Perché questo articolo potrebbe interessarti? Secondo l’Eurostat, l’Italia ha sì fatto registrare un aumento dell’occupazione, ma nel 2023 ha visto un ulteriore indebolimento dei livelli di reddito reale: pesano inflazione e salari fermi al palo.
Cresce l’occupazione e aumentano quindi coloro che hanno in mano un posto di lavoro. Un dato importante quest’ultimo, sottolineato dagli ultimi rapporti Eurostat e che ha rappresentato, per un governo Meloni alle prese con non proprio secondari dossier interni, l’unico sospiro di sollievo delle ultime settimane. Ma la crescita dell’occupazione non sta coincidendo con la crescita della sicurezza economiche delle famiglie italiane.
Anzi, al contrario, sempre secondo Eurostat il reddito reale medio degli italiani è tra i più bassi in Europa. Peggio di noi fa soltanto la Grecia ma, soprattutto, i dati emersi segnalano una situazione ben peggiore rispetto al 2008, primo anno della crisi economica di inizio secolo.
I dati (impietosi) di Eurostat
Prima di ogni cosa, occorre però capire che cosa si intende nello specifico per reddito reale. Facile forse intuirlo: si tratta di quanto, materialmente, alle persone resta in tasca a fine mese. In poche parole, è uno degli indicatori del potere d’acquisto delle famiglie.
In tutta Europa questo dato sembra piuttosto in crescita. Nel valutarlo, l’Eurostat parte da un valore di 100 per il 2008. Un parametro che è di riferimento per comprendere le evoluzioni degli ultimi anni e che serve per capire al meglio l’attuale situazione.
Nell’area Ue, quella quindi che comprende anche i Paesi fuori dall’Eurozona, il reddito reale nel 2023 ha avuto un valore pari a 110.82. Vuol dire quindi che è maggiore rispetto al valore 100 del 2008 e che dunque, nel corso degli ultimi 15 anni, le famiglie europee hanno visto crescere la disponibilità di denaro nel proprio portafoglio. Per il Vecchio Continente, si tratta di un dato incoraggiante: più aumenta il valore del reddito reale, più ovviamente aumenta il margine di manovra per i cittadini: si può spendere di più, si può decidere di investire maggiormente oppure di incrementare i risparmi.
Tanto più che il dato del 2023 risulta più alto anche di quello dell’anno precedente, quando il valore del reddito reale era fermo a 110.12. Ma la crescita non è certo omogenea in tutta l’Ue. Anzi, ci sono Paesi dove il reddito appare inferiore sia rispetto al valore 100 del 2008 e sia anche al 2022. È il caso, come accennato in precedenza, dell’Italia: nel nostro Paese, il valore del reddito reale si è fermato nel 2023 a 93.74 a fronte del 94.15 dell’anno precedente.
I problemi legati all’inflazione in Italia
A influenzare i dati sopra richiamati è stata, almeno per quanto riguarda il nostro Paese, l’inflazione. Se crescono i prezzi dei beni di consumo, così come dei carburanti e dell’energia, ovviamente il margine di reddito a disposizione a fine mese si assottiglia. Detto in altri termini, più si spende per riempire il carrello della spesa e meno risparmi si avranno a disposizione.
Dopo gli anni contrassegnati dal Covid, l’intera Europa ha dovuto fare i conti con l’inflazione. Una preoccupazione quest’ultima che, con l’avvento della moneta unica, era quasi sparita del tutto nel Vecchio Continente. Ma, per l’appunto, dopo la pandemia il valore è tornato a essere riportato con la doppia cifra percentuale.
E questo, in primis, per i massicci interventi dei governi volti a mitigare gli effetti economici legati ai lockdown e alle chiusure forzate delle attività. Oltre che ai vari investimenti ideati per far ripartire l’economia. Soldi necessari dunque, ma in grado nel giro di poco tempo di far aumentare a dismisura la circolazione della moneta e quindi l’inflazione. Anche perché, agli effetti post Covid, occorre aggiungere le situazioni legate ai problemi di approvvigionamento dei materiali dall’estero e alla corsa al rialzo delle materie prime.
Il vero ostacolo in Italia è rappresentato dai livelli dei salari
Tuttavia, oggi l’inflazione è tornata sotto controllo e in quasi tutti i Paesi dell’Ue appare rientrata nei parametri pre Covid. Inoltre, è bene ribadire che non soltanto l’Italia ma l’intero Vecchio Continente ha patito gli effetti di una prolungata esposizione alla crescita dell’inflazione. Come si spiegano quindi i dati che parlano di un reddito reale sempre più basso nel nostro Paese, al cospetto di valori invece sempre più in alti in Europa?
Così come sottolineato dagli stessi analisti di Eurostat, il vero problema in Italia è rappresentato dal mancato aumento dei salari. L’impennata dei prezzi ha inciso e non poco nella riduzione del reddito reale, ma da noi ha inciso di più proprio perché è intervenuta in un contesto dove gli stipendi sono immobili da tempo.
È per questo quindi che, nonostante il rallentamento della corsa dell’inflazione e nonostante l’aumento del numero delle persone occupate, i conti in tasca a fine mese non tornano ancora per milioni di famiglie. Anche se si trova lavoro cioè, non è detto che si abbia poi un aumento del reddito reale a disposizione. Lo dimostra anche un altro dato allarmante di Eurostat: il 9.9% delle persone che hanno un lavoro in Italia è ancora dentro la soglia del rischio di povertà, una cifra che è la seconda più alta in Ue (prima di noi c’è solo la Spagna).
Un problema atavico
Quello della mancata crescita dei salari rappresenta un dilemma cronico per il nostro Paese. Secondo l’economista Beniamino Quinteri, intervenuto alcune settimane fa all’interno del canale Starting Finance, i principali problemi legati ai salari bassi in Italia sono due: una bassa produttività da un lato e un mercato del lavoro non competitivo e non al passo con i tempi.
Circostanza da mettere parzialmente in relazione anche con un contesto dove il tessuto economico è retto soprattutto dalle Pmi (Piccole Medie Imprese), le quali non hanno spesso la forza per investire in salari più alti o per sopravvivere alla concorrenza straniera. I problemi sono quindi atavici e strutturali, difficilmente risolvibili, ammesso che si abbia la volontà di farlo, nel giro di pochi anni. Gli italiani, per il momento, devono quasi rassegnarsi: il reddito reale nella penisola sarà per diverso tempo tra i più bassi d’Europa.