Il Fondo Monetario Internazionale scende in campo per analizzare gli impatti sul lavoro dell’intelligenza artificiale nelle sue varie forme. La ricerca “Artificial Intelligence and the future of work” pubblicata dall’Fmi il 14 gennaio scorso esplora il potenziale impatto dell’intelligenza artificiale sull’economia globale, in particolare sui mercati del lavoro.
AI generativa e lavoro, un nesso profondo
Grande attenzione è data dalla ricerca all’AI generativa. L’AI generativa è una forma di intelligenza artificiale che può creare contenuti originali e innovativi, come testi, immagini, musica, codice e altro. Questa tecnologia può avere un forte impatto sulla trasformazione del lavoro, in quanto può aumentare la produttività, la creatività e l’efficienza dei lavoratori, ma anche creare nuove sfide e opportunità. può automatizzare alcune attività ripetitive o di routine, liberando tempo e risorse per i lavoratori, che possono concentrarsi su compiti più complessi, creativi o strategici. Ad esempio, tale tecnologia generativa può contribuire alla scrittura di report, documenti, email, presentazioni e altri contenuti scritti, riducendo il carico di lavoro degli impiegati, dei professionisti e dei dirigenti.
Secondo l’Fmi, l’AI generativa può anche integrare e potenziare le capacità dei lavoratori, fornendo loro assistenza, suggerimenti, feedback e soluzioni personalizzate. Creando però potenzialmente spazio per una spersonalizzazione del lavoro umkano. Ad esempio, l’AI generativa può aiutare i medici a diagnosticare e curare i pazienti, i designer a creare nuovi prodotti, i musicisti a comporre nuove canzoni e i programmatori a scrivere codice più efficiente e sicuro.
L’intelligenza artificiale chiede strada
Un sistema del genere, dunque, secondo l’Fmi può creare nuove opportunità di lavoro, sia direttamente che indirettamente. Direttamente, l’AI generativa può richiedere nuove competenze e professioni, come gli sviluppatori, i supervisori e i regolatori dell’AI. Indirettamente, l’AI generativa può stimolare la domanda e l’offerta di nuovi prodotti e servizi, come le piattaforme di contenuti generati dall’AI, i mercati di dati e modelli, e le applicazioni di intrattenimento, educazione e comunicazione. L’AI generativa può, secondo l’istituzione finanziaria apicale del sistema globale, favorire la generazione Z nel suo impatto col mondo del lavoro.
“L’AI potrebbe influenzare il 60% dei posti di lavoro nelle economie avanzate e il 40% in quelle emergenti e in via di sviluppo”, si legge nella ricerca. “Le donne e i laureati sono più esposti all’AI, ma anche più in grado di beneficiarne, mentre i lavoratori anziani potrebbero essere meno adattabili alla nuova tecnologia”, prosegue il paper dell’istituzione con sede a Washington.
In prospettiva, sono comunque da analizzare anche effetti negativi o indesiderati sul lavoro, come la perdita o la sostituzione di alcuni posti di lavoro, la riduzione della qualità o della sicurezza del lavoro, la creazione di disuguaglianze o discriminazioni, e la violazione dei diritti di proprietà intellettuale o della privacy. Questi effetti dipendono da diversi fattori, come il livello di sviluppo e adozione dell’AI, il contesto normativo e sociale, e le scelte individuali e collettive. Diversa anche la penetrazione geografica di questa rivoluzione, che come intuibile è proporzionale al livello di sviluppo economico.
Una rivoluzione in rampa di lancio
L’indice di preparazione all’AI, che misura il grado di prontezza delle economie a sfruttare i benefici dell’AI, varia notevolmente tra le regioni e i paesi, con le economie avanzate che guidano la classifica, seguite dalle economie emergenti e in via di sviluppo. L’Africa subsahariana è la regione meno preparata all’AI, con un punteggio medio di preparazione inferiore al 40% di quello delle economie avanzate Per governarne gli impatti, l’Fmi invita a “pensare alla rivoluzione dell’intelligenza artificiale come a una svolta non solo tecnica ma anche sociale”, dunque valorizzando prima di ogni scelta gli impatti sul fattore umano.
Per affrontare le sfide e sfruttare le opportunità dell’AI generativa, l’Fmi suggerisce alcune politiche di sistema. Si richiede ai decisori politici dei Paesi più avanzate di investire nell’infrastruttura e nelle competenze digitali, per facilitare l’accesso e l’uso dell’intelligenza artificiale generativa da parte dei lavoratori, delle imprese e dei consumatori. Sarà inoltre sempre più necessario sostenere la riallocazione e la formazione dei lavoratori, per aiutarli ad adattarsi ai cambiamenti del mercato del lavoro e a sviluppare le competenze richieste dall’AI generativa. Servirà aggiornare i quadri normativi e le istituzioni, per garantire la sicurezza, la qualità, la responsabilità e l’equità dell’AI generativa, e per proteggere i diritti e gli interessi dei lavoratori, dei creatori e dei consumatori.
Le sfide dell’intelligenza artificiale di domani
L’obiettivo? Promuovere la cooperazione e il dialogo tra i diversi attori coinvolti nell’AI generativa, come i governi, le organizzazioni internazionali, le imprese, i sindacati, le università e la società civile. Anche perché l’effetto di questa rivoluzione sarà legata alle scelte che saranno prese politicamente: “l’AI potrebbe aumentare la disuguaglianza del reddito da lavoro se sarà complementare ai lavoratori ad alto reddito, mentre i rendimenti del capitale aumenteranno la disuguaglianza della ricchezza”, nota l’Fmi. “Tuttavia, se i guadagni di produttività sono sufficientemente elevati, i livelli di reddito potrebbero aumentare per la maggior parte dei lavoratori“.
Tutto sta nel fattore politico e umano: si metterà l’AI al servizio dello sviluppo delle società e delle economie tenendo conto delle ricadute sociali di un contesto che vedrà messi in discussione 4 posti di lavoro su 10 nel mondo? O si affiderà unicamente all’analisi costi-benefici economica la scelta? Dalla risposta a questa domanda dipende una larga fetta del nostro futuro: è ora di iniziare a pensarci seriamente.