Un disastro annunciato. Nell’arco di cinque anni sono andati “bruciati” 1.639 giornalisti in attività iscritti all’Inpgi (il 10% del totale) che non prendono la pensione, passando dai 16.366 del 2014 ai 14.727 del 2019. Lo scrive la Corte dei Conti nella sua relazione sull’Istituto di Previdenza dei Giornalisti Italiani “Giovanni Amendola”, la cassa previdenziale della categoria.
Un dissesto recente
Metà del crollo dell’ultimo lustro considerato dai magistrati contabili (2014-2019, con dati aggiornati al 27 febbraio 2020) è imputabile all’ultimo anno: gli iscritti in attività hanno fatto segnare una diminuzione di 865 unità rispetto al 2018 (-5,5 per cento) con un trend negativo per tutte le categorie considerate: minor numero di giornalisti professionisti (-638) e pubblicisti (-213), oltre a una lieve diminuzione del numero dei praticanti (-14).
Il tutto mentre è cresciuto il numero degli iscritti alla gestione sostitutiva che, al 31 dicembre 2019, erano pari a 35.843 unità, a fronte delle 35.714 del 2018, di cui 7.268 pensionati diretti (7.239 nel 2018). Sono aumentati anche i pensionati complessivi in 5 anni: dagli 8.234 del 2014 ai 9.624 (+1.390) del 2019. Per ogni giornalista in pensione ci sono 1,53 giornalisti in attività. Il rapporto era 1 a 2 non troppo tempo fa.
Confronto impietoso
Numeri che raccontano almeno due storie. La prima emerge dal confronto con il quinquennio precedente, che aveva visto l’ingresso a bomba dei “freelance” nel mercato del lavoro editoriale: l’esplosione degli iscritti alla gestione separata dai 25.815 del 2008 ai 40.534 del 2014 con aumenti in tutte le categorie dei collaboratori non dipendenti a fronte del crollo dei giornalisti-dipendenti e la “ristrutturazione” delle aziende editoriali con tagli al personale. Esplosione della Partita IVA oggi rientrata, o comunque “congelata” sui livelli del 2011-12, con i 35.843.
Dall’altra, i conti dell’Inpgi: l’ammontare dei trattamenti pensionistici nel 2019 è stato pari a 535,94 milioni di euro, a fronte di contributi versati dagli iscritti alla Cassa per 349,12 milioni, dei quali poco più di una decina di milioni con riferimento ad anni precedenti. Il saldo è andato peggiorando progressivamente, con un allargamento significativo della forbice che è passata da meno 178,19 milioni del 2018 a meno 186,82 del 2019 e un aumento degli oneri per i trattamenti pensionistici dell’1,55 per cento nell’ultimo esercizio.
I costi complessivi
Una situazione che, come analizzato da Professione Reporter EU, sulla base della stessa relazione Corte dei Conti, non sembra preoccupare i vertici della Cassa. “Nel 2019 – scrive la testata di settore – il presidente del Consiglio di amministrazione ha percepito 234.576 euro lordi più 9.236 euro di rimborsi per missioni per un totale di 243.812 euro. Il presidente del collegio sindacale ha percepito 66.536 euro più 15.323 di rimborsi per missioni: totale 81.859. In totale i componenti degli organi di gestione di Inpgi 1 (giornalisti dipendenti) hanno ricevuto compensi per1.040.694 euro, mentre gli organi di gestione di Inpgi 2 (giornalisti autonomi) sono costati 180.076. Certifica la Corte dei Conti che le indennità di carica degli organi collegiali per il 2019 sono aumentate dell’1,1 per cento rispetto alle indennità del 2018. Nel 2019 i costi complessivi per gli organi sociali di Inpgi 1, inclusi gli oneri previdenziali e assistenziali, sono aumentati del 2,65 per cento rispetto al 2018.
Il costo complessivo per il personale è aumentato del 2,88 per cento rispetto al precedente esercizio. L’importo include il costo degli otto dirigenti e del Direttore generale, che ammonta a 2,19 milioni (inclusi oneri previdenziali e assistenziali), per un costo medio del solo personale dirigente pari a 242.881 euro”.