Il governo italiano ha smentito le indiscrezioni di stampa che lo vedevano pronto a ricorrere al Golden Power per salvare la raffineria ISAB a Priolo – nel siracusano – possibile vittima dell’effetto boomerang delle sanzioni contro i colossi russi dell’energia. Il massiccio impianto siciliano, infatti, è di una società di diritto italiano controllata – tramite la svizzera Litasco SA – dal gigante russo del petrolio Lukoil. Lo Stato, quindi, non andrà ad esercitare poteri speciali per evitare la chiusura di una raffineria che considera a tutti gli effetti un asset strategico da tutelare.
Reuters: Giorgetti pronto a proporre la nazionalizzazione
A lanciare la bomba è stata l’agenzia Reuters, secondo cui il governo del premier Mario Draghi aveva tutta l’intenzione di nazionalizzare la ISAB per un periodo limitato, in modo da tamponare eventuali perdite, per poi rimetterla sul mercato. Citando due fonti governative, la testata internazionale definiva la mossa come una delle opzioni prese in considerazione dall’esecutivo nel caso in cui venissero imposte sanzioni al petrolio russo. Nel pubblicare le sue indiscrezioni, Reuters ha fatto addirittura il nome del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, che intenderebbe mettere sul tavolo il piano proposto durante un’imminente riunione del Cdm.
La smentita del Mise: “No a nazionalizzazione, ma attenti a possibili sviluppi”
Nella mattinata del 27 aprile, però, fonti del ministero dello Sviluppo economico hanno fatto sapere che l’ipotesi di nazionalizzazione della raffineria non è all’ordine del giorno, spiegando che “la preoccupazione per i risvolti sociali sull’area però esiste e la situazione è all’attenzione del Mise“. L’assessore alle Attività Produttive della regione Sicilia, Mimmo Turano, ha scritto in merito al ministero, archiviando di fatto l’ipotesi di nazionalizzazione ma chiedendo comunque un intervento tempestivo per tutelare i posti di lavoro. “Ho chiesto al ministro Giorgetti di occuparsi personalmente della situazione del Petrolchimico di Siracusa sul riconoscimento dell’area di crisi complessa non c’è più tempo da perdere”, si legge nella missiva.
ISAB: dopo la guerra possibile acquistare solo petrolio russo
ISAB, che rappresenta circa il 22% della capacità di raffinazione complessiva dell’Italia, dà lavoro a più di mille lavoratori ed è la chiave di volta su cui si regge tutto il comparto industriale dell’area. Considerata la più grande del suo genere in Italia per capacità, la raffineria acquistava prima della guerra in Ucraina tra il 30% e il 40% della materia prima dalla Russia. Il resto, fino a qualche mese fa, proveniva dai mercati internazionali. In seguito all’invasione russa, però, la raffineria ha dovuto coprire quasi tutto il fabbisogno di petrolio greggio da Lukoil, soprattutto perché il sistema bancario ha smesso di far credito alla società. “Dato che non abbiamo credito a livello internazionale, non possiamo acquistare greggio altrove”, ha affermato il vicedirettore generale dell’ISAB Claudio Geraci.
Tripoli (Cisl): “Scongiurare provvedimenti estremi”
“Non bisogna dimenticare che la ISAB-Lukoil è una raffineria di proprietà svizzera di diritto italiano e con maestranze interamente italiane”, spiega a True News Alessandro Tripoli, segretario generale della Femca Cisl Ragusa-Siracusa. “L’ipotesi di nazionalizzazione per noi non è proseguibile ma possibile, non essendoci alcuna norma che impedisca di seguire questa strada. Vogliamo scongiurare l’ipotesi che si arrivi a provvedimenti estremi di questo tipo, che potrebbero mettere in discussione l’assetto attuale della nostra raffineria, magari offrendo soluzioni alternative alla politica e a chi ha il dovere di intervenire su una situazione che sta preoccupando, e non poco, i lavoratori del sito ISAB-Lukoil di Priolo”, argomenta il sindacalista. “Per quanto ci riguarda – prosegue – in questo momento la raffineria non vede una flessione di mercato, non è in crisi perché non ci sono acquirenti per i prodotti. Potrebbe subentrare una crisi qualora si dovessero attuare sanzioni nei confronti del greggio russo”.
Le alternative: deroga sul greggio russo e riapertura delle linee di credito
Come scongiurare un simile scenario e le possibili ripercussioni sul polo siracusano? “Ci sono due possibili soluzioni – spiega Tripoli – la prima sarebbe l’approvazione da parte del governo di una deroga sui greggi russi per continuare a lavorarli qui a Priolo. La seconda, un intervento da parte del ministero e della politica per sbloccare le linee di credito per ISAB-Lukoil”. In tal senso, ricorda il segretario “le linee di credito bloccate sono uno dei maggiori problemi in questo momento”, dal momento che non consentono di acquistare prodotti petroliferi da fonti alternative rispetto alla Russia. “La forza di ISAB-Lukoil sta nel fatto che la raffineria è in grado di lavorare qualsiasi tipo di greggio”, spiega ancora Tripoli. “La possibilità di acquistare greggio su altri mercati scongiurerebbe il pericolo di una ipotetica crisi che metterebbe in difficoltà migliaia di lavoratori di questo polo industriale”, aggiunge. ISAB, ricorda ancora il sindacalista, “è una società interconnessa, distribuita su tre siti, dà lavoro a mille dipendenti e coinvolge il settore economico e produttivo dell’intera zona di Siracusa”. L’effetto domino di un’eventuale crisi andrebbe quindi a coinvolgere “10 mila lavoratori addetti del settore, impattando sull’economia della nostra provincia in maniera non indifferente”, conclude Tripoli.
Guai per i vertici di Lukoil
In patria, intanto, Lukoil non se la passa bene sul piano economico e della governance. Il 21 aprile, infatti, si è dimesso il numero uno del colosso petrolifero russo, Vagit Alekperov, dopo essere stato colpito dalle sanzioni internazionali (in particolare quelle imposte dal Regno Unito). Non sono state fornite spiegazioni ufficiali per la decisione, ma sta di fatto che il settore energetico è il vero traino dell’economia russa. Questo spiega, forse in parte, perché le autorità del comparto stanno lavorando per “nascondere” i dati sulla produzione e sui profitti al pubblico russo ma anche – e soprattutto – agli osservatori internazionali.