Perché questo articolo potrebbe interessarti? Il governo Meloni ha ereditato numerosi tavoli di crisi aperti, con importanti aziende coinvolte e il futuro di centinaia di lavoratori ancora in bilico. Se alcuni casi sono stati congelati, come Wartsila e Jabil, altri sono in attesa di soluzioni.
Più che un autunno caldo, per il governo Meloni si prospetta un inverno caldissimo. Uno dei dossier più scottanti riguarda le decine di tavoli di crisi aperti ereditati – molti dei quali ancora in standby o congelati. Se ne contavano 69 al 22 dicembre 2021, numero poi salito a 87 alla fine dello scorso agosto.
In via Veneto, il Ministero dello Sviluppo Economico deve fare i conti con i nodi Blutec, Elica, ex Embraco. E ancora: Gkn, Giannetti Ruote e Wartsila, soltanto per citare qualche nome. Il fenomeno delle delocalizzazioni aleggia imperterrito sul destino di centinaia e centinaia di lavoratori. Senza considerare la transizione ecologica che minaccia il settore dell’automotive. Ovvero: un comparto chiave dell’economia dell’Italia.
I tavoli di crisi più caldi
Uno degli scenari da monitorare con la massima attenzione riguarda il caso Gkn di Campi Bisenzio. Il 30 novembre si è svolto al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) l’incontro tra il ministro Adolfo Urso, il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e il sindaco di Firenze Dario Nardella per la questione Qf ex GKN Driveline. Risultato: la richiesta a tutti i lavoratori di consentire l’accesso allo stabilimento e, alla società, di redigere e formalizzare il piano necessario per la richiesta di cassa integrazione. Ma il futuro industriale dello stabilimento è ancora tutto da scrivere. E, intanto, sono due mesi che gli stessi lavoratori non percepiscono lo stipendio.
Nelle Marche, a ottobre, le posizioni tra Elica e i sindacati erano ancora distanti. Ricordiamo che la vertenza è partita lo scorso 31 marzo, con la presentazione di un piano di riorganizzazione aziendale a base di delocalizzazioni ed esuberi. L’iniziale piano strategico 2021-2023 prevedeva 409 esuberi su 560 dipendenti complessivi del settore Cooking nel comprensorio fabrianese. Oltre a delocalizzazioni del 70% di produzioni dall’Italia verso la Polonia, e la chiusura dello stabilimento produttivo di Cerreto D’Esi. Il congelamento non potrà tuttavia proseguire in eterno.
Mise di fuoco
Se c’è ancora da capire come, e con quali investitori, rilanciare il sito produttivo Blutec, la crisi ex Embraco è stata inghiottita dalla crisi di governo. Anche in questo caso, il processo di reindustrializzazione è senza risposte certe. Impossibile elencare tutte le crisi o i tavoli aperti.
Il 17 novembre si è invece tenuto un incontro, a Palazzo Piacentini, il tavolo Wartsila alla presenza del capo di gabinetto del MIMIT Federico Eichberg, del coordinatore della struttura per le crisi di impresa Luca Annibaletti, dei vertici aziendali, dei sindacati e degli enti locali. Il Ministero ha informato che ci sono delle interlocuzioni in corso per rilanciare l’impianto e che è stato riscontrato “il positivo orientamento della proprietà” ad impegnarsi a garantire “la continuità produttiva”. Le trattative procedono.
Mesi caldissimi all’orizzonte
Sulla vertenza Jabil – la multinazionale Usa dell’elettronica con stabilimento produttivo a Marcianise- gli ultimi tavoli istituzionali di confronto hanno partorito la sospensione dei licenziamenti fino a fine gennaio e l’estensione della cassa integrazione fino alla stessa data. Il Ministero ha dato l’ok per la copertura della cassa integrazione fino al 31 gennaio 2023, così come richiesto dalla stessa Jabil.
Senza questo passaggio, la cassa integrazione di cui usufruiscono i dipendenti Jabil di Marcianise sarebbe scaduta l’11 dicembre prossimo, e da quel momento l’azienda avrebbe potuto iniziare ad inviare le lettere di licenziamento per 190 dipendenti. La palla passa adesso al Mise, chiamato a reperire soluzioni industriali per evitare nuova disoccupazione. Si prospettano insomma mesi densi di impegni per i ministri del Lavoro e dello Sviluppo Economico del nuovo governo Meloni, rispettivamente Marina Elvira Calderone e Adolfo Urso.