Perché leggere questo articolo? Matteo Arpe è stato uno dei finanzieri più chiacchierati nello scorso decennio. Ora è lontano dai radar mediatici più importanti. Ma non per questo fuori dai giochi
Matteo Arpe, uno degli storici volti della finanza italiana dei primi Anni Duemila, è da tempo lontano dai riflettori. E da più parti nel mondo mediatico e finanziario ci si chiede come procedano gli affari del banchiere classe 1964, in passato molto attivo nel muovere le alterne fortune del suo fondo Sator. Di cui è stato presidente e figura di riferimento, anche se mai uomo solo al comando.
L’uscita dai radar di un protagonista della finanza
Dopo aver scalato i vertici di Capitalia diventando ad della terza banca italiana a 37 anni, nel 2001, e guidandone l’ingresso in Unicredit, Arpe si è dedicato a lungo alla finanza d’assalto cercando di costituire attorno a Sator un sistema resistente. Conclusa l’avventura editoriale di Lettera43 nel 2020, prima della pronta rinascita ad opera dell’ex direttore Paolo Madron in via di rilancio nelle prossime settimane, Arpe si è ritirato dalla mediaticità più spinta. Sembra un lontano ricordo, notava nel 2021 Huffington Post, “la battaglia per la conquista di Fondiaria-Sai, nel 2012, portata avanti fino allo stremo e con ogni mezzo di amplificazione mediatica”.
Una battaglia che “si è poi infranta sulla forza dell’istituto in cui Arpe stesso era cresciuto, Mediobanca, in collaborazione con Unipol, a cui poi Fonsai è finita”. Ma questo non vuol dire che Arpe sia uscito di scena. La svolta del gruppo Sator sembra essere nella direzione di un ricompattamento del business attorno all’attività finanziaria stretta e di un’alleanza delle potenzialità di branding legate alle attività digitali.
A partire da marzo 2022, a tal proposito, si è iniziato a parlare della liquidazione e la cessione della partecipazione (pari al 62,4% del capitale sociale) detenuta in Banca Profilo. Ma ad oggi, come riportano i dati consultabili su Market Screener, quel 62,4% resta ancora in mano a Sator.
Tinaba, nuovo gioiello di Arpe. Mentre Bp fa utili
Arpe ha riposizionato Sator sul private equity focalizzandosi su Tinaba, la società che gestisce l’omonima app lanciata negli Usa nel 2015 e che sembra destinata a diventare il fiore all’occhiello del suo conglomerato. Un’azienda in cui Sator e Banca Profilo sono co-investitori e su cui si discute da tempo di un aumento di capitale da 30 milioni di euro. Tinaba offre un conto corrente e una carta prepagata con l’aggiunta di molte altre funzionalità sia bancarie che di investimento e di risparmio.
In tal senso, gli investimenti per potenziare quest’app possono essere garantiti dal relativo stato di salute di Banca Profilo, che per effetto di interessi in aumento e margine di contribuzione in crescita ha consolidato un aumento dell’utile a 11 milioni di euro nel bilancio 2022, in crescita del 18%, e una patrimonializzazione solida, con un indice CET1 oltre il 22%. In attesa di conoscere i conti di Sator, un dato che fa sicuramente sorridere Arpe.
Tinaba-Fatto, accordo in vista?
Per lanciare Tinaba, in quest’ottica, Arpe torna ad una vecchia passione storica: il legame coi media. Di recente è stata messa in cantiera la corsa alla creazione di una carta di pagamento personalizzata con il logo de Il Fatto Quotidiano garantita da Tinaba. E si potrebbe pensare che la svolta del gruppo editoriale di Peter Gomez e Marco Travaglio a community company più digitale e più moderna possa avere l’assistenza finanziaria di Arpe nel prossimo futuro.
Un Arpe meno mondano ma non lontano da affari di peso quello che appare muoversi su più fronti. Certo, i tempi della “grande promessa” della finanza che giocava su più tavoli sembrano lontani. Ma non per questo un protagonista della storia recente della finanza italiana può esser definito uscito di scena.