesa nell’ultimo anno.
Da sempre attente alla propria proiezione – anche militare – all’estero sono Regno Unito e Francia. Londra, nonostante le vicissitudini politiche ed economiche dopo la Brexit, è tra i pochissimi partner della Nato a superare la soglia (2,07%). La Francia di Macron, alle prese con la contestata riforma della pensioni, è di poco sotto: con l’1,89 per cento della spesa. Stupisce il “misero” 1,37% della Turchia; il paese da vent’anni sotto il controllo di Erdogan riesce a essere attivissimo sul fronte strategico-militare, spendendo molto meno di tanti altri alleati. Come, ad esempio, la Spagna che investe solo l’1,09 per cento per la Difesa.
Aumenti a parole, con “mamma America” che paga
Parlando martedì, Stoltenberg ha elogiato gli alleati per i progressi rispetto alla promessa di raggiungimento del 2% fatta nel 2014. Ma ha detto ai giornalisti che i nuovi impegni devono ora trasformarsi in denaro reale, contratti e attrezzature. Il capo della NATO ha anche affermato che sosterrà un eventuale accordo Nato su un obiettivo più ambizioso; che vada oltre il 2% come minimo. Anche se gli esperti avvertono che le percentuali sono tutt’altro che l’unica misura che conta. Oltre alla quantità, è fondamentale la qualità dell’investimento sulla Difesa. Ma sono spesso parole vane. Per il momento l’Alleanza atlantica continua a reggersi sulle spalle degli Usa. Negli ultimi otto anni gli alleati hanno aumentato di 350 miliardi di dollari le spese per la difesa; eppure, ancora adesso gli Stati Uniti da soli coprono il 70% del bilancio della Nato.