La Federal Reserve americana si sta orientando per iniziare in primavera i tagli ai tassi due anni dopo il giro di vite sul costo del denaro. Per gli operatori di mercato nel 2024 saranno cinque i tagli ai tassi di interesse che la banca centrale americana opererà. Dunque sarà un anno di discesa controllata dei tassi ad opera della principale istituzione monetaria a stelle e strisce. Mentre la Bce si trova ancora lontana dalla condizione della collega di oltre Atlantico. La quale non vuole però fughe in avanti.
Powell e la mossa sui tassi
A mostrare cautela mista a ottimismo sono i vertici stessi della Fed. In un’intervista andata in onda domenica scorsa, il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha rassicurato sul fatto che la banca centrale adotterà un approccio cauto ai tagli dei tassi di interesse quest’anno. Durante un’ampia intervista con “60 Minutes” dopo la riunione del Federal Open Market Committee della scorsa settimana, Powell ha espresso fiducia nell’economia e ha assicurato che la politica della Fed non sarebbe stata influenzata dalle elezioni presidenziali di quest’anno. Ha anche dichiarato che le preoccupazioni riguardo all’effetto negativo degli aumenti dei tassi non si sono mai materializzate.
“Con un’economia così robusta, riteniamo che possiamo affrontare con attenzione la questione di quando iniziare a ridurre i tassi di interesse”, ha detto Powell a Scott Pelley di “60 Minutes”. “Vogliamo vedere ulteriori prove che l’inflazione stia avanzando in modo sostenibile verso il 2%”, ha aggiunto Powell. “La nostra fiducia è in crescita. Vogliamo solo un po’ più di fiducia prima di compiere il passo importante di iniziare a tagliare i tassi di interesse”.
I mercati Usa “prezzano” lo spostamento temporale dei tagli
La riunione del comitato si è conclusa con la decisione di mantenere il tasso di riferimento nell’intervallo compreso tra il 5,25% e il 5,5%. Nella dichiarazione post-riunione, il comitato ha chiarito che non taglierà i tassi finché non avrà acquisito maggiore fiducia nell’avvicinamento dell’inflazione all’obiettivo del 2%.
Nelle ultime sedute, nota Gabriel Debach, Market Analyst di eToro, “i mercati hanno allontanato sempre più le aspettative di un primo taglio dei tassi della Fed in presenza di dati economici più forti del previsto, con le probabilità di un primo taglio per maggio par a quelli di un lancio di una moneta. I rendimenti dei Treasury hanno riprezzato questa aspettativa in modo netto, con i tassi a 10 anni che sono passati dal 3,82% a quasi il 4,15% negli ultimi giorni di negoziazione”.
Riflettendo sul ciclo di rialzo dei tassi avviato nell’agosto 2022, deciso in quell’occasione durante il ritiro annuale della Fed a Jackson Hole, nel Wyoming, Powell ha sottolineato che le preoccupazioni riguardo al possibile disagio causato dall’inasprimento della politica monetaria non si sono concretizzate. La crescita americana è robusta, guida le economie occidentali e i dati del trimestre finale del 2023 hanno spinto a livelli positivi il tasso di sviluppo dell’economia a stelle e strisce.
Winograd (AlliancBernstein) sui tassi: “cinque tagli il numero giusto”
Tra molti operatori emerge una considerazione, vista la solidità della situazione Usa: l’esatto momento e il numero totale dei primi tagli dei tassi di interesse non dovrebbero essere una preoccupazione così rilevante, tranne che per i trader a breve termine che cercano di scommettere sulle varie riunioni della Fed. Per coloro che guardano a un orizzonte temporale più lungo, la vera importanza risiede nel fatto che la Fed sia pronta a intervenire, piuttosto che nel momento preciso in cui deciderà di farlo.
La transizione verso una politica monetaria più bilanciata consentirebbe alla Fed di intervenire per sostenere i mercati finanziari in caso di rallentamento economico, a differenza dei trimestri precedenti in cui il focus era sulla lotta all’inflazione. Eric Winograd, US Economist di AllianceBernstein, ci ricorda che “dovendo avere una previsione, anticiperò la mia ipotesi sul primo taglio dei tassi da giugno a maggio, riflettendo la crescente fiducia della commissione nella traiettoria dell’inflazione a medio termine. Si tratta di tre mesi in più di dati, che ritengo sufficienti. Penso che cinque tagli all’anno siano ancora il numero giusto: dopo aver iniziato il ciclo un po’ prima, la Fed probabilmente non procederà a tagliare in ogni singola riunione”.
L’incertezza europea
Winogard sottolinea che “la Fed cerca di riportare l’economia all’equilibrio e di mantenerlo il più a lungo possibile. La definizione di equilibrio della Fed negli Stati Uniti è la seguente: crescita del PIL di circa l’1,75-2,0%, disoccupazione del 4,0-4,25% e inflazione del 2,0%. Il tasso di policy che la Fed ritiene necessario per mantenere l’economia in questo equilibrio è del 2,50-3,0%. Oggi la crescita del PIL è forse leggermente superiore a questo intervallo e la disoccupazione è all’estremità inferiore dell’intervallo di equilibrio. L’inflazione è ancora troppo alta, ma è scesa rapidamente e probabilmente si avvicinerà all’obiettivo in termini annuali nei prossimi trimestri”.
In Europa la Banca centrale europea (Bce) potrebbe iniziare a giugno il ciclo di tagli dei tassi. Ma appare assai remoto pensare che i tagli inizino una serie in più “appuntamenti” portando a cinque decrescite dei tassi consecutive. In America la crescita del Pil sovraperforma l’inflazione, i mercati dei capitali sono in salute e non sussistono problematiche strutturali sui fattori di costo. In Europa la spada di Damocle dell’inflazione energetica pende ancora, alimentata anche dalla scelta del presidente Joe Biden di tagliare le esportazioni di gas naturale liquefatto per motivi ambientali. E, soprattutto, c’è il grande tema della recessione potenziale dell’Ue, minacciata soprattutto dalla crisi tedesca, e del ritorno dell’austerità. Fattori che aggiungono incertezza a incertezza. Ampliando il divario tra le due sponde dell’Atlantico.