Ben prima dello scoppio della guerra in Ucraina diversi Paesi stavano iniziando a puntare sull‘energia prodotta dall’idrogeno. Il loro obiettivo principale consisteva nel raggiungere lo status di carbon neutral, abbattendo al tempo stesso le emissioni di CO2. Adesso che la crisi energetica incombe, questa soluzione potrebbe essere adottata per mitigare gli ostacoli previsti da qui ai prossimi mesi. Incrementare l’utilizzo delle energie rinnovabili, del resto, è un modo per blindare la sicurezza energetica, mai così esposta ad una tempesta perfetta. Ma è davvero possibile affidarsi all’idrogeno per ovviare alla carenza di gas, petrolio e carbone?
L’esempio del Giappone
Per capire l’utilità dell’idrogeno vale la pena analizzare l’approccio adottato dal Giappone. Tokyo ha costruito la terza economia più grande del mondo affidandosi ad una base industriale alimentata da petrolio, gas e carbone importati dall’estero. Oggi questo Paese sta progettando di puntare sul citato idrogeno, trasformando in realtà una delle più grandi scommesse del mondo su una fonte di energia a lungo liquidata come troppo costosa e inefficiente. Non è un caso che, già nel 2017, il Giappone lanciava un key document intitolato Basic Hydrogen Strategy.
In generale, l’idrogeno è un elemento chimico che può essere prodotto da varie risorse, immagazzinato, trasportato, esportato ed impiegato nei settori più svariati. Abilitare un sistema di energia rinnovabile basato sull’idrogeno, per giunta diffuso su scala nazionale, offrirebbe ai governi un’alternativa alle tradizionali fonti energetiche, ormai colpite dalla guerra in Ucraina. Come concretizzare tutto ciò? La strategia nazionale giapponese mira a realizzare una società basata sull’idrogeno seguendo un programma in tre fasi. Nella prima fase è prevista un’espansione dell’uso dell’idrogeno, per poi, nella seconda, creare un sistema di fornitura di idrogeno su larga scala entro la seconda metà degli anni ’20. Arriviamo all’ultimo step, che prevede l’istituzione di un sistema di fornitura di idrogeno privo di CO2 su base totale entro il 2040 circa.
Il possibile ruolo dell’idrogeno
Nel caso in cui la road map giapponese dovesse avere successo, Tokyo potrebbe seriamente gettare le basi per una catena di approvvigionamento globale che permetterebbe all’idrogeno di diventare una fonte di energia. Mettento da parte, al contempo, petrolio e carbone. Basti pensare che la più grande compagnia elettrica giapponese, Jera, sta pianificando di ridurre le emissioni di carbonio mescolando il composto di idrogeno ammoniaca nelle sue centrali a carbone. A maggio ha perfino firmato un memorandum d’intesa con uno dei più grandi produttori mondiali di ammoniaca per sviluppare proprio questa fornitura. Oltre al Giappone, anche altri Paesi hanno iniziato a muoversi in tale direzione. Citiamo, ad esempio, The National Hydrogen Strategy della Germania, e il Portugal National Hydrogen Strategy del Portogallo. Dato il momento critico, potrebbe essere utile accelerare i vari esperimenti per tentare di uscire dalla grave crisi che ci attende.
L’idrogeno, del resto, ha numerosi vantaggi chiave da sfruttare. Può essere utilizzato in versioni modificate di centrali elettriche esistenti e altri macchinari progettati per funzionare a carbone, gas o petrolio. Può, poi, anche essere immagazzinato e utilizzato nelle celle a combustibile, rendendo l’elemento più adatto per aeroplani o navi che devono trasportare forniture di energia su lunghe distanze. Non mancano, tuttavia, i problemi da risolvere. Uno su tutti: l’idrogeno non si trova di per sé in natura. Detto altrimenti, deve essere estratto da composti come l’acqua o combustibili fossili, richiedendo energia. Come se non bastasse, anche immagazzinare e trasportare l’idrogeno è difficile, visto che il gas è così leggero da occupare tanto spazio al punto di richiedere una compressione o liquefazione per essere trasportato in modo efficiente.