Come cambierà il mercato immobiliare italiano nel post-covid? Una domanda alla quale sembra difficile fornire una risposta univoca. Le analisi delle società specializzate in real estate danno infatti letture differenti e spesso contrastanti rispetto alle prospettive di un settore complesso, su cui agiscono dinamiche molto varie.
“Impatto della pandemia su tutte le asset class”
Un esempio arriva dalla ricerca condotta dall’ufficio studi di Gabetti e Patrigest, società di consulenza del gruppo. “La pandemia di Covid-19 sta avendo un impatto su tutte le asset class, seppur in modo differenziato tra i diversi settori”, spiega Nadia Crisafulli, operations manager di Patrigest. “Il residenziale si è dimostrato il più resiliente, la logistica quello emergente. L’hospitality e il retail hanno subito le maggiori conseguenze, mentre il comparto degli uffici necessita di essere ripensato”. Un panorama variegato, che fa dire all’esperta che “nella valutazione immobiliare dobbiamo tenere conto di tutti questi aspetti, in un contesto italiano che ha visto nel primo semestre 2021 una ripresa delle transazioni e un maggiore ottimismo, grazie alla campagna vaccinale in corso”.
Da parte sua Nomisma, nel quattordicesimo rapporto sulla finanza immobiliare, descrive un “momento difficile”, evidenziando “margini di ottimismo” ma sottolineando la necessità di mantenere una certa prudenza. I dati positivi, secondo la società, sono rappresentati dai mutui convenienti, dalle misure di sostegno al reddito, dai bonus erogati per effettuare vari tipi di lavori di ristrutturazione e dai fondi che arriveranno attraverso il Pnrr.
Scenari immobiliari post-Covid: il desiderio delle famiglie di acquistare casa
D’altro canto, sempre più famiglie hanno deciso di comprare una casa in questo periodo, magari scegliendo soluzioni con spazi più ampi, anche fuori dai grandi centri urbani, ma su 26 milioni di nuclei familiari solo uno dispone effettivamente delle risorse per sostenere l’acquisto.
Il rischio, secondo Nomisma, è quindi che molte persone sovrastimino la loro effettiva capacità di poter comprare una casa; bisogna inoltre presumere che il mercato del credito resti favorevole e che le banche restino propense a investire, senza incorrere in bolle simili a quella del 2008. Le compravendite immobiliari residenziali, osserva la società, dovranno registrare una sostanziale tenuta, con 629mila transazioni nel 2021, 600mila nel 2022 e 625mila nel 2023. Tuttavia, come fa notare un altro report, questa volta a firma di CBRE Italy, “il mercato è per adesso concentrato quasi esclusivamente su Milano, dove la mancanza di prodotto sta spingendo gli investitori verso attività di sviluppo sia nei grandi comparti di rigenerazione urbana sia tramite iniziative più granulari nel tessuto urbano consolidato”.
Dagli scenari immobiliari è incerto il futuro degli uffici. Soffre il turismo
Se guardiamo al segmento non residenziale, panorama e prospettive cambiano molto a seconda dei settori: il turismo soffre, prospera la logistica, mentre per quanto riguarda il terziario – in particolare uffici, retail e centri direzionali – le incognite sono tante. La ricerca di Gabetti sottolinea come “una delle conseguenze della pandemia e del maggiore ricorso allo smart working sia stata l’emergere di una nuova esigenza abitativa, che sta inducendo molte persone e famiglie a ripensare gli spazi della casa”. E non solo: anche gli uffici, secondo la società, diventeranno “più spazi di rappresentanza, ambienti dove ci si incontra per riunioni di allineamento, brainstorming e team building”. Per quanto molte aziende stiano spingendo per il rientro dei lavoratori in sede, il futuro del segmento uffici resta incerto: secondo CBRE nel primo semestre gli investimenti nel settore sono stati pari a 740 milioni di euro, in forte contrazione rispetto ai primi sei mesi del 2020. Per Gabetti “le minori transazioni registrate fotografano una situazione – tuttora in atto – caratterizzata da un generale attendismo. Aziende e operatori stanno cercando di capire che strada intraprendere nel post pandemia riguardo alla gestione e alla modalità del lavoro”.
Crescono gli investimenti nel real estate commerciale
Nel primo semestre, rivela il report di CBRE, gli investimenti complessivi nel real estate commerciale in Italia hanno raggiunto un volume di 3,2 miliardi di euro, in calo del 22% rispetto allo stesso periodo del 2020. Ad attirare l’attenzione degli investitori è in particolare la logistica, che anche secondo Gabetti è “il settore che meglio ha attutito il rallentamento delle attività dovute alla chiusura”, con una “vivacità determinata in particolare dallo sviluppo dell’e-commerce”. Per CBRE i volumi di investimento in immobili destinati alla logistica sono più che raddoppiati rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, attestandosi a quota 620 milioni di euro, e “il mercato attrae anche investitori generalisti o comunque non specialisti del segmento, interessati anche a componenti speculative”.
Scenari immobiliari post-Covid: la crisi del segmento alberghiero
Se sulla logistica le opinioni sono concordi, non è così per gli immobili a uso turistico: il segmento alberghiero, pesantemente penalizzato dalla pandemia, secondo CBRE ha registrato una “ripartenza interessante nel secondo trimestre” 2021, con le performance che “mostrano segni di ripresa, soprattutto in città come Venezia e Milano”, mentre è “più lento il recupero in mercati quali Roma e Firenze, fortemente trainati dalla domanda americana, ancora pressoché assente”. Gabetti, che pure vede un ritorno ai risultati del 2019 in 2-4 anni, sottolinea come il futuro dell’hotellerie passi dalla capacità di soddisfare nuove esigenze, come quella di spazi per lo smartworking e per le cosiddette “workation” (neologismo nato dall’unione di work e vacation), con un cambiamento di paradigma che vede l’hotel non solo come struttura dove pernottare, ma anche per uso diurno. Ma i flussi turistici non passano solo dagli alberghi ed ecco che Otex, il primo osservatorio sul turismo residenziale extralberghiero in Italia promosso dall’associazione Property Managers Italia, avvisa: la ripresa per questo segmento sta ancora tardando ad arrivare.
A marzo e aprile 2021, sottolinea il report, in alcune città è andata peggio che nel 2020: in particolare a Venezia e Firenze, che a marzo hanno registrato rispettivamente cali di fatturato del 75% e del 74% rispetto al 2019, e ad aprile dell’84% (per entrambe). Solo a maggio Milano e Venezia hanno iniziato a contenere le perdite, registrando valori migliori rispetto al 2020. Come ha osservato Stefano Bettanin, presidente di Property Managers Italia, associazione nazionale di categoria del turismo residenziale, “i numeri parlano chiaro, dovremo faticare ancora molto per recuperare quello che abbiamo perso. Ma il governo italiano è immobile: a distanza di mesi non abbiamo ancora visto una misura concreta per il turismo e non abbiamo gli aiuti di cui beneficiano i nostri competitor europei. Tutti i Paesi hanno capito che l’extralberghiero è una risorsa per la ripartenza: l’Italia ancora no, e questo ci amareggia molto“.
*di Chiara Merico