C’è un contesto in cui ha preso forma l’indagine della Procura di Cagliari sul petrolio importato da Saras della famiglia Moratti via Iraq nel biennio 2015-2016.
Saras, l’inchiesta sul petrolio iracheno. La replica della società: “Estranei”
Saras ha parlato di “piena estraneità della Società e dei dirigenti coinvolti a qualunque condotta illecita” dicendo di confidare “nell’operato dell’autorità giudiziaria per poter fare rapidamente piena luce sulla vicenda”. Ma a livello politico c’è un messaggio chiaro: la notizia della chiusura indagini, comunicata nelle ore del cenone della Vigilia di Natale, cerca di minare per sempre le speranze di chi avrebbe voluto Letizia Moratti al Quirinale. O almeno provarci.
Saras, Letizia Moratti non è indagata. L’indagine blocca la corsa al Quirinale
La vice presidente di Regione Lombardia non è indagata. Nelle centinaia di pagine di informative dei Nuclei di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza, coordinati dalle Procura di Brescia, Cagliari e con la supervisione della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, è citata solo un paio di volte. In qualità di Presidente del Consiglio di Gestione di Ubi all’epoca – una delle banche coinvolta nelle operazioni sospette sul greggio proveniente dal Kurdistan iracheno – e come moglie del defunto Gian Marco Moratti, all’epoca alla guida del consiglio di amministrazione nel gruppo petrolifero di famiglia.
Saras, nelle carte l’onda lunga della battaglia di Intesa su Ubi
C’è un contesto “bancario” e non solo per la ex carica di Letizia Moratti e il ruolo di Ubi in alcune operazioni. Sono gli anni della partita a scacchi con Intesa Sanpaolo, culminata con una vittoria schiacciante del gruppo guidato oggi da Carlo Messina, l’acquisizione della banca nata sull’asse Cuneo-Bergamo e la nascita di un polo italiano da contrapporre alle banche europee come alla UniCredit a trazione francese. Con tanto di strascichi giudiziari nel maxi processo Ubi che ha visto tutti gli imputati assolti, inclusi nomi di eccellenza come Giovanni Bazoli. Tutti tranne uno: Franco Polotti, per ostacolo alla vigilanza, condannato a un anno e sei mesi con pena sospesa con le motivazione del Tribunale di Bergamo che sono attese a giorni visto che l’8 gennaio scadono i 90 giorni che il collegio ha a disposizione per il deposito. È lo stesso Polotti che nell’inchiesta Saras viene citato e stralciato dalla Procura di Brescia in direzione dei pm di Milano per via di alcune somme di denaro di provenienza non chiara transitati su conti correnti aperti da lui.
Saras, 1,6 miliardi di greggio dal Kurdistan iracheno
C’è un contesto economico-finanziario off shore che colpisce dritto al cuore di uno dei principali operatori europei nel settore dell’energia e della raffinazione. Nel biennio che va dall’1 gennaio 2015 al 31 dicembre 2016 Saras e società collegate importano, raffinano e rivendono 1,6 miliardi di euro di petrolio originario da territori Mediorientali a forte instabilità politica. Si assiste a un incremento del quantitativo di greggio importato di provenienza turca e origine irachena riferibile al KRG (Kurdistan Regional Government) con contratti presentati dalle società di Saras attraverso una galassia di trader o società di shipping basati in territorio a fiscalità agevolata o veri e proprio paradisi fiscali presenti nelle black list europee.
Le rotte off shore del petrolio italiano
Dalla Svizzera, alle Isole Vergini Britanniche, passando per UK, Singapore, Malta, Bahrain fino a quelle turche riconducibili al genero del Presidente Erdogan, Berat Albayrak.
L’alert di Agenzia Dogane e Monopoli: prezzi fuori mercato
A far finire le operazioni sotto la lente di ingrandimento degli investigatori è l’Agenzia Dogane e Monopoli. Che segnala dei prezzi fuori mercato e vantaggiosi. Il primo carico a finire nel mirino proviene da Bassora (Iraq) a 47,1 dollari al barile.
Greggio iracheno, prezzo inferiore fino al 43% del Brent
In 21 diverse importazioni viene rilevato uno scostamento medio del 20% più basso del valore di mercato del Brent, con picchi del 43% inferiori. Operazioni che avvengono in particolare con la Petraco Oil Company LLP a cui Saras ha versato 610 milioni di euro per l’attività di vendita all’ingrosso di prodotti petroliferi.
Saras e l’import di petrolio, galassia di società nei paradisi fiscali
È una società svizzera, mentre tre altre società omonime – o quasi: Petraco Oil Company Limited, Petraco Oil Investment Limited e Petraco Oil Company LLP – sono basate rispettivamente nell’Isola di Guernsey e in Regno Unito. La società elvetica è l’evoluzione della Petraco Spa fondata a Milano nel 1972 da un cittadino jugoslavo, Branko Srenger, e che fino al 2013 risulta essere domiciliata alla Galleria San Babila e controllata al 98% dalla Compagnia Fiduciaria Italiana. Quell’anno cessa ogni attività, va in liquidazione e si sposta a Ginevra e nel Canton Ticino. Nel contempo amministratori e dipendenti italiani della stessa spostano la residenza all’estero. Secondo gli uomini delle Fiamme Gialle di Cagliari la filiale elvetica della Petraco avrebbe rappresentato nel periodo in questione 1,2 miliardi del volume complessi di acquisti della società dei Moratti.
Saras, anomalie sull’export: da Gibilterra alla Slovenia, destinatari finali ignoti
A non convincere gli uffici intelligence dell’Agenzia Dogane e Monopoli e poi i finanzieri non è solo l’import ma anche l’export di Saras dopo aver lavorato il greggio. Con flussi di vendita del prodotto finito di cui è ignoto il destinatario finale e “opacità su chi assume effettivamente il debito finanziario”. In particolare le “anomalie” in maniera schematica riguardano: l’indicazione di una banca estera come soggetto destinatario con Paese di destinazione Gibilterra e successiva rettifica della bolletta verso la società Petrol D.D Lubjana (Slovenia), come anche delle incongruenze fra i dati relativi allo scarico del prodotto esportato.