Al telefono i titolari della Barizza International non vogliono parlare, sin dalle prime ore. “Richiamate fra tre ore”, “richiamate settimana prossima”, è il mantra delle segretarie al centralino.
Caporalato a Grafica Veneta, c’è una seconda azienda: è la Barizza International
Come rispondono alle accuse? Una Pec, inviata in fretta e furia all’Adl Cobas, quando il sindacato ha chiesto un incontro urgente a inizio agosto dopo essere stato contatto da lavoratori stranieri. Una mail dove l’azienda nega qualsiasi coinvolgimento nell’inchiesta “Pakarta” per caporalato e sfruttamento dei Carabinieri e dei magistrati di Padova che ha messo nel mirino la cooperativa di manodopera per il confezionamento di beni non alimentari BM Services di Lavis (Trento), gestita dai pakistani Mahmood Arshad Badar e figli, e i vertici del colosso mondiale dell’editoria, Grafica Veneta, che fra le centinaia di titoli stampati ha pubblicato Harry Potter e i libri di Barack Obama. Con l’iscrizione sul registro degli indagati dell’amministratore delegato Giorgio Bertan e del procuratore Giampaolo Pinton con l’accusa di aver tentato di ostacolare l’indagine.
L’audizione del procuratore di Padova, Antonio Cappelleri, Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro
Tecnicamente hanno ragione, perché ai vertici della Barizza International nulla è contestato in quell’indagine anche se i pm veneti parlano di approfondimenti in corso e il procuratore di Padova, Antonio Cappelleri, ha detto il 3 agosto davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia di avere sette diversi fascicoli aperti per caporalato al momento sulla sua scrivania. Aggiungendo come, nei fatti, sia “la legge che consente questo tipo di intermediazione” e “la stessa cosa vale per le frodi all’Iva, finché non si cambiano le leggi questi reati continueranno ad accadere”.
Ma più di eventuali illeciti o responsabilità penali, in questa storia a colpire sono i silenzi del produttivo nord est e alcune stranezze. A cominciare da un indirizzo: via dell’Industria 3 a Loreggia, Padova.
Caporali pakistani e Barizza International registrati allo stesso indirizzo
Si tratta della sede ufficiale della Barizza International, dagli anni ’80 legatoria di lusso anche se non ai livelli planetari della Grafica Veneta. Azienda da 6,5 milioni di fatturato, oggi controllata a minoranza dalla famiglia Serena (Demis, Luca e Paolino Serena) e a maggioranza dall’Industria Meccanica Lombarda (IML) di Cremona che detiene il 66% delle quote. Che ha scelto l’amministratore delegato, Fiorella Brunelleschi, già numero uno del gruppo IML e presidente della B3Glam srl, altro colosso cremonese di produzione, ricerca e sviluppo e confezionamento di prodotti cosmetici.
Ma via dell’Industria 3 a Loreggia è precisamente anche la sede dell’unità locale di Padova della BM Services di Lavis, come emerge dalle visure camerali del gruppo cooperativo di pakistani accusato di sfruttamento lavorativo ed efferatezza varie sugli operai che vanno dal pestaggio degli operai all’obbligo di stornare i costi per l’affitto dallo stipendio. Un fatto certo che emerge dalla carte è come la BM Services, oltre a condividere la sede legale, abbia lavorato anche per la Barizza International. Lo scrivono i magistrati che parlano di “lavoratori impiegati” presso l’azienda. Lo dicono i documenti societari della BM visionati da True-News che su 54 dipendenti totali ne colloca 17 nel Comune di Loreggia, e non a Trebaseleghe dove ha sede la Grafica Veneta con i restanti 34 operai in somministrazione.
La difesa del presidente di Grafica Veneta, Fabio Franceschi: “La coop dei pakistani ha appalti in tutto il nord”
E infine lo aveva lasciato intendere lo stesso patron e presidente del colosso editoriale, Fabio Franceschi, difendendo la propria azienda e la reputazione dei suoi due manager indagati. “Si ritiene di evidenziare che la società che gestiva l’appalto – recita una nota dell’azienda rilasciata poche ore dopo lo scoppio dell’inchiesta – è interessata di altri analoghi appalti non solo in Veneto ma anche in altre Regioni del Nord Italia, infatti le prestazioni di Bm in favore di Grafica Veneta rappresentano una modestissima parte del totale dell’ attività svolta proprio nel settore grafico, da questa società”. Come a dire: non ci siamo solo noi, tutti lavoravano con la BM Services. L’Adl Cobas di Padova conferma: “A prescindere dalle responsabilità penali – hanno detto i sindacalisti durante un presidio fuori dalla Barizza International il 5 agosto – almeno 10 lavoratori prestavano servizio per questa seconda azienda alle stesse condizioni retributive e contrattuali di Grafica Veneta“.
Sfruttamento sul lavoro. Padova, Trento e i silenzi del produttivo nord est
La morale? Tutti, o tanti, sapevano. Nessuno parlava. Così vanno le cose nel territorio euganeo che conta almeno 100mila aziende con una platea lavorativa di 300mila addetti, nel 2020 attraversato dal boom di contagi Covid e allo stesso tempo essendo una delle spine dorsali produttive del Paese.
Come nessuno parlava (o sapeva?) nella ricca e cattolica Provincia Autonoma di Trento. I caporali pakistani di Mahmood Arshad Badar e famiglia, con dei bilanci ridicoli rispetto al numero di dipendenti come facilmente verificabile al registro imprese, hanno la propria base operativa a Lavis. Lungo la direttrice che collega il capoluogo tridentino con le ultime industrie di Trento Nord e i terreni agricoli del made in Trentino, che si esporta in tutta Italia e nel mondo: a due tiri di schioppo dalle eccellenze enologiche delle cantine vitivinicole La-Vis e la Cavit di Mezzocorona da milioni di bottiglie all’anno. Con alle spalle i vigneti del Teroldego e del Muller Thurgau. A pochi chilometri dall’Istituto e Centro di Ricerca di San Michele all’Adige che nei Duemila ha mappato per la prima volta il genoma della vite, diventando per sempre eccellenza europea e mondiale nel settore agricolo. Nemmeno lì qualcuno si era accorto delle botte sui migranti, dell’uso semi gratuito di richiedenti asilo ospitati dalle parrocchie del territorio per lavorare, degli stipendi decurtati a fine mese. Tutti troppo impegnati a lavorare, per vedere come si lavora per davvero.