Perché leggere questo articolo? Nuovo capitolo per la crisi di Evergrande. Ora è dichiarata in liquidazione a Hong Kong. Vediamo cosa succede al “malato d’Asia” e le implicazioni per la Cina.
La settimana finanziaria è iniziata su scala globale con una notizia importante: l’affondamento da parte di Hong Kong del colosso cinese in liquidazione Evergrande. Nella giornata di lunedì 29 gennaio, infatti, un tribunale di Hong Kong ha ordinato la liquidazione di China Evergrande, che dopo una serie di problematiche che l’hanno resa l’impresa immobiliare più indebitata del mondo sta venendo gradualmente “demolita” nelle sue varie sezioni, nella Repubblica Popolare e non solo.
Cosa succede a Evergrande
La crisi di Evergrande, lo ricordiamo, non inizia ora. L’ordinanza di liquidazione è arrivata poco più di due anni dopo il default ufficiale della società, innescando una crisi di liquidità per gli sviluppatori cinesi che continua a ostacolare la seconda economia mondiale. Il giudice dell’Alta Corte di Hong Kong Linda Chan ha emesso l’ordinanza lunedì, dopo che il costruttore non è riuscito a elaborare un piano di ristrutturazione per soddisfare i creditori internazionali nonostante le lunghe trattative.
Evergrande è andata in default sul suo debito nel 2021, causando una crisi immobiliare nell’economia cinese che continua a produrre effetti. Lo sviluppatore con sede a Shenzhen, con passività totali di 2,39 trilioni di yuan (circa 333 miliardi di dollari) alla fine di giugno dello scorso anno, ha dichiarato fallimento a New York nel 2023.
I creditori esteri hanno un conto aperto con Evergrande per complessivi 25 miliardi di dollari, come indicato dal documento del tribunale di Hong Kong, e uno di loro – Top Shine Global – ha presentato un’istanza di liquidazione contro Evergrande a Hong Kong nel giugno 2022 nel tentativo di recuperare parte delle sue perdite.
Un terremoto per Pechino?
La mossa è destinata a terremotare ulteriormente il mercato azionario cinese. Dai recenti picchi del febbraio 2021, circa 6 trilioni di dollari – equivalente a circa il doppio della produzione economica annuale della Gran Bretagna – sono stati spazzati via dal valore delle azioni cinesi e di Hong Kong. Anche se il destino dell’intera società potrebbe non essere ancora chiaro, l’ordinanza di liquidazione di Evergrande rappresenta un altro duro colpo per la fiducia degli investitori. Se la Cina continentale non riconoscesse l’ordinanza di liquidazione, è probabile che i creditori internazionali subiscano pesanti perdite sulla loro esposizione verso Evergrande.
In teoria, la sentenza potrebbe aprire la strada ai liquidatori per tentare di prendere il controllo di alcuni asset di Evergrande nella Cina continentale, dal momento che Hong Kong ha un accordo di riconoscimento reciproco in materia di insolvenza e ristrutturazione che si applica in alcune parti della Cina. Questo apre alla prospettiva di una lettura “politica” della crisi, nel quadro di una guerra economica mossa dai tribunali di Hong Kong alla Cina in una fase di stress e tensione nel Dragone.
La Cina non riesce a uscire dalla pandemia
Come ha riportato la Cnn in un approfondimento, gli operatori cinesi “devono affrontare quest’anno 100 miliardi di dollari di obbligazioni in scadenza e anche i rami finanziari dei governi locali hanno debiti scaduti per un valore di 650 miliardi di dollari. Nel frattempo, la crisi immobiliare ha iniziato a riversarsi sul sistema finanziario più ampio a causa dell’esposizione delle banche ombra” nel settore degli investimenti.
Insomma, il blocco dell’economia da Covid-19, le tensioni commerciali e la riduzione della crescita interna hanno dato instabilità al sistema cinese. La “puntura di spillo” di Hong Kong mostrerà che il re è nudo? Sicuramente l’anglosassone Hong Kong avrà piacere a mostrare la sua diversità rispetto alla Cina continentale nell’ambito del difficile sistema di convivenza nell’ambito del modello “un Paese, due sistemi”.
Evergrande simbolo della crisi cinese?
Evergrande è il “malato d’Asia”, a prescindere dai giudizi politici. “Questo evento potrebbe segnare l’inizio di un processo scoraggiante per affrontare una delle più grandi vittime di una crisi del debito immobiliare che ha colpito l’intero paese”, nota Gabriel Debach, Market Analyst di eToro. Ma la condizione difficile impone un aumento delle procedure di fallimento e liquidazione: anche negli Stati Uniti, divenuti con la loro crescita traino dell’economia globale, “le richieste di Chapter 11 sono aumentate del 72%, raggiungendo quota 6569 nel corso del 2023, rispetto alle 3819 del 2022, secondo i dati di Epiq AACER”.
Tra i principali fallimenti depositati nel 2023, negli Usa, “ci sono aziende come SmileDirectClub, WeWork, Rite Aid, Party City, Yellow Trucking, Lordstown Motors, Diebold Nixdorf, Vice Media, Bed Bath & Beyond, David’s Bridal, Virgin Orbit, SVB Financial, Tuesday Morning e Christmas Tree Shops“, nota Debach.
Nonostante l’aumento nel 2023, è un ritorno a livelli più elevati dopo due anni in cui le richieste di fallimento sono state significativamente inferiori. Tuttavia, il numero complessivo si mantiene ancora al di sopra della media degli ultimi anni. Nessuna di queste crisi, però, terremota il sistema di capitalismo americano, fondato sul potere della “distruzione creatrice” e sulla convivenza tra settori in crisi e altri in ascesa. Quello cinese, azzoppato dal calo di uno dei mondi storicamente trainanti, vede addensarsi nubi più cupe. E dopo la sentenza di Hong Kong il futuro del sistema-Cina come traino dell’economia internazionale sarà tutto da vedere.