Perchè leggere questo articolo? A monte, l’Intelligenza artificiale divora contenuti online per divenire sempre più efficiente. A valle, i suoi risultati sono sempre più indistinguibili dalle opere realizzate dall’uomo. Letteratura, arti visive, musica. Le normative sono all’inseguimento di una realtà complessa e che corre velocissima
Secondo il capo dell’Intelligenza Artificiale di Microsoft Mustafa Suelyman tutto quello che è disponibile sul web è gratuito. Copiabile e utilizzabile liberamente da tutti. Una presa di posizione estrema e radicale e che presuppone che l’autore del contenuto rinunci automaticamente ai diritti nel momento in cui il frutto del suo ingegno diviene disponibile online. Le parole di Suleyman, come ricostruisce Repubblica, hanno una finalità ben precisa: giustificare quanto OpenAi, che Microsoft ha finanziato per 13 miliardi di dollari, sta facendo con ChatGpt. Nutrita, per migliorare le proprie performance, con una quantità impressionante di contenuti e articoli presenti in rete, per addestrare l’AI a realizzarne in proprio. Come noto, il New York Times ha fatto causa per questa pratica a Microsoft e OpenAI. Strategia opposta a quella del Wall Street Journal, il cui editore ha invece stretto un accordo economico proprio con OpenAI per consentire a ChatGpt di addestrarsi sugli articoli pubblicati online.
Due approcci diametralmente opposti che dimostrano come sul tema le opinioni siano ancora divergenti. Questo perchè il reale impatto dell’Intelligenza Artificiale è ancora tutto da pesare. Il tema riguarda il diritto d’autore e le opere d’ingegno nella loro totalità. Pochi giorni fa Universal, Sony, Warner ed altri colossi della discografia hanno fatto causa a Suno e Udio, due società di software di intelligenza artificiale, che hanno usato brani coperti da copyright per addestrare le proprie AI e migliorare le loro capacità di songwriting.
Intelligenza Artificiale: a valle del processo creativo regna già il caos
Se questo è il fronte aperto a monte – ovvero come normare la vorace acquisizione di dati da parte delle Intelligenze artificiali -, anche a valle è già il caos. Menzioniamo un altro caso recentissimo che interessa un diverso medium. La Dc Comics, celebre casa editrice di fumetti statunitense, ha ritirato dal mercato tutte le copertine realizzate dal disegnatore Francesco Mattina. Il motivo? Il sospetto che l’autore italiano si sia fatto aiutare dall’Intelligenza artificiale per confezionare alcuni lavori. L’indizio da un presunto errore nella “S” che campeggia al centro del costume di Superman, più simile ad un glitch che ad una svista che potrebbe compiere un fumettista in carne e ossa.
AI, la legge arranca all’inseguimento
Letteratura, arti visive, musica. Le opere create con l’Intelligenza artificiale sono insomma già attorno a noi. Quelle che sono dichiaratamente presentate come tali. Ma, in modo più insidioso e problematico, anche quelle che vengono invece spacciate come frutto dell’ingegno umano. Come regolamentare tale frontiera del diritto d’autore, evidentemente molto simile ad un far west? Come noto, a marzo è stato varato l’AI Act, il regolamento europeo sull’Intelligenza artificiale. In Italia, il 23 aprile è stato presentato invece un DDL che si propone di integrare l’AI Act stesso. Un disegno di legge che opportunamente va ad aggiornare un ordinamento che fu vergato nel 1941. L’articolo 24 cerca così di trovare un punto di sintesi. Esso afferma che nel novero delle opere dell’ingegno umano vadano ricomprese anche quelle opere “realizzate con l’ausilio strumenti di intelligenza artificiale purché il contributo umano sia creativo, rilevante e dimostrabile”. In teoria, ineccepibile. Ma quei tre aggettivi “creativo”, “rilevante” e “dimostrabile” sembrano destinati a galleggiare in un vero e proprio oceano grigio di ambigua arbitrarietà.