Businessman che scalano le classifiche degli uomini più ricchi del mondo; imprenditori alla guida di colossi industriali campioni dei più svariati settori; self made man nati dal niente, figli di una storia di povertà e riscatto proprio come quella del loro Paese. La categoria dei miliardari cinesi è molto ampia e racchiude svariati profili, tutti collegati da un minimo comune denominatore: possedere patrimoni esorbitanti, e quindi avere la benedizione del Partito Comunista Cinese. Già, perché al netto dei piani quinquennali stabiliti dal governo centrale, se oggi la Cina si è trasformata in una potenza globale lo deve anche e soprattutto alla sagacia di uomini unici nel loro genere, che hanno saputo dare una svolta alle rispettive carriere, facendo coincidere i loro successi economici con l’ascesa della Repubblica Popolare. La punta dell’iceberg, la stella più luminosa del firmamento del Dragone, nonché l’esempio chiave dei desaparecidos cinesi, è probabilmente quello di Jack Ma.
La parabola di Ma, mister Alibaba
Fondatore del gigante dell’e-commerce Alibaba, per anni il più ricco della Cina e volto noto anche in Occidente, nel novembre 2020 il signor Ma era pronto a concretizzare la quotazione della sua società fintech, Ant Group. L’operazione avrebbe dovuto muovere qualcosa come 37 miliardi di dollari provenienti da una serie di investitori istituzionali. Alla fine non si è mai verificato niente di tutto ciò, visto che le autorità di regolamentazione cinesi hanno fermato l’ipo, inasprito i regolamenti fintech e preso di mira Alibaba sbandierando un’indagine antitrust. Colpa – pare – di un’uscita infelice di Ma, che a fine ottobre aveva puntato il dito contro i regolatori cinesi, rei di aver soffocato l’innovazione. Risultato: il miliardario è sparito dalla scena pubblica per poi apparire dopo tre mesi, in un evento live streaming dedicato al sostegno degli insegnanti che operano nelle zone rurali, spiegando di aver capito che gli imprenditori cinesi dovrebbero lavorare puntando alla rivitalizzazione rurale e alla prosperità comune. Due obiettivi, questi, inseriti al vertice dell’agenda del presidente cinese Xi Jinping.
Le ong: 400 miliardari cinesi scomparsi
È difficile verificare certi numeri, ma alcune Ong parlano di 400 miliardari cinesi misteriosamente scomparsi nel nulla. Che cosa è successo? E che cosa sta accadendo oltre la Muraglia? Sul tavolo ci sono più ipotesi. La prima è che, in seguito all’elezione di Xi Jinping, le autorità cinesi abbiano iniziato a mettere all’indice i profili di personaggi più oscuri in una lotta alla corruzione senza frontiere. L’altra teoria, anche questa non verificabile, è che la Cina voglia impedire ai suoi magnati di volare troppo vicino al sole. In gergo: sfidare il Partito in ambito politico ed economico. È impossibile delineare con certezza i contorni di una vicenda sfumata e lontana dalla luce dei riflettori. Se da un lato i media possono talvolta aver esagerato, visto che molti magnati giudicati morti sono tornati magicamente in vita, dall’altro è indubbio che Pechino abbia iniziato una sorta di repulisti generale tra le fila dei suoi campioni.
A volte ritornano (in un bagno d’umiltà)
Il trattamento riservato al signor Ma non è un caso isolato. La lista dei miliardari cinesi improvvisamente silenziati, spariti o addirittura deceduti, è piuttosto corposa. Data la scarsità di informazioni e le numerose voci discordanti, per spiegare questo “mistero” sono emerse speculazioni di ogni tipo. Anche perché non è mancato chi, dato per morto, è poi tornato in scena più sano che mai. Magari dopo aver fatto un bagno di umiltà per aver rilasciato dichiarazioni off limits. Citiamo qualche caso emblematico. Nel dicembre 2015 Guo Guangchang, magnate di Fosun, il più importante conglomerato privato della Cina, sparisce per quattro giorni, per poi ricomparire come se niente fosse; durante la sua assenza, si ritiene che abbia collaborato a un’indagine di corruzione.
All’inizio del 2016 svanisce nel nulla Zhou Chengjian, presidente del gruppo Meterbonswe, il più grande marchio di abbigliamento casual in Cina; dopo una settimana Zhou – raccontano le cronache dell’epoca – sarebbe tornato al lavoro. Nel gennaio 2017, l’asset manager Xiao Jianhua viene rapito da un albergo di Hong Kong da presunti agenti di sicurezza cinesi; di lui si perdono le tracce, mentre parti della sua azienda, Tomorrow Group, sarebbero stati sequestrati dalla Repubblica Popolare. Nel marzo 2020, Ren Zhiwiang, un magnate immobiliare in pensione, secondo quanto riferito dal New York Times, evapora come neve al sole dopo aver criticato il governo e Xi Jinping per una pessima gestione della pandemia di Covid-19; in un secondo momento, il signor Ren è condannato a 18 anni di carcere con l’accusa di corruzione. E la lista potrebbe andare avanti ancora per molto.