Perché questo articolo potrebbe interessarti? L’Italia e l’Unione europea hanno raggiunto scorte record di gas. Le capacità di stoccaggio sono piene per oltre il 97%. Un dato incoraggiante ma che, da solo, non basta a farci tirare un sospiro di sollievo in vista dell’inverno. Ecco quali fattori potrebbero cambiare lo scenario. E perché l’ombra dei prezzi in crescita continua a far paura.
Le scorte di gas, raccontano i dati Gie, hanno superato il 97% della capacità di stoccaggio in Italia e nell’Unione europea. Una bella boccata d’ossigeno dopo il terremoto energetico figlio della guerra in Ucraina, direte voi. Un chiaro segnale, potrebbe essere il prosieguo del vostro ragionamento, di come, finalmente, siamo riusciti a rimpiazzare la Russia.
No, nonostante l’ottimismo sbandierato, tutto questo non basta per risolvere il problema dell’approvvigionamento energetico. Troppe le variabili da considerare, sia nel medio che nel lungo periodo. Senza dimenticare l’incognita del prezzo, in continua crescita.
“Siamo entrati in una nuova era. Dobbiamo scordarci i prezzi di quando acquistavamo il gas naturale russo via tubo a prezzi favorevoli”, ha ha spiegato a True-news l’analista geopolitico ed economico Demostenes Floros.
Non solo scorte: gli altri fattori da considerare
Per capire se (e come) l’Italia riuscirà a superare indenne questo inverno dobbiamo considerare molteplici fattori. Possiamo partire dalle scorte accumulate. “Siamo a livelli record. Da questo punto di vista, in termini di percentuali di scorte, Italia e Ue si trovano in una delle migliori situazioni degli ultimi 10-15 anni. Il punto è che le scorte accumulate, di solito, non sono sufficienti per affrontare tutta la stagione invernale. Al contrario, coprono mediamente il 40% dei consumi stimati nel corso di quel periodo”, ha dichiarato Floros.
In sostanza, oltre a consumare le sue scorte, un Paese deve continuare ad accumulare gas. E questo per far fronte, tra gli altri, all’interrogativo più aleatorio di tutti: quello delle condizioni climatiche. Le temperature possono infatti essere più o meno rigide, influenzando i consumi di gas al rialzo o al ribasso.
L’anno scorso siamo stati fortunati per una serie di ragioni. In primis, perché l’inverno è stato particolarmente caldo, con un conseguente calo del consumo gas. Poi perché si è registrato un calo dei consumi da parte della Cina per la prima volta in 20 anni. “L’Europa è così riuscita a mettere mano su gran parte del gnl rimasto in giro per il mondo. Gas, in altre parole, che non poteva prendere la direzione cinese e che è stato attratto dai prezzi europei più alti”, ha puntualizzato ancora Floros.
C’è un terzo punto da considerare: diverse navi metanifere hanno rotto i loro contratti con altri Paesi per prendere la direzione dell’Europa. Il motivo lo abbiamo già enunciato: il Vecchio Continente offriva un prezzo più alto.
Come sarà l’inverno “energetico” dell’Italia
Quale potrebbe essere la situazione per la prossima stagione invernale? “Molto dipenderà dalle condizioni atmosferiche. Avremo un inverno mediamente freddo, particolarmente freddo o più caldo del solito, come l’anno scorso?”, si è chiesto Floros.
Diversa, invece, la situazione relativa alla domanda cinese di gas naturale, che è in aumento. “Vuol dire che il mercato europeo del gnl e quello asiatico rischiano di ritrovarsi in una situazione di competizione per accaparrarsi le navi metanifere. Questo può comportare un aumento del prezzo del gas”, ha spiegato l’analista.
In definitiva, se l’inverno dovesse rivelarsi freddo, o se qualche fornitore dovesse incappare in problemi di fornitura – anche per questioni di natura geopolitica – le previsioni cambierebbero radicalmente.
L’aumento del prezzo del gas
Capitolo prezzo. “Nel decennio 2009-2021, i prezzi medi nel mercato regionale europeo erano di circa 19,4 euro per megawattora. Adesso il prezzo, seppur più basso di un anno fa, è un multiplo di quella cifra. Di 2,5 o anche 3 volte più grande. E la situazione non può che peggiorare”, ha fatto presente Floros.
Lo scenario non promette nulla di buono, visto che Europa e Asia cercheranno di attirare le navi metanifere. “Temo un incremento di prezzo e di costo del gas. D’altronde, l’apparente equilibrio che stiamo vivendo nel mercato del gnl è figlio del crollo della domanda. Tenendo poi conto che una sostituzione completa dal gas russo non avverrà prima del 2026-27, abbiamo ancora due o tre inverni particolarmente difficili da affrontare. In questo periodo, le condizioni metereologiche saranno il primo fattore da analizzare”, ha concluso lo stesso Floros.