Perché questo articolo potrebbe interessarti? In poco più di quattro anni Disney+ ha bruciato quasi 12 miliardi di dollari. Tra la fine del 2022 e il 2023 ha perso circa 18 milioni di abbonati, dopo aver investito 33 miliardi di dollari in contenuti. L’attivismo woke e strategie commerciali azzardate non hanno ripagato l’azienda.
Avete presente Disney+, il servizio di streaming video on demand gestito da Disney Entertainment? Era stato lanciato in pompa magna nel 2019 da Walt Disney con la dichiarata ambizione di competere con Netflix.
L’inizio è stato effettivamente promettente – complice anche il lockdown – poi qualcosa è cambiato. Sarà per l’eccessivo attivismo woke messo in campo dai produttori dell’azienda, che ha improvvisamente iniziato a sfornare cartoni e serie impegnate senza riscuotere il successo sperato.
O forse sarà perché ormai lo streaming è una bolla sul punto di esplodere. Sarà tutto questo e tanto altro, ma i conti di Disney+ non tornano.
In poco più di quattro anni la piattaforma ha bruciato quasi 12 miliardi di dollari. Tra la fine del 2022 e il 2023 ha perso circa 18 milioni di abbonati, dopo aver investito 33 miliardi di dollari in contenuti (molti dei quali esclusivi).
Dove e come nasce il flop di Disney+
Per quale motivo Disney+ non sta riscontrando il successo sperato? Con un archivio di oltre 8.000 ore di contenuti che coprono più di otto decenni di produzioni, oltre a nuovi cartoni e serie, il pubblico avrebbe dovuto trovare pane per i suoi denti.
Qualcosa è però andato storto, e la piattaforma è passata dall’essere un ipotetico principe azzurro ad un brutto anatroccolo. Colpa sicuramente, almeno in parte, dell’attivismo woke – come abbiamo spiegato qui – ma anche di scelte economiche forse troppo azzardate.
C’entra, poi, la pandemia di Covid-19. Poche grandi aziende, infatti, sono state colpite dal coronavirus quanto Disney. L’emergenza sanitaria ha tramortito quasi tutte le sue divisioni: chiusi i negozi che vendevano il suo merchandising, ferme le navi da crociera, sigillati i parchi a tema e offlimits pure i cinema che avrebbero dovuto proiettare i suoi film.
Per diversi mesi, nel 2020, Disney ha fatto affidamento quasi interamente su Disney+. Che, alla luce del sole e senza che nessuno se ne accorgesse, ha lentamente fagocitato l’intera azienda.
Conti in rosso
Mentre le persone erano bloccate in casa durante il lockdown, la popolarità della piattaforma è aumentata e sembrava davvero che Disney+ potesse essere il cavaliere bianco del gruppo. Nel giro di qualche tempo avrebbe invece messo in ginocchio l’azienda.
Il motivo? Semplice: Disney+ si è “ubriacata” del suo stesso successo spingendo Disney ad investirvici miliardi di dollari in contenuti esclusivi. Gli stessi che, terminato il lockdown, non sono stati considerati a dovere dai (sempre meno) abbonati.
Il prezzo delle azioni Disney è crollato: dal picco del gennaio 2021 ha perso il 45%. Un tonfo roboante che ha spinto l’azienda a tagliare 7,5 miliardi di dollari di costi, tra cui molti dei contenuti esclusivi in streaming commissionati.
Disney+ ha comunque bruciato più di 11,4 miliardi di dollari di perdite operative e, secondo Forbes, non dovrebbe realizzare profitti fino alla fine dell’anno corrente.
Per quanto riguarda gli ultimi movimenti, Disney+ ha perso 4 milioni di abbonati nei primi tre mesi dell’anno. Allargando lo sguardo, gli abbonati sono scesi a quasi 158 milioni da gennaio a marzo, mentre gli analisti si aspettavano che la piattaforma potesse ottenerne oltre 1 milione in più.
Certo, la maggior parte dei clienti salutati proviene da Disney+ Hotstar in India, e questo dopo che la società ha perso i diritti di streaming delle partite di cricket della Indian Premier League. Ma la piattaforma ha perso però anche 300mila clienti negli Stati Uniti e in Canada, dopo aver aumentato i prezzi degli abbonamenti a dicembre.