“Non importa se ci vorranno sei minuti, sei giorni o sei settimane, lo faremo passare”. Con queste parole il presidente americano, Joe Biden, ha commentato l’ennesimo rinvio del voto alla Camera sul piano per le infrastrutture messo a punto dalla sua amministrazione. Il pacchetto ha superato lo scoglio del Senato ormai da due mesi, scendendo dagli iniziali 1.900 miliardi di dollari previsti a 1.200, ma le divisioni interne al Partito democratico hanno finito per far impantanare l’iniziativa di legge alla camera bassa del Congresso. La misura rappresenta lo snodo centrale dell’agenda economica di Biden, su cui l’inquilino della Casa Bianca concentrerà tutti i suoi sforzi nei prossimi tempi, soprattutto in vista delle elezioni di medio termine del 2022. In quell’occasione, infatti, saranno rimessi in gioco tutti i 435 seggi alla Camera e 34 dei 100 seggi al Senato, dove i dem detengono la maggioranza solo grazie al voto decisivo della vicepresidente Kamala Harris (che negli Usa ha anche la funzione di presidente della camera alta).
Piano infrastrutture, la sfida di Joe Biden
Biden ha archiviato solamente lo scorso weekend il pericolo di “shutdown”, cioè l’interruzione delle attività governative causata dal mancato rifinanziamento a opera del Congresso. Si tratta di una forma di controllo del legislativo sull’esecutivo, che l’amministrazione Usa ha scongiurato solo a poche ore dalla scadenza legale (che coincide con l’inizio dell’anno fiscale). Per il piano infrastrutture, invece, la strada è ancora tutta in salita.
Piano infrastrutture di Joe Biden, deputati democratici spaccati
I deputati democratici sono spaccati lungo una faglia ideologica piuttosto tradizionale, quella tra centristi – come Joe Manchin (West Virginia) e Kyrsten Sinema (Arizona) – e progressisti, noti anche con l’appellativo di “liberal”. Il pomo della discordia è rappresentato dalla cosiddetta “reconciliation bill”, cioè un ulteriore pacchetto da 3.500 miliardi di dollari per investimenti destinati al welfare e alla lotta al cambiamento climatico. Senza garanzie su quest’ultimo strumento, i liberal rifiutano di approvare il piano per le infrastrutture. La posizione dei centristi è invece piuttosto simile a quella dei repubblicani stessi, che inizialmente volevano scorporare qualsiasi cosa non avesse nettamente a che fare con le infrastrutture. Si parla di sostegni alle famiglie, ai lavoratori, fondi destinati alla tutela dell’infanzia e altre misure. Tuttavia, Manchin e Sinema assicurano che è solo una questione di cifre, non del pacchetto in sé, tanto che il deputato ha proposto di abbassare il budget della “reconciliation bill” a 1.500 miliardi di dollari. Un ulteriore calo in corso d’opera, se si considera che inizialmente si parlava di 6.000 miliardi, scesi a 3.500 dopo i negoziati bipartisan al Senato.
La scommessa di Joe Biden
Biden è consapevole di giocarsi gran parte del suo credito sull’approvazione del piano infrastrutture. Il danno d’immagine arrecato alla sua amministrazione dal disastroso ritiro dall’Afghanistan è una ferita che stenta a cicatrizzarsi, nonostante l’attenzione dei principali media Usa si sia spostata su questioni di carattere interno ormai da settimane. Le infrastrutture americane sono vecchie di almeno quarant’anni, se non risalenti al boom economico stimolato dal New Deal. Il pacchetto punta a creare il più grande investimento federale nel trasporto pubblico di sempre, in particolare nel trasporto ferroviario. Non a caso, Biden è noto con il nomignolo di “Amtrak Joe”, dal nome dell’azienda di trasporti federale Amtrak. Il nome del capo dello Stato è associato a quello della corporation a partecipazione governativa perché, quando era senatore, Biden non ha mai trasferito la sua residenza a Washington, mantenendola invece nella sua casa di Wilmington (nel Delaware). Per questa ragione, ogni giorno prendeva treni dell’Amtrak per recarsi a Capitol Hill e per tornare a casa a fine giornata.
Il piano infrastrutture? Un obiettivo necessario per il presidente
Aneddotica a parte, Biden sa di dover portare a casa il risultato a ogni costo. E di doverlo fare nel modo più bipartisan possibile, in modo da rispettare quell’impegno all’unità ribadito più volte durante il suo discorso d’insediamento a gennaio. In realtà, deve farlo anche per un altro motivo. I fondi del piano infrastrutture, considerato da molti come una sorta di Recovery fund americano, saranno appena sufficienti a sistemare ponti, strade, condutture idriche e cavalcavia. Se si sottraggono ai 1.200 miliardi i 650 già stanziati dall’ex presidente Donald Trump, si arriva a 550 miliardi. Ben poca cosa, secondo associazioni di categoria e analisti. Per la American Society of Civil Engineers (ASCE), ad esempio, la cifra più idonea sarebbe di almeno 2590 di dollari. Questo lo sa anche Biden, che farà di tutto per portare a casa quanto possibile.