Il capitalismo senza concorrenza è semplice sfruttamento. Con queste parole, la settimana scorsa, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden commentava l’ultima iniziativa economica della sua amministrazione in materia di antitrust. Nel mirino, questa volta, non sono finiti i colossi della tecnologia e del web come Meta, Google e Twitter, bensì le quattro grandi aziende che costituiscono l’oligopolio americano che controlla il mercato della carne.
Usa, l’aumento dei prezzi al consumo della carne
L’amministrazione ha delineato normative più severe per i produttori e distributori di carne statunitensi, accusando la grande industria di avere responsabilità dirette nell’innalzamento dei prezzi al consumo di questi prodotti e di influenzare, così, l’intero comparto alimentare. A novembre 2021, il prezzo di articoli come pancetta e carne macinata è aumentato rispettivamente del 26% e del 17% rispetto all’anno precedente, secondo l’indice dei prezzi al consumo stilato dal dipartimento del Lavoro. Le imprese attive nel mercato della carne affermano di riscontrare persistenti problemi nella catena di approvvigionamento e carenza di manodopera, mentre l’economia americana inizia a riprendersi dalla pandemia.
La lotta di Biden per contenere l’inflazione
Lo sforzo del presidente per mitigare i prezzi della carne, inoltre, arriva mentre la sua amministrazione cerca di ridurre l’inflazione, che a novembre scorso ha raggiunto il suo picco massimo degli ultimi quattro decenni. L’inflazione è emersa come una pressante preoccupazione per gli elettori americani, secondo un sondaggio condotto dal Wall Street Journal il mese scorso, e i repubblicani hanno aspramente criticato Biden per via dei prezzi elevati. In altri termini, quella per il costo della carne per Biden è una partita pienamente politica, un tema a cui gli elettori sono particolarmente attenti. A questo, inoltre, va aggiunto che le elezioni di medio termine 2022, in cui i dem rischiano di perdere la maggioranza alla Camera e al Senato, si avvicinano a grandi falcate.
Carne: dalla Casa Bianca un miliardo di dollari per favorire la concorrenza
Gli sforzi della Casa Bianca per abbassare i prezzi della carne mirano a promuovere la concorrenza e rafforzare i piccoli agricoltori statunitensi, in un settore da circa 213 miliardi di dollari l’anno in cui le quattro maggiori società controllano l’85% della produzione di carne bovina e il 54% del pollame. I pilastri della nuova legge vanno dai fondi per i trasformatori locali di carne – per aiutarli a competere meglio con le grandi aziende – a regole più severe per l’acquisto del bestiame e l’etichettatura della carne, che mirano a sostenere gli allevatori statunitensi. L’investimento dell’amministrazione Biden include sovvenzioni, prestiti, denaro per la formazione e modalità inedite con cui gli agricoltori possono segnalare problemi relativi alla concorrenza. Per quanto concerne i finanziamenti, il piano d’azione della Casa Bianca include l’investimento di 1 miliardo di dollari provenienti dai fondi dell’American Rescue Plan, necessari a favorire la concorrenza nel settore e ad aumentare la regolamentazione e l’applicazione delle leggi antitrust.
I quattro colossi della carne bovina Usa
I quattro grandi conglomerati americani nel settore della carne bovina sono Cargill, industria votata al commercio di materie prime con sede in Minnesota; Tyson Foods Inc, produttore di pollame nonché la più grande azienda di carne degli Stati Uniti per vendite; JBS SA, con sede in Brasile, il più grande produttore di carne al mondo; e National Beef Packing Co, che è controllata dal produttore brasiliano di carni bovine Marfrig Global Foods SA.
I piccoli produttori entusiasti: “Una scossa equa”
Gli alti papaveri dell’industria della carne hanno respinto l’iniziativa di Biden, attribuendo la responsabilità dei prezzi più elevati alle strozzature nella catena di approvvigionamento, alla mancanza di personale negli impianti di confezionamento e all’aumento dei costi per il trasporto, l’imballaggio e l’alimentazione del bestiame. Grande apprezzamento, invece, da parte delle associazioni di piccoli produttori come l’American Farm Bureau Federation e la National Farmers Union. “Gli agricoltori e gli allevatori vogliono una scossa equa”, ha affermato il presidente del Farm Bureau, Zippy Duvall. “Dobbiamo capire perché agricoltori e allevatori continuano a ricevere compensi ridotti mentre le famiglie di tutta l’America devono sopportare l’aumento dei prezzi della carne“, ha aggiunto.
Gli scettici: l’oligopolio esiste da decenni
Sul fatto che la “guerra” di Biden ai big della carne possa funzionare, non tutti sono d’accordo. “È vero che la stragrande maggioranza del mercato della lavorazione della carne è controllata da pochi operatori. Ma è così da decenni” ha affermato James Mitchell dell’Università dell’Arkansas ai microfoni della Cnn. “I consumatori avrebbero assistito ad aumenti di prezzo ben prima del 2020 se la colpa fosse stata dell’industria altamente concentrata”, spiega per parte sua una fonte della Camera di commercio USA. Mitchell, invece, concorda con i grandi produttori sul fatto che i motivi dietro l’inflazione e l’aumento dei prezzi al consumo siano da ricercare altrove: carenza di manodopera e problemi della catena di approvvigionamento.
Antitrust: una lunga tradizione a stelle e strisce
Quali che siano i risultati della nuova politica bideniana per il settore alimentare, sta di fatto che la lotta contro l’eccessiva concentrazione di potere economico nelle mani di pochi conglomerati industriali rappresenta un punto centrale nell’iniziativa governativa dem. Ma anche nella cultura americana in generale. Risale infatti al 1890 il cosiddetto Sherman Act, una legge che vietava gli accordi anticoncorrenziali e i tentativi di monopolizzare i mercati. La storica legislazione antitrust aveva principalmente lo scopo di impedire che si formassero grandi concentrazioni monopolistiche (trust) in grado di condizionare il libero mercato. In quel caso il principale obiettivo dell’amministrazione americana riguardava il sistema ferroviario e i settori produttivi ad esso contigui, nell’America che ancora correva verso l’Ovest e in piena espansione industriale.
Oggi, invece, nel mirino delle autorità ci sono le grandi industrie della carne, anche se la sfida principale resta quella da vincere contro i colossi tecnologici, detti anche “Big Tech”, come Google, Twitter e Meta. Una partita, quella tra Washington e la Silicon Valley, che anche il predecessore di Biden, Donald Trump, aveva già iniziato a giocare.