Perché questo articolo potrebbe interessarti? L’Italia è alla ricerca di una sua posizione nel mercato globale del turismo: il nostro Paese potrebbe ripartire da un turismo più sostenibile, trainato dal recupero della sua identità storica.
Nel 1980 il giornalista Luciano Zeppegno, in viaggio nell’entroterra abruzzese, ha descritto le proprie emozioni nel viaggiare su una ferrovia italiana che raggiunge anche i 1.200 metri di altezza. Il paesaggio contrassegnato dalla neve lo ha portato allora a parlare di “transiberiana d’Italia”. La ferrovia in questione era quella che da Sulmona saliva fino a Pescocostanzo e Roccaraso, per poi riscendere verso il Molise e terminare a Isernia. Un esempio di binario capace di unire la provincia italiana e rendere le aree più remote connesse con il resto del Paese.
Sulla linea però nel 2011 è arrivata la scure della chiusura. Un destino comune a tante altre ferrovie considerate secondarie. Eppure i binari non hanno avuto il tempo di coprirsi di polvere ed erbacce. Nel 2014 sono iniziati i lavori per la riattivazione dell’infrastruttura. Quasi un “unicum” in un Paese dove si fa in fretta a chiudere e molta fatica a riaprire. Al termine degli interventi però, su quella linea a circolare sono stati “treni lenti”. Lenti per precisa scelta: si tratta di convogli storici e turistici, con i quali ammirare uno dei paesaggi più belli dell’Appennino. Oggi la transiberiana d’Italia è una delle ferrovie turistiche più apprezzate e visitate.
E non è l’unica. Al momento, ci sono almeno 13 ferrovie turistiche nel Bel Paese. Si tratta di infrastrutture recuperate e gestite da Fondazione FS, il ramo del gruppo FS attivo dal 2013 e il cui obiettivo è legato al recupero di rotabili e stazioni storiche. Un lavoro che ha aperto la strada a un dibattito importante in Italia: nella penisola, il futuro potrebbe essere rappresentato proprio dal “turismo lento”. Vale per le ferrovie, così come per i percorsi enograstronomici, paesaggistici e culturali.
I “treni lenti” in viaggio per l’Italia
Lo scorso 8 marzo Fondazione FS ha festeggiato i suoi primi dieci anni di attività. Per l’occasione, è stato organizzato un convegno all’interno del museo nazionale delle ferrovie di Pietrarsa, in provincia di Napoli. Un luogo non certo casuale: qui nel 1839 è stata costruita la prima ferrovia italiana, ossia quella la Napoli – Portici progettata quando ancora nel capoluogo partenopeo sventolava la bandiera del regno borbonico.
Tra le vaporiere restaurate e messe in mostra nei saloni che un tempo ospitavano le officine, i vertici di Fondazione FS hanno voluto tracciare il punto della situazione sul turismo ferroviario. Il direttore Luigi Cantamessa, oltre ad esprimere la propria soddisfazione per il primo decennio di attività del sodalizio, ha parlato di identità e storia italiana coniugata alla crescita del turismo ferroviario. “Le linee ferroviarie hanno unito il Paese – ha dichiarato – oggi permettono la riscoperta della nostra storia, della nostra comunità”.
Presenti all’evento, tra gli altri, anche il ministro del Turismo Daniela Santanché e il sottosegretario Vittorio Sgarbi. Un ulteriore segnale di come i “treni lenti” coniughino gli aspetti relativi alla mobilità con quelli turistici e culturali. “Il treno simboleggia non solo l’andare avanti, ma è anche l’avanzamento della civiltà e vuol dire futuro – ha dichiarato Sgarbi – e salvaguardare il passato del futuro è la gloria di questo museo e di questo tipo di interventi”.
Le 13 ferrovie turistiche attive sono riconosciute da un’apposita legge varata nel 2017. Oltre alla transiberiana d’Italia, c’è la ferrovia del Sannio, la ferrovia della Val d’Orcia, la ferrovia dei templi tra Agrigento e Porto Empedocle, la ferrovia dell’Irpinia e diverse altre trasformate negli anni da “rami secchi” del sistema ferroviario a nuova risorsa turistica.
I numeri del turismo ferroviario del 2022
I dati sembrano promettere bene, nonostante nel biennio 2020/2021 anche il turismo ferroviario ha dovuto fare i conti con la pandemia. Nel 2022 si è assistito a un nuovo incremento di corse e di visitatori. “Nell’anno passato – ha fatto sapere a TrueNews una fonte di Fondazione FS – abbiamo avuto 105mila turisti a bordo dei nostri treni”.
In crescita soprattutto la quota di turisti stranieri. Sono in tanti dall’estero a prenotare biglietti e visite lungo le ferrovie turistiche. La carte vincente è rappresentata dai paesaggi attraversati dai treni storici. Scenari difficilmente ammirabili o visitabili con altri mezzi, in grado peraltro di portare economia e crescita turistica in territori fuori dai circuiti turistici tradizionali.
L’obiettivo è adesso investire in altri rami ferroviari chiusi e dal forte potenziale. Il 2022 è stato non a caso anche l’anno dell’apertura dei cantieri sulla Noto – Pachino, altra ferrovia abbandonata su cui adesso sono in corso i lavori per il ripristino delle opere.
La riscoperta del turismo lento
Il turismo ferroviario altro non è che un segmento di quel “turismo lento” che potrebbe dare all’Italia nuove occasioni di crescita nel settore. Non solo in termini numerici, ma anche di concezione stessa dell’offerta turistica. Negli anni successivi al boom economico, si è infatti spesso inseguito il mito di un’industria turistica da sviluppare al costo di importanti investimenti infrastrutturali e di strutture ricettive. Circostanza che ha portato benefici solo in parte e che, di contro, a volte mal si è conciliata con il concetto di sostenibilità.
Adesso invece si punta al recupero di ciò che già fa parte del patrimonio ambientale e culturale. Oltre alle ferrovie storiche, in Italia appare in crescita il turismo enogastronomico. Nel 2021 è stato presentato al Senato un apposito rapporto su questa particolare forma di turismo e i numeri anche in questo caso parlano chiaro. Se nel 2016 la percentuale di visitatori che aveva effettuato almeno una visita enogastronomica era del 21%, nel 2021 invece il dato è salito fino al 55%.
Discorso analogo può essere fatto per il turismo esperienziale. Un ramo che secondo l’organizzazione mondiale del turismo è destinato, a livello globale, a crescere del 57% entro il 2030 e che già oggi può contare su un fatturato di oltre 200 miliardi di Dollari. L’Italia può puntare in tal senso sui propri borghi e sui propri paesaggi. Secondo un’indagine di Demoskopika, nel nostro Paese sono stati complessivamente 343mila i visitatori che hanno puntato sul turismo esperienziale.