Le attuali tensioni geopolitiche nel Mar Rosso, dovute agli attacchi da parte delle milizie yemenite degli Houthi verso il traffico mercantile, hanno spinto i vettori che trasportano merci per i mari del mondo a modificare le rotte delle loro navi, comportando prolungati tempi di transito e un significativo aumento dei costi operativi. Tutto questo, oltre a un’escalation securitaria, rischia di creare problemi geoeconomici. Legati principalmente al rischio-rincari su merci e beni connesso a una strozzatura della rotta del Mar Rosso.
Merci e container, spedizioni in tilt
La danese Maersk e la rivale tedesca Hapag-Lloyd hanno dichiarato nella giornata di martedì 2 gennaio che le loro navi portacontainer continueranno ad evitare la rotta del Mar Rosso che dà accesso al Canale di Suez a seguito del perdurare delle minacce e della prospettiva di un’azione militare occidentale contro le milizie yemenite. Lo stesso ha detto il colosso petrolifero Bp. La rotta alternativa circumnaviga l’Africa evitando la strozzatura di Bab-el-Mandeb che collega Golfo di Aden e Mar Rosso, ove le navi iniziano a esser sotto tiro dagli Houthi. La necessità di deviare attraverso il Capo di Buona Speranza o altre rotte alternative ha generato impatti considerevoli sulla logistica globale.
Non ci sono stime sugli impatti economici complessivi finora accumulati, ma sicuramente si è interrotto il calo del costo dei noli marini, misurati nel prezzo di ogni unità FEU, la misura standard di volume nel trasporto dei container che corrisponde a circa 76 metri cubi d’ingombro totale, che proseguiva da circa due anni. Le tariffe di trasporto, in particolare da Asia alla costa orientale degli Stati Uniti, hanno subito un incremento del 52%, raggiungendo i 3.900 dollari per FEU il 3 gennaio, come evidenziato da Freightos. Analogamente, le tariffe da Asia al Mediterraneo hanno più che raddoppiato. Esse hanno sperimentato un aumento del 151% su base settimanale entro il 3 gennaio, superando i 4.000 dollari per unità equivalente a quaranta piedi con prospettive di ulteriore aumento a oltre 6.000 dollari/FEU a partire dal 15 gennaio.
Il periplo delle merci attraverso l’Africa
Sebbene i vettori sembrino attualmente in grado di gestire la perturbazione, contrariamente a quanto accaduto durante la pandemia, l’incognita principale riguarda la durata di questa situazione. Christian Roeloffs, CEO e cofondatore di Container xChange, sollevando con Supply Chain Dive la questione, si è posto la domanda cruciale: si tratta di un disturbo temporaneo o di un ostacolo più duraturo? I vettori potrebbero sfruttare la situazione mentre le navi vengono deviate intorno alla punta meridionale dell’Africa, contribuendo alla complessità dovuta all’inaccessibilità del Canale di Suez.
Il Canale di Suez, responsabile del 12% del commercio globale, è un passaggio cruciale per le spedizioni dall’Asia all’Europa e al Nord America. La deviazione attraverso il Capo di Buona Speranza aggiunge circa 3.000-3.500 miglia nautiche ai viaggi tra Europa e Asia, con un prolungamento di circa 10 giorni. Questo potrebbe avere ripercussioni sui tempi di consegna nei porti del Regno Unito e nei principali hub europei.
Un conto tutto fare
Il reindirizzamento delle navi è stimato costare fino a 1 milione di dollari in carburante extra per ogni viaggio di andata e ritorno tra l’Asia e l’Europa, con aumenti significativi anche nei costi assicurativi. Questi aumenti contribuiscono complessivamente all’incremento generale dei costi delle spedizioni. Si prevedono ritardi nelle spedizioni di container contenenti beni di consumo, materie prime, abbigliamento e cibo.
A differenza della situazione del blocco del Canale di Suez nel 2021, causato dalla nave Ever Given, che ha generato problemi diffusi nel commercio mondiale, l’attuale perturbazione nel Mar Rosso si presenta in un contesto economico notevolmente diverso. Due anni fa, le catene di approvvigionamento globali erano sotto pressione a causa della forte domanda di beni manufatti, mentre la produzione industriale e il trasporto merci globale non riuscivano a tenere il passo. A ciò si aggiungevano la crisi dei chip e il superciclo delle materie prime. Oggi è la geopolitica, con le sue leggi competitive, a dettare il passo. E questo sottrae alla sfera economica e alle sue dinamiche le prospettive di risolvere il problema. Aggiungendo ulteriore incertezza sistemica.