Dati Istat alla mano, nel mese di gennaio l’inflazione ha raggiunto uno spaventoso +4,8%: il dato più alto dall’aprile del 1996. L’aumento dei prezzi è trainato in gran parte dalla componente energetica, con una nuova impennata nei listini dei beni che è passata dal +29,1% di dicembre al +38,6% di gennaio. I rincari non hanno però risparmiato nessun settore e nei supermercati beni di prima necessità come latte, carne, farina e pane hanno a loro volta registrato un aumento superiore al 5% nel primo mese dell’anno.
A gennaio l’inflazione accelera in tutte le aree geografiche
L’Istat registra invece un rallentamento nell’aumento dei prezzi dei trasporti (da + 3,6% a 1,5%), dovuto in buona parte alle restrizioni alla mobilità ancora in vigore che tiene bassa l’“inflazione di fondo” (che non tiene conto dei bene energetici, degli alimentari non lavorati e dei prezzi più volatili). Questo dato resta infatti stabile all’1,5%, mentre l’inflazione che non tiene conto dei soli beni energetici passa dal +1,6 al 1,8%. A gennaio l’inflazione ha accelerato in tutte le aree geografiche, confermandosi al di sopra del dato nazionale nelle Isole (da +4,5% di dicembre a +5,5%), nel Nord-Est (da +4,0% a +5,4%) e nel Sud (da +4,1% a +5,0%), pari al dato nazionale al Centro (da +3,9% a +4,8%), mentre si posiziona al di sotto alla media nazionale nel Nord-Ovest (da +3,5% a +4,3%).
L’aumento dei prezzi nelle tasche degli italiani
Le associazioni di consumatori parlano di vera e propria emergenza per gli italiani. Secondo Assoutenti siamo di fronte a una stangata da oltre 38 miliardi di euro annui. “Siamo di fronte ad una vera e propria emergenza, con i prezzi che risentono dell’aumento delle bollette, dei rincari delle materie prime e della corsa dei carburanti – dice il presidente Furio Truzzi – A tali fattori su aggiunge ora un nuovo elemento di rischio, rappresentato dal conflitto tra Russia e Ucraina, che potrebbe avere effetti diretti sui listini al dettaglio di una moltitudine di prodotti, a partire da mais, grano e derivati, con nuove spinte inflattive a danno dei consumatori italiani”. Le associazioni chiedono al governo di intervenire con l’abbassamento dei prezzi dei beni energetici, la riduzione dell’Iva sui beni di prima necessità e il ricorso a prezzi amministrati per un paniere di beni di prima necessità.
L’Unione dei Consumatori: “Aumento dei prezzi, 1600/1700 euro annui a famiglia”
Secondo l’Unione Nazionale dei Consumatori, l’aumento dei prezzi dovrebbe avere una ricaduta di 1600/1700 euro annui per le famiglie con uno o due figli. Per Codacons un’inflazione di questa portata “si traduce in un maggior esborso, considerata la totalità dei consumi di una famiglia “tipo”, pari a +1.474 euro annui a nucleo”. La situazione per i portafogli degli italiani è resa ancor più grave da una sostanziale stagnazione dei salari, che registrano un aumento inferiore all’1% che non è in grado di tamponare l’aumento dei prezzi. Lo scorso giugno la retribuzione annua lorda (Ral) era pari a 24.469 euro, un misero aumento dello 0,8% rispetto al 2020.
Chi guadagna con l’inflazione
I principali beneficiari di una situazione di inflazione galoppante sono i produttori di materie prime. Livelli alti di inflazione sono vantaggiosi per i debitori, cioè stati e aziende, mentre sono svantaggiosi per i creditori, cioè risparmiatori e lavoratori. Nell’ultimo trimestre del 2021 Eni, a parità di estrazione, ha visto un aumento degli utili di 3,8 miliardi di euro (pari al 53%). L’amministratore delegato del colosso italiano dell’energia, Claudio Descalzi, lo scorso 17 febbraio ha commentato i dati relativi al quarto trimestre dello scorso anno parlando di “risultati eccellenti”. Mentre per chi lavora e consuma si prospetta un 2022 di tagli e stile di vita morigerato, le aziende gongolano e vedranno verosimilmente un aumento dei propri utili.
L’aumento dell’inflazione è una buona notizia per chi ha già un mutuo a tasso fisso. La rata non viene toccata perché protetta, appunto, dal tasso fisso, e in termini reali la quota da pagare diminuisce. Diverso il discorso per i mutui a tasso variabile, che per definizione vengono influenzati dagli aumenti dei tassi (l’Euribor in questo caso) con un aumento conseguente della rata mensile.
Inflazione: calo previsto a partire dal 2023
Secondo gli analisti l’inflazione tornerà a scendere nel 2023. La presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha garantito che l’Istituto di Francoforte continuerà ad assicurare la stabilità dei prezzi. Mentre il mondo resta con il fiato sospeso per la crisi in Ucraina, il 2022 si prospetta un altro anno di sacrifici per consumatori e lavoratori.