A2A – che ha completato la transizione da antica municipalizzata in life company – punta in alto e l’amministratore delegato Renato Mazzoncini, nell’aggiornamento del Piano industria al 2030 lo spiega chiaro: “Il primo anno del Piano Industriale 2021-2030 è stato significativamente superiore alle aspettative sia da un punto di vista di risultati industriali che economici, con un impegno quotidiano nel perseguimento degli obiettivi ESG che ci siamo dati. Facendo leva su una forte capacità di crescita dimostrata da tutte le business unit del Gruppo, abbiamo deciso di aumentare ulteriormente gli investimenti destinando 18 miliardi alla transizione ecologica” commenta Renato Mazzoncini, Amministratore Delegato di A2A “L’aggiornamento del Piano prevede di anticipare di 10 anni l’obiettivo comune di emissioni zero, ampliare ulteriormente la nostra presenza in Italia e stabilire nuovi e ancora più ambiziosi target di business. Puntiamo a essere protagonisti del processo di decarbonizzazione del Paese, grazie alla nostra capacità di poter garantire sia energia elettrica rinnovabile sia molecole sostenibili come idrogeno e biometano, in linea con quanto previsto dalle direttive europee”.
Il Covid ha accentuato il gender gap: le donne guadagnano in media il 20% in media degli uomini
Le donne hanno imparato a misurare la parità di genere. Perché non bastano i numeri, bisogna misurare anche la busta paga. Studiano di più. Si laureano prima e meglio. Sfruttano meglio le esperienze all’estero e i tirocini. Ma fanno più fatica a trovare un lavoro rispetto ai loro colleghi e guadagnano in media il 20% in meno. E con il Covid-19 la forbice è addirittura cresciuta. È la fotografia del gender gap che affligge le laureate italiane, secondo il primo rapporto tematico di genere realizzato da AlmaLaurea e raccontato dal Sole 24 Ore. Un’indagine che ha interessato 291.000 laureati del 2020, e 655.000 laureati del 2019, 2017 e 2015, intervistati a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo. Nel 2020 le donne costituiscono quasi il 60% dei laureati in Italia. Arrivati sul mercato del lavoro il quadro muta completamente. E le differenze di genere emergono in tutta la loro drammaticità.
Prendiamo il tasso di occupazione; è sempre a vantaggio degli uomini: tra i laureati di primo livello a cinque anni dal titolo pari all’86,0% per le donne e al 92,4% per gli uomini; tra quelli di secondo livello rispettivamente pari a 85,2% e 91,2%. A cinque anni dal titolo, in presenza di figli il divario di genere si amplifica ulteriormente. I maschi risultano avvantaggiati anche rispetto ad alcune caratteristiche del lavoro svolto: per loro maggiore lavoro autonomo (a cinque anni dal titolo 7,5% per le donne e 11,6% per gli uomini tra i laureati di primo livello; 20,2% e 21,8%, rispettivamente, tra quelli di secondo livello) o alle dipendenze con un contratto a tempo indeterminato (64,5% per le donne e 67,4% per gli uomini tra i laureati di primo livello; 52,2% e 59,1% tra quelli di secondo livello); per le donne, invece, più contratti non standard, ossia principalmente alle dipendenze a tempo determinato (17,0% per le donne e 12,2% per gli uomini tra i laureati di primo livello; 18,9% e 11,5% tra quelli di secondo livello) anche perché occupate, più degli uomini, nel settore pubblico (35,8% e 28,4% tra i laureati di primo livello; 24,4% e 16,5% tra quelli di secondo livello).
L’indagine di AlmaLaurea intercetta anche l’effetto nefasto del Covid-19 sul lavoro femminile. Osservando le richieste di curriculum vitae da parte delle imprese, distintamente per trimestre, è evidente l’effetto della pandemia sulla domanda di lavoro, intercettata a partire dalla prima metà del 2020, quella del lockdown. In questa fase, il calo delle richieste di CV ha coinvolto soprattutto le ricerche di profili professionali associati prevalentemente a uomini. Tale calo ha determinato, in corrispondenza del secondo trimestre del 2020, l’avvicinamento della curva maschile a quella femminile (le richieste di CV sono state, rispettivamente, poco meno di 71mila per i laureati e 67mila per le laureate). Risultato: la curva maschile e quella femminile si sono riallontanate. Tant’è che nel quarto trimestre 2021 le richieste di CV sono state quasi 193mila per i laureati e quasi 152mila per le laureate. Numeri che si commentano da soli.
La battaglia di Neil Young contro Spotify
Quando si dice la coerenza. Neil Young toglie le sue canzoni da Spotify in polemica con un podcast no vax che la piattaforma di streaming leader del mercato globale si è rifiutata di rimuovere. Il suo profilo di artista è pieno di icone «pallide», quelle che indicano brani non più ascoltabili, la sua immensa discografia si riduce a qualche presenziata in compilation. È sparito persino Barn, suo 41esimo album in studio uscito a dicembre 2021. Lo aveva detto e lo ha fatto: old Neil Young, nei giorni scorsi, aveva indirizzato alla ex startup fondata da Daniel Ek una lunga lettera nella quale la accusava di diffondere fake news sui vaccini. Nel mirino del songwriter canadese il podcast The Joe Rogan Experience del commentatore tv e comico Joe Rogan che ospitava posizioni no vax. «O Rogan o Young, non entrambi», vi si leggeva. «Faccio questo perché Spotify sta diffondendo false informazioni sui vaccini causando potenzialmente la morte di coloro che credono a quella Gli utenti di Spotify sono giovani, «impressionabili e facili da far pendere dalla parte sbagliata della verità», ha detto. «Questi giovani credono che Spotify non presenterebbe mai informazioni grossolanamente infondate», ha rimarcato, «purtroppo si sbagliano. Sapevo di dover provare a farlo notare».
