La fine anticipata del governo Draghi è stata anche una questione di nomine, come su queste colonne abbiamo avuto modo di raccontare parlando dei retroscena sulla rottura tra il premier uscente e il predecessore Giuseppe Conte. E proprio in vista del prossimo, importante round di nomine che dall’esecutivo guidato da Draghi tornerà in mano sostanzialmente alla politica è fondamentale sottolineare come il 2023 porterà nell’inizio della legislatura il nuovo governo a sedersi al banchetto più ricco.
Nomine, il piatto più ricco è quello del 2023
Dovranno essere rinnovati infatti ben 49 consigli di amministrazione; 5 ruoli di amministratore unico; e 52 collegi sindacali (2 ruoli di sindaco unico) su un totale di 76 società controllate o partecipate direttamente e indirettamente, dal ministero dell’Economia e delle Finanze. Oltre 500 le poltrone da assegnare, comprese circa un centinaio, decisive, nei ruoli apicali di presidente, amministratore delegato e amministratore unico.
La possibilità di un’ascesa al governo della coalizione di centrodestra, che mira a essere la prima dai tempi della coalizione berlusconiana del 2008 a ottenere una maggioranza solida alle urne, apre alla prospettiva che questa tornata di nomine diventi la più importante dai tempi dell’ascesa di Matteo Renzi nel 2014, anno che segnò una svolta importante in aziende come Eni e Enel. Guardando ai mandati triennali delle partecipate, ci si accorge che nel 2023 il nodo nomine toccherà proprio le più pregiate delle partecipate.
E infatti saranno proprio le cinque big assolute della galassia delle partecipate a conoscere un rinnovo degli organi societari. Prime fra tutte le stesse Enel ed Eni. Aziende strategiche dall’elevato valore di sistema nell’epoca della crisi energetica; i cui ad Francesco Starace e Claudio Descalzi furono scelti proprio nel 2014. Si aggiunge ad esse Terna, big delle reti elettriche e attore chiave per la transizione; da non sottovalutare Poste Italiane, che sarà il laboratorio per la futura partita di Cassa Depositi e Prestiti, piatto forte per il 2024; last but not least, Leonardo, recentemente valorizzata come principale azienda dell’Unione Europea nel settore della Difesa e Aerospazio.
Oltre ai “giganti”, un mondo di cda da rinnovare
Ma non finisce qui. Il Mef dovrà anche presentare le liste per il rinnovo delle società totalmente partecipate in-house Consip e Consap; che si occupano rispettivamente degli acquisti e delle assicurazioni pubbliche. Se la vendita ad Unicredit non sarà concretizzata, dovrà essere rinnovata totalmente anche la governance di Monte dei Paschi di Siena; di cui il Tesoro è controllante. Così come sarà da rinnovare quello della società che gestisce i crediti deteriorati delle banche italiane, Amco.
Tra le partecipate dirette, occhio anche a Enav: la società opera come fornitore in esclusiva di servizi alla navigazione aerea civile nello spazio aereo di competenza italiana ed è da sempre un piatto pregiato, per quanto poco sponsorizzato mediaticamente, delle nomine. E acquisirà valore strategico anche la scelta da parte del Mef dei due membri per il supervisory board di STMicroelectronics, gioiello italo-francese nel cruciale settore dei microprocessori.
Tra le partecipate dirette, Eni e Enel dovranno ricevere anche indicazioni per le nomine dei propri collegi sindacali. Lo stesso varrà anche per il Gestore dei Servizi Energetici, la cui controllata Gme avrà il cda rinnovato, e Sogin, la partecipata del Mef che controlla lo smantellamento degli impianti per la produzione di energia nucleare. Stesso discorso per il veicolo di investimenti strategici Invitalia e la holding Sport e Salute.
Tra le partecipate indirette, il Mef dovrà lavorare al rinnovo del cda di Cdp Reti, la holding di Via Goito che controlla Snam, Terna e Italgas e il 35% del cui capitale è in mano a State Grid of China; Fintecna, veicolo controllante di Fincantieri (che dovrà rinnovare i sindaci) avrà un nuovo management; lo stesso vale per Rete Ferroviaria Italiana, società tra le più strategiche del gruppo Ferrovie dello Stato.
Chiudono il cerchio le due “braccia” di Invitalia. Mediocredito Centrale, il cui ad è stato fino a poche settimane fa il neo-ad di Invitalia Bernardo Mattarella; e Invitalia Partecipazioni. Per la prima sarà rinnovato il Cda, per il secondo si parlerà invece di un rinnovo totale, Cda e sindaci.
Il valore strategico delle nomine
Il banchetto delle nomine si preannuncia ricco. E si tratterà di un nodo strategico. Dato che chiunque gestirà le società nel triennio successivo alla scelta del futuro governo si troverà a dover amministrare la fase decisiva del completamento del Pnrr; in un periodo in cui si giocherà una fetta importante del rilancio del sistema-Paese.
È fuori da ogni dubbio che il potere di nomina è forse l’ultima vera arma della politica italiana. Tra svuotamento delle competenze e aumento dei vincoli d’azione e di spesa per i ministeri di maggior peso, la facoltà di armare il braccio operativo delle partecipate è la più incisiva tra le possibilità che la politica ha di condizionare l’evoluzione del sistema-Paese. Inclusa la sua dimensione economica e la sua proiezione internazionale.
Lo dimostra la taglia dei soggetti in campo. Nella galassia delle imprese partecipate, secondo i dati dei bilanci depositati il 31 dicembre 2021, 8 dei primi 20 gruppi quotati a Piazza Affari erano afferenti alla galassia delle partecipate. A questi dati d’ordine economico si aggiunge l’inserimento di queste aziende in un’architettura di relazioni internazionali e capacità di proiezione che sarà in seguito discussa e che si può ragionevolmente considerare superiore al raggio d’azione di interi ministeri.
L’importanza delle nomine
Nei decenni della “Seconda Repubblica”, anche dopo la fine del sistema dei partiti che governava il mondo dell’economia mista imperniata sull’Iri, è stata gradualmente sfatata la profezia dei fautori delle privatizzazioni massicce degli Anni Novanta, che miravano a sottrarre gradualmente il controllo della politica sulle società del Tesoro trasformate in partecipate o imprese quotate.
Come ha lucidamente notato Alessandro Aresu su Pandora “l’importanza delle nomine delle società pubbliche e para-pubbliche nella vita del Paese non è diminuita. È aumentata. Anche perché le società controllate dal Ministero dell’Economia e dalla Cassa Depositi e Prestiti dominano Piazza Affari? Una borsa rimasta piccola rispetto alle omologhe europee per via dello scarso numero di grandi e medie imprese quotate. Ecco dunque il paradosso delle privatizzazioni: il sistema dei partiti non esiste più ma le nomine continuano ad esistere. Non solo: sono diventate molto più importanti”. E anno dopo anno la sua rilevanza cresce. Mentre il decisionismo della politica, sempre più sbandierato a parole, si ridimensiona nei fatti in direzione di altri centri d’influenza.