Home Economy L’economia mondiale cambia pelle: cosa ci dice la classifica Fortune Global 500

L’economia mondiale cambia pelle: cosa ci dice la classifica Fortune Global 500

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Il baricentro dell’economia globale si sta spostando verso est. La conferma arriva leggendo l’annuale classifica Fortune Global 500, un ranking, stilato dalla prestigiosa rivista Fortune, che include le maggiori aziende mondiali ordinate per ricavi. Ebbene, ci sono almeno tre aspetti da considerare. Il primo: ci sono appena cinque aziende italiane, segno di come l’Italia sia sempre più lontana dai palcoscenici che contano. Chi, invece, domina lo scenario internazionale è la Cina, che per la prima volta ha superato per numero di imprese statunitensi presenti nella graduatoria (136 a 124). La terza macrotendenza riguarda il tipo di aziende presenti, per lo più Big Tech, energetiche o sanitarie, che segnano il definitivo tramondo dei giganti manifatturieri.

La Cina “sorpassa” gli Stati Uniti

I campioni della Cina continuano a crescere, conquistando sempre più grandi porzioni all’interno dei rispettivi settori di azione. Nell’ultima classifica Fortune Global 500, che tiene conto di quanto avvenuto nel 2021, troviamo, come detto, 136 imprese cinesi (considerando anche Hong Kong). Per la prima volta Pechino ha superato Washington, ferma a 124 aziende, sia in termini numerici che di fatturato. Basti pensare che il 31% del fatturato complessivo generato da tutte le società presenti in graduatoria è generato, appunto, da aziende cinesi. Non è difficile spiegarne le ragioni: la maggior parte di queste aziende è concentrata nelle prime posizioni, e sono dunque tra le più ricche al mondo.

Scendendo ulteriormente nei dettagli, notiamo come vi siano 34 aziende cinese nelle prime cento posizioni. Non solo: 17 di queste sono situate nel Guandong, la più laboriosa provincia cinese. Nel 2021 il suo pil ammontava a 1.722 miliardi di euro, superando, tra l’altro, il prodotto interno lordo della Corea del Sud (1.604 miliardi di euro) e avvicinandosi a quello del Canada (1.762 miliardi). Sempre considerando le suddette 34 aziende, 28 sono imprese statali o a controllo pubblico. In generale, è impressionante il confronto tra l’attuale classifica e la graduatoria stilata 20 anni fa. Nel 2002 la Cina faceva capolino con appena 11 aziende nei primi 500 posti (3 nella top 100). Oggi l’economia globale è stata completamente stravolta dall’ascesa silenziosa del Dragone, predominante in settori strategici come la siderurgia, l’energia, banche, elettronica, veicoli a motore e sistemi ingegneristici.

Come stanno gli Usa

Detto della Cina, non resta che analizzare la situazione statunitense. Al primo posto troviamo un colosso Usa già noto. Walmart si è confermata la più grande azienda al mondo per fatturato per il nono anno consecutivo, seguita dal gigante dell’e-commerce Amazon, mentre la società tecnologica Apple si è classificata settima. A chiudere la top 10 troviamo la catena di farmacie CVS Health, l’unica società nella top 10 con un CEO donna, Karen Lynch.

Le buone notizie per Washington terminano qui. Intanto perché è sempre più evidente come il tradizionale modello del capitalismo americano sia agli sgoccioli, con i vari Genral Motors, Ibm, General Electric e Ford incapaci di tenere il passo delle Big Tech. Dopo di che è emblematico anche il fatto che il fatturatro aggregato delle società quotate con sede in Paesi di lingua cinese abbia superato quello delle società statunitensi presenti nella lista.

L’Italia ha il fiatone

Per quanto riguarda l’Italia, le uniche cinque società italiane presenti nella classifica sono Generali (72esimo posto), Enel (90esimo), Eni (111esimo), Intesa Sanpaolo (298esimo) e Poste Italiane (378esimo). Stellantis e il Gruppo Exor, multinazionali registrate in Olanda ma con produzioni sul territorio italiano, si trovano rispettivamente al 29esimo e 293esimo posto. Il confronto con Germania e Francia è senza storia, visto che Berlino conta 28 aziende in graduatoria e Parigi 25. Anche in questo caso, come fatto per la Cina, può essere utile fare un tuffo nel passato. Nel 1990, ad esempio, l’Iri si piazzava settima (dove oggi troviamo Apple), la Fiat 13esima (al posto di Toyota), l’Eni 18esima (al posto di Samsung), Pirelli 156esima e Olivetti 179esima (oggi al pari di Lenovo).

Il declino economico internzionale italiano, soprattutto se messo accanto all’ascesa di altri Paesi, è dunque evidente. Da quando i grandi gruppi pubblici di Roma sono stati smantellati e quelli privati sono caduti in rovina – pensiamo a Olivetti e Montedison – il ruolo dell’Italia nell’economia globale si è decisamente ridimensionato. Nel frattempo Saudi Aramco, la compagnia nazionale saudita di idrocarburi, sesta azienda al mondo per fatturato, è diventata la più tedditizia al mondo con ben 105miliardi di dollari di guadagni. Il mondo cambia ma non sempre l’Italia riesce a tenere il passo.

LA CLASSIFICA FORTUNE GLOBAL 500