Nel tempo della transizione energetica, dei piani economici orientati al green, del contrasto ai cambiamenti climatici e di mille tempeste perfette pronte ad abbattersi quotidianamente sull’economia, l’energia nucleare ha l’occasione di ritagliarsi un nuovo ruolo. Da fonte insicura e piena di rischi, il nucleare potrebbe infatti diventare la locomotiva trainante di quei Paesi – i più pragmatici e dotati di una visione futura – intenzionati ad abbattere l’inquinamento e, al tempo stesso, desiderosi di neutralizzare gli scossoni economici provocati da inflazioni e fenomeni analoghi.
L’inflazione e l’effetto placebo sui rincari delle bollette
Partiamo proprio dall’ombra dell’inflazione, uno spauracchio che spaventa governi, cittadini e aziende. Queste ultime, ritrovandosi a fare i conti con l’aumento del costo di gas e petrolio, hanno trasferito l’onere sui prezzi di servizi e beni, quali trasporti, cibo e via dicendo. I governi europei si sono attivati per limitare, almeno in parte, i rincari delle bollette. Peccato che tutto ciò assomigli molto a una sorta di effetto placebo, visto che nell’occhio del ciclone sono finiti anche i costi dell’energia fossile. Chi la produce si sta muovendo lungo due direttive: investe sempre di meno in nuovi giacimenti – c’è il terrore che la domanda possa calare nel lungo periodo – e, al tempo stesso, alza i prezzi delle risorse che sfrutta.
L’impennata dei prezzi dell’energia
Ci sono poi da considerare dinamiche geopolitiche non certo irrilevanti; ad esempio, la Russia fornisce meno gas all’Europa perché l’alleato cinese ne chiede di più. In generale, lo scorso novembre l’inflazione dell’Eurozona è stata confermata al 4,1% ad ottobre; stiamo parlando del doppio rispetto all’obiettivo di stabilità dei prezzi fissato dalla Banca centrale europea. La transizione energetica, non sempre amministrata e guidata a dovere, rischia di produrre effetti indesiderati, in primis pesare sul potere d’acquisto delle famiglie.
L’indizio più inquietante arriva dall’impennata che hanno subito i prezzi dell’energia, i quali, nell’arco di appena un anno, sono aumentati del +23,7%. Se in tutto questo aggiungiamo che l’Europa non ha investito a sufficienza nelle energie rinnovabili e che talvolta ha pure osteggiato la produzione di energia nucleare, il gioco è fatto. Come se non bastasse, ci sono sempre più ostacoli agli investimenti negli idrocarburi, che tuttavia sono fondamentali per consentire la stessa transizione energetica. La morale della favola, al momento, non è a lieto fine: l’Europa brancola nel buio ed è legata alla volontà di soggetti esterni. Peggio ancora, dipende da forniture straniere di elettricità e gas, ed è chiamata a pagarle il prezzo deciso da altri.