È di pochi giorni fa la notizia che Exor, la holding della famiglia Agnelli, ha risolto una controversia con il Fisco italiano da oltre 847,6 milioni di dollari. La società di investimento ha pagato la somma per porre fine alla diatriba sul trasferimento della sua sede legale nei Paesi Bassi, che andava avanti dal 2016.
Exor, le contestazioni dell’Agenzia delle Entrate
Il motivo del contendere è l’applicazione da parte di Exor Spa, società con sede in Italia, delle normative fiscali in materia di esenzione dei redditi derivanti da partecipazioni. In base allo schema applicato dall’azienda, a fronte della fusione con la sua controllata olandese Exor Holding NV, il 95% di eventuali plusvalenze relative al valore delle partecipazioni sarebbe risultato esente e quindi escluso dal reddito imponibile della holding per la determinazione del gettito fiscale in Italia. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che la regola di esenzione non sia applicabile ad Exor e con una recente sentenza ha condannato il gruppo al pagamento della somma evasa.
Sebbene il caso abbia suscitato grande risonanza, soprattutto in ambito internazionale, il gruppo italo-olandese ha ribadito che l’accordo con il Fisco non è da interpretarsi come un riconoscimento, o anche una parziale ammissione nei confronti delle interpretazioni avanzate dall’Agenzia delle Entrate, ma piuttosto come uno strumento per evitare tempi e costi di un importante contenzioso fiscale.
Il maxi-accordo che vede coinvolta Exor è però solo l’ultimo di una lunga serie di controversie fiscali per le grandi aziende italiane e straniere.
I precedenti dell’accordo Exor ed il “sistema” Gucci
Solo due anni fa, Gucci, storica casa di moda oggi di proprietà del magnate francese François-Henri Pinault e dal suo gruppo Kering, ha concluso un’intesa con l’Agenzia delle Entrate. La conciliazione con la multinazionale francese, del valore di 1,25 miliardi di euro, è stata la più grande mai raggiunta con un’azienda privata, ed ha portato a galla altri fatti inediti, in Italia ma non solo, sulla gestione fiscale dei marchi di Kering. L’azienda di Pinault, considerato il 32esimo uomo più ricco al mondo secondo Forbes, è stata infatti al centro di uno scandalo che vedeva miliardi di euro sottratti a numerosi enti tributari (non solo italiani) per mezzo di un sistema di evasione – conosciuto come il “sistema Gucci” – che utilizzava una società basata in Svizzera per ridurre i costi e massimizzare i profitti.
Gli accordi con i colossi tech della Silicon Valley
Pochi anni prima, nel 2016, fu Google Italia, ramo locale del colosso di Mountain View, a dover risarcire l’erario. Il maxi contenzioso con l’Agenzia delle Entrate, culminato con un accordo da 304 milioni, aveva generato un debito verso le autorità italiane per “maggiori imposte, interessi e sanzioni dovuti per i precedenti esercizi fiscali”, comportando “oneri diversi dalla gestione” pari a 94,1 milioni di euro e “imposte relative a esercizi precedenti” per 37,7 milioni. La somma, che non corrispondeva a 304 milioni, era stata considerata comunque ragionevole dall’azienda americana, visto che il pagamento era stato spalmato su più esercizi. In ogni caso, questo esborso produsse una perdita netta di 61 milioni di euro e un saldo negativo di patrimonio netto per Google di 47 milioni.
L’accordo tra Google e l’Agenzia delle Entrate seguiva quello del dicembre 2015 tra Apple e la stessa Agenzia, con la mela di Cupertino che, in quel caso, versò più o meno la stessa cifra: 318 milioni di euro.
I casi riscontrati negli ultimi anni sono in particolar modo frutto del lavoro della Procura di Milano, che ha portato avanti una vera e propria battaglia contro l’evasione fiscale dei giganti del web, tra cui Google e Apple appunto, ma anche Amazon e Facebook, condannate entrambe a risarcire 100 milioni di euro.
Il maxi-conguaglio che Exor verserà nelle casse del Tesoro italiano è dunque solo l’ultimo capitolo – per il momento – della grande storia dell’evasione in Italia, un fenomeno arrivato ormai a superare i 150 miliardi di euro l’anno.