Sono pronti a patteggiare nel corso delle indagini un risarcimento alla comunità pakistana da 200mila euro in manager di Grafica Veneta Giorgio Bertan e Gianpaolo Pinton. Il loro avvocato, Fabio Pinelli, irraggiungibile per un commento nel corso della settimana, ha depositato la richiesta al pm Andrea Girlando che coordina l’indagine per caporalato sul colosso padovano dell’editoria.
Grafica Veneta, i manager chiedono di patteggiare 200mila euro di risarcimento
Duecentomila euro come patteggiamento di una pena pecuniaria per il reato di “intermediazione illecita di manodopera e sfruttamento del lavoro” per evitare il processo e portare avanti la linea che dai primi avvisi di garanzia ha caratterizzato l’azienda che ha stampato i libri di Barack Obama e la saga di Harry Potter: nulla sapevano – sostengono – del sistematico sfruttamento messo in atto dalla società con i subappalti su alcune lavorazioni, la BM Services di Lavis gestita da un uomo pakistano e dal figlio.
I sindacati e l’azienda tornano in Prefettura
Sono ripresi intanto i tavoli in prefettura a Padova per risolvere il nodo occupazionale. Il primo incontro c’è stato il 2 settembre dopo che in agosto i rapporti si erano surriscaldati con scambi di accuse reciproche fra sindacati e avvocati dell’azienda. Adl Cobas e Fiom chiedono l’assunzione dei pakistani, circa 20, e contemporaneamente hanno portato al tavolo anche la Barizza International, altra legatoria della zona non coinvolta penalmente nell’inchiesta ma che utilizzava nel proprio sito produttivo manodopera dalla stessa società subappalatatrice accusata di caporalato.
Caporalato, il nodo lavoratori da assumere
Sul numeri di 20 lavoratori da regolarizzare si discute. In estate l’avvocato Emanuele Spata, vicino al patron di Grafica Veneta Fabio Franceschi e tra i maggiori giuslavoristi del nord est, aveva sparato a zero sui sindacati. “Ho la sensazione che qualcuno – ha detto riferendosi ha detto ai giornali locali – voglia approfittare della situazione. Fanno passare Grafica Veneta per truffatrice per truffarla. Attenzione questo è un terreno molto pericoloso”. Aggiungendo che “La procura ha dato per scontato che lavorassero (i migranti NdR) dodici ore al giorno per sette giorni, ma non c’è stata nessuna perizia che lo può confermare. Il signore che ha lavorato solo sette ore non mi pare una vittima, al contrario. E’ uno che si vuole approfittare di una situazione. Io la vicenda la conosco meglio di chiunque altro”. Frasi che a Padova hanno scatenato la furia dei rappresentanti dei lavoratori.
Ma su questo nodo si gioca la battaglia lavorativa – più che penalistica – più rilevante. I Cobas e la Cgil padovani hanno ripreso in mano le carte dell’ordinanza di custodia cautelare. Grafica Veneta ha infatti sostenuto di non essere in grado di sapere con precisione quanti lavoratori della BM Services venissero utilizzati nelle lavorazioni perché la gestione dell’appalto era propria dell’azienda trentina e, quindi, quanti e quali potrebbero aver diritto a un percorso di inserimento definitivo in azienda dopo aver già annunciato per bocca del numero uno di voler fare a meno degli appalti: troppo rischiosi e incontrollabili.
Grafica Veneta, le intercettazioni
Tuttavia in alcune intercettazioni prodotte nelle carte di inquirenti e Gip si sente l’amministratore delegato Giorgio Bertan parlare al telefono con Mahomood Arshad Badar, capo della BM Services. Discutono dei carichi di lavoro e Bertan dice all’uomo pakistano “noi all’inizio di giugno abbiamo un bel carico perché oltre all’aspetto mascherine, abbiamo libri, abbiamo un bel carico. Tu hai sempre questi 8 o li hai giù rimpiazzati?”. Risponde Badar: “Ora siamo a 10. Possiamo arrivare a 15”. E Bertan invece lo invita: “Io ti direi: torna sui numeri che abbiamo sempre avuto dai, secondo me c’è spazio in questo momento” sentendosi rispondere dall’uomo accusato di caporalato “noi siamo sempre stati sulle 20 persone“. Per i sindacati un’intercettazione cruciale perché mostrerebbe la chiara conoscenza del quadro lavorativo negli appalti.
I sindacati: “Prove schiaccianti, l’azienda sapeva”
Tanto che i Cobas e Cgil-Fiom di Padova hanno rilasciato un duro comunicato parlando di ” prove schiaccianti” come dimostrerebbe secondo loro anche la richiesta di patteggiamento. “Tutto ciò ci porta a dire che quello che abbiamo sempre sostenuto dall’inizio della vicenda e cioè, che l’azienda era perfettamente al corrente di quello che succedeva all’interno di Grafica Veneta” scrivono le due sigle chiedendo l’assunzione dei lavoratori e non risarcimenti ad “una non meglio precisata comunità pakistana”.
“Assumere i lavoratori pakistani”
La soluzione dei sindacati? “Sedersi al tavolo Prefettizio, verificare chi effettivamente lavorava in Grafica Veneta ed in base a riscontri oggettivi, che ci sono, procedere alle assunzioni di tutti quei lavoratori che avevano il badge per entrare in Grafica Veneta o che utilizzavano quello di qualcun altro, procedere alla regolarizzazione di chi lavorava in nero, collaborare alla soluzione dei problemi di sistemazione abitativa e aprire il confronto sulle differenze retributive dovute per la corresponsione irregolare delle retribuzioni“. “Ci auguriamo – chiudono – che Grafica Veneta, oltre che pensare a mettere in salvo i propri dirigenti, pensi anche cambiare completamente atteggiamento nei confronti dei lavoratori, tutt’ora espulsi dal ciclo produttivo e senza salario, e ricercare una soluzione dignitosa che faccia finalmente capire che c’è la volontà di dimostrare che i diritti non spettano solo ai propri dipendenti, ma anche a chi ha sempre contribuito all’ottimo andamento dell’attività produttiva di Grafica Veneta, pur essendo dipendenti di un’altra società”.