La Banca centrale europea mette la freccia sulla Federal Reserve per il primo taglio dei tassi? Le dichiarazioni odierne di Christine Lagarde di oggi che parlano di un primo taglio a giugno del costo del denaro, aumentato dal giugno 2022 in avanti, sono un avviso in tal senso. E l’Eurotower potrebbe anticipare Jackson Hole in un’inversione del trend che, a inizio anno, si pensava inverso.
Inizialmente si parlava di cinque tagli dei tassi americani e tre europei, poi si è spostato l’inizio di quelli americani alla seconda metà dell’anno. Il motivo è il combinato disposto tra un’inflazione che negli Usa resta vischiosa e aspettative dei mercati che, condizionati da altri temi come la ripresa della crisi del Mar Rosso e le tensioni geopolitiche, sui tassi hanno già digerito una maggiore tranquillità. Ovvero si è dato per assodato da tempo che il costo del denaro non salirà ulteriormente.
I tagli non sono l’unico tema
Gabriel Debach, Market Analyst di eToro, ricorda che le aspettative a riguardo “potrebbero dominare il mercato in questi giorni. Tuttavia, i tagli dei tassi di interesse non passano in secondo piano. Martedì, diversi policymaker della Federal Reserve hanno ribadito che attenderanno ulteriori prove di un calo dell’inflazione prima di attuare il primo taglio di un quarto di punto sul tasso dei fondi federali”. C’è anche un dato politico: la Lagarde passerà tranquilla la tornata elettorale europea, dato che il suo mandato scade nel 2029. Il presidente della Fed, Jerome Powell, va invece incontro a prospettive incerte a seconda che a vincere sia Joe Biden o Donald Trump. E non può dare segnale di apparire, con le sue mosse, condiscendente con le scelte dell’attuale amministrazione.
Intanto nella Bce c’è consenso di un taglio. Anche l’esponente tedesca, “falco” per eccellenza, Isabel Schnabel, parla di tagli. Intesa San Paolo nella sua guidance cita da tempo giugno, EY e Oxford Economics si aspettano una sforbiciata dell’1% entro fine anno. E nel frattempo è l’economia reale a essere attenzionata: tra materie prime che crescono, crisi geopolitiche, blocchi commerciali non sono, per una volta, i mercati a essere sull’ottovolante. E questo vale per l’Europa come per gli Usa.