Young ha ringraziato la sua casa discografica, la Warner Music , dal momento che Spotify è responsabile dello streaming del 60% della sua musica in tutto il mondo e la scelta di abbandonare la piattaforma è stata «un’enorme perdita per la mia casa discografica». Spotify si è detta dispiaciuta in una nota ufficiale: «Vogliamo che tutti i contenuti musicali e audio del mondo siano disponibili per gli utenti. Da ciò deriva una grande responsabilità nel bilanciare sia la sicurezza per gli ascoltatori che la libertà per i creatori”. Neil Young, che pure un anno fa ha venduto il 50% dei diritti del suo songbook al fondo Hipgnosis, non è stato l’unico a prendere posizione sul tema, dall’altra parte dell’Atlantico. Lo scorso mese, già 270 tra dottori, scienziati e addetti del settore sanitario degli Usa avevano sottoscritto una lettera aperta affinché ci fosse più controllo sulle false informazioni intorno alla pandemia di Covid 19. La differenza, tra lui e la gran parte dei personaggi (interi e mezzi) dello showbiz contemporaneo, sta nella capacità di andare fino in fondo con le proprie posizioni. «È così difficile per me ora», cantava nel 1969, «ma ce la farò in qualche modo, anche se so che non sarò mai più lo stesso. Tu cambierai mai i tuoi comportamenti?» La coerenza ha sempre un prezzo. Lui non si è mai tirato indietro quando si trattava di pagarlo. Quando questi colossi della cultura contemporanea usciranno di scena, non saremo orfani soltanto della loro arte.
Logistica, Hines acquisisce 20 asset logistici
La logistica non conosce né crisi né Covid. Hines ha raggiunto un accordo vincolante per l’investimento off-market attraverso il fondo italiano Hevf II Italy e gestito da Prelios Sgr, per conto del fondo discrezionale Hines European Value Fund (Hevf 2), per l’acquisizione di 20 asset logistici, situati tra l’Emilia Romagna e la Lombardia. L’operazione prevede l’acquisto del portafoglio immobiliare da quattro distinte società venditrici e la contestuale locazione per 15 anni del medesimo al Gruppo Snatt Logistica, leader nel settore della logistica per terze parti, cosiddetta 3PL, focalizzato esclusiva sul mercato del fashion. L’operazione si aggiunge a quelle già effettuate nel 2021, dislocate nel nord Italia tra Castel San Pietro, Tortona, Montichiari e Brescia, per un totale di 180mila metri quadrati, tutte certificate in classe energetica A. Questi investimenti, insieme agli altri del fondo in Europa, costituiscono il portafoglio logistico complessivo di Hevf 2 che ammonta a più di 700 milioni di euro.
Il Gruppo Snatt Logistica, che attualmente gestisce questi asset e che, a seguito dell’operazione, sarà il conduttore, è un operatore primario nella logistica in Italia, specializzato in movimentazione, stoccaggio e distribuzione delle merci per terze parti nel settore della moda, per tutti i canali distributivi compreso l’e-commerce. Il Gruppo, che, nel 2021, vanta un fatturato di circa 60 milioni di euro, grazie ad un piano industriale pluriennale in solida crescita, gestisce sul territorio nazionale diversi “distribution center” per il mercato europeo e mondiale in rapporto di esclusiva con alcuni tra i più importanti ed iconici brand della moda a livello internazionale.
Cyber-security: oltre 5mila attacchi informatici nel 2021 a sistemi istituzionali in Italia
La tutela dei dati personali è una spina nel fianco di imprese e amministrazioni pubbliche. E i dati sono molto preoccupanti: secondo un recente report di DLA Piper, infatti, dal 25 maggio 2018 (data di entrata in vigore del nuovo regolamento europeo GDPR), l’Italia è 2ᵃ in Europa per numero di violazioni con 83 interventi dell’Autorità Garante (in testa c’è la Spagna con più di 250 sanzioni, segue la Romania con 57) e si pone in 3ᵃ posizione per multe complessive per quasi 80 milioni di euro. Particolarmente sanzionate sono state le imprese delle telecomunicazioni visto che le tre principali multe (rispettivamente di 27, 16 e 12 milioni di euro) sono state comminate dal Garante a società TLC per aver trattato in modo illecito i dati personali per attività di telemarketing e pubblicità.
“Purtroppo sono dati che non sorprendono: in Italia siamo ancora molto lontani dal creare una cultura del valore della data compliance – afferma Jacopo Tenconi, GDPR Specialist di Primeur, multinazionale italiana specializzata nella data integration – La corsa alla digitalizzazione a cui stiamo assistendo sta portando una nuova consapevolezza nelle persone sul valore e sull’uso dei dati che sono ormai diventati un asset strategico per le aziende”.
Secondo il bilancio della Polizia Postale 2021 sono stati oltre 5mila gli attacchi informatici a sistemi istituzionali, infrastrutture critiche informatizzate di interesse nazionale, infrastrutture sensibili di interesse regionale, mentre sono stati 126 i cyber attacchi ai sistemi finanziari di grandi e medie imprese per un ammontare complessivo di oltre 36 milioni di euro sottratti in modo illecito (di cui 17 recuperati grazie all’intervento degli investigatori). Il report ha messo in evidenza anche un importante aumento delle frodi informatiche ai danni dei cittadini: +27% per un totale di oltre 18.000 furti di dati sensibili, numeri di carte di credito e chiavi private di wallet di cryptovalute.