Antonio Gozzi è sul filo per farcela, ma non ancora certo: per ora la corsa a Confindustria è un testa a testa tra Edoardo Garrone, patron di Erg, e Emanuele Orsini, ex presidente di FederlegnoArredo. Sul presidente di Federacciai e patron di Duferco pende per ora il dilemma del superamento del fatidico quorum del 20% del voto dei delegati all’Assemblea Generale che è premessa necessaria per partecipare alla corsa alla presidenza.
Confindustria, una volata da 1-X-2
La partita per Confindustria è da 1-X-2. E che il ritiro del vicepresidente Alberto Marenghi dalla partita apra a prospettive importanti. In sostanza: Orsini spera nella corsa a due, Garrone nella dispersione dei voti di Marenghi, Gozzi punta sulla partita a tre per uscire vincitore dalla volata.
La metafora è tutta ciclistica. Nelle volate a due vince chi ha più slancio, in quelle a tre chi riesce a uscire dai blocchi e dalle situazioni di controllo reciproco. Chi sostiene Gozzi ricorda del 2000, quando a lungo la corsa sembrò essere a tre tra Antonino D’Amato, rappresentante degli imprenditori del Sud, il presidente di Assolombarda Benito Benedini e Carlo Callieri, vicepresidente in carica e favorito della vigilia. Il ritiro di Benedini spianò la strada alla vittoria, a sorpresa, di D’Amato. Il quale, en passant, oggi è grande elettore di Gozzi.
La scelta decisiva dei saggi
Nella corsa a Confindustria spesso un evento esogeno può spostare gli equilibri. Nel 2000 fu il ritiro di Benedini. Oggi, per Gozzi, il fattore-chiave, è il verdetto dei “saggi” chiamati a ratificare ogni aggiornamento dello status dei candidati. Col ritiro di Marenghi sia Garrone che Orsini hanno superato la soglia del 20% dell’assemblea per essere ammessi di diritto al voto finale che coinciderà col Consiglio Generale di inizio aprile. Gozzi, secondo calcoli ottimisti, col sostegno delle territoriali di Legnano, Umbria e Reggio Emilia potrebbe superare il 21,8% dei consensi, approfittando della spartizione dei voti di Marenghi.
Chi deciderà sull’ingresso di Gozzi al voto finale
Ma se così non dovesse essere, i tre saggi potrebbero rompere gli indugi e scegliere di ammettere comunque Gozzi al voto. Lo statuto lo permette. In questa fase, sarebbe anche una questione di opportunità.
Il motivo? A nostro avviso, spicca in quest’ottica la rappresentanza fortemente industriale del leader degli acciaieri, il peso della siderurgia nel comparto confindustriale, la necessità di fare chiarezza in una corsa apertissima e senza un favorito chiaro. Nel 2000 D’Amato fu ammesso al voto finale pur senza avere il 20% a suo favore.
Oggi la palla è nella mano di tre figure scelte da Viale dell’Astronomia: la presidente dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù Mariella Enoc; l’ex presidente di Confindustria Trentino Ilaria Vescovi; l’ex presidente di Confindustria Bergamo e ex vicepresidente di Confindustria nazionale e dell’aeroporto di Bergamo Andrea Moltrasio. A loro la delicata necessità di vidimare tutte le candidature e scegliere tra necessità e pragmatismo. I saggi rappresentano anime della società, dell’economia e dell’imprenditoria differenti tra di loro e dovranno saper deliberare senza dividere.
Una sfida d’alto profilo
Confindustria ha, in quest’ottica, la possibilità di veder andare in scena una sfida per la presidenza di alto profilo come non si vedeva dal 2012, quando Giorgio Squinzi di Mapei sconfisse sul filo Alberto Bombassei della Brembo in una partita che ebbe al centro due capitani d’industria che si sfidarono sui temi senza delegittimarsi a vicenda.
Tre anime in campo
Con l’ingresso di Gozzi nella corsa finale, sarebbero della partita tre visioni dell’associazionismo differente: con Gozzi, quella dell’industria dura e pura, della siderurgia divenuta “industria delle industrie” come terreno d’applicazione di innovazioni e sistemi tecnologicamente e energicamente avanzati di fronte alle sfide globali per il comparto manifatturiero.
Con Garrone, sarebbe rappresentata l’anima legata al settore energetico cui fanno riferimento le maggiori portatrici d’interesse di Viale dell’Astronomia, dai produttori di energia alle utilities.
Assieme a Orsini, si presenta ai nastri di partenza la voce profonda dell’imprenditoria lombarda e del Nord che lega l’attività produttiva a una spinta attiva sul lato “politico” dell’associazionismo, fondamentale per un’associazione datoriale che si voglia dare un futuro.
Confindustria e il ruolo decisivo del Nord per unire
Risulta interessante sottolineare come trasversalmente l’anima imprenditoriale del Nord, dal Piemonte al Triveneto passando per la Lombardia, non abbia preso posizione univocamente per uno o l’altro candidato. Una cartina di tornasole dell’indecisione ma anche della necessità di fare squadra che, soprattutto nel suo cuore produttivo, l’Italia degli industriali reclama in tempi complessi. E ogni anima può e deve esaltare l’altra.
La nostra idea, in quest’ottica, è chiara: la soluzione migliore sarebbe veder il candidato vincente offrire ai due avversari la vicepresidenza con deleghe pesanti per mostrare la necessità di unire queste tre anime e far finire una stagione di dissapori interni. Ne va del futuro dell’industria. E, in parte, della rappresentanza di corpi intermedi che attraversano una fase di crisi. In quest’ottica, la scelta dei saggi di lasciare alla base, cioè all’imprenditoria, la massima libertà di scelta può dare un senso a regole elettorali sicuramente aleatorie ma che sono pensate proprio per offrire chiarezza e democrazia al sistema.