Consegne rallentate in tutto il mondo, prezzi alle stelle e una preoccupazione su tutte: il Natale. La crisi dei container sta assumendo proporzioni inattese e ha un epicentro: la Cina. E una causa principale: banale dirlo ma è il covid.
Il maxi porto di Shanghai e le navi dirottate
Il nome Ningbo-Zhousan non è di certo familiare ai lettori italiani, ma tutti abbiamo in casa qualcosa made in Cina ed è alquanto probabile che sia stato spedito proprio da lì: Ningbo-Zhousan, che si affaccia sul mar Cinese orientale a circa 200 km a sud di Shanghai, è infatti il secondo porto commerciale del gigante asiatico, un terminal che gestisce l’equivalente di 29 milioni di container ogni anno. Pochi giorni fa, secondo quanto riferisce The Conversation, cinquanta navi erano ormeggiate al largo in attesa di attraccare: questo perché il terminal Ningbo-Meishan, attraverso il quale passa un quinto del totale del volume di traffico del porto, è stato chiuso per una settimana dopo che un lavoratore è stato trovato positivo al covid. Decine di imbarcazioni sono così rimaste bloccate e parecchie altre navi sono state dirottate verso altri scali, peggiorando una situazione già critica.
Container, la Cina è il magazzino del mondo ma ora costa troppo
In Cina si trovano infatti otto dei dieci porti più trafficati al mondo, e tutti stanno lavorando a scartamento ridotto a causa delle restrizioni imposte per contenere i contagi. Così, da Shanghai a Hong Kong le navi portacontainer devono mettersi in coda e attendere di poter attraccare. Non va meglio negli Usa, dove in California sono decine le navi ancorate al largo nella San Pedro Bay, in attesa di accedere ai porti di Los Angeles e Long Beach. Una situazione che non ha fatto altro che far lievitare i costi delle spedizioni internazionali: inviare un container da 12 metri dalla Cina all’Europa è arrivato a costare circa 14mila dollari, dieci volte più del solito.
La nuova logistica globale fa i conti con l’inflazione
Trovare una soluzione al problema non è semplice e implica un’azione su diversi piani: alcune società di logistica hanno iniziato a ordinare nuove navi portacontainer, ma per costruirle ci vogliono almeno due o tre anni. Per questo e altri motivi la situazione potrebbe quindi richiedere diversi mesi prima di sbloccarsi, e nel frattempo ci possono essere numerose ripercussioni: una su tutte l’aumento dell’inflazione. Se le spedizioni internazionali costano di più, saliranno di conseguenza anche i prezzi dei beni importati: e se il problema riguarda principalmente la Cina, potrebbe mettere in discussione il ruolo di Pechino come “fabbrica del mondo”.
La bolla dei container farà saltare il Natale in Occidente
Più nell’immediato, però, la crisi dei container sta creando notevoli preoccupazioni nei retailer per un motivo preciso: le consegne di Natale. I tempi di viaggio sono precisi, e se la situazione nei porti cinesi non migliora sarà difficile che i prodotti possano raggiungere l’Europa o gli Usa in tempo per fine dicembre. Il che potrebbe rappresentare un grosso problema per chi si aspetta un Natale “di ritorno alla normalità” e soprattutto per i venditori al dettaglio, che hanno disperatamente bisogno della stagione natalizia per recuperare quanto perso a causa del covid.
Logistica, i colossi Maerks e Msc: “Nulla sarà più uguale”
Ma anche gli esperti del settore non prevedono un ritorno alla normalità prima di alcuni mesi: ne sono convinti i vertici di due giganti del trasporto marittimo, Maersk e Msc. Søren Skou, ceo di Ap Moller-Maersk, ha descritto alla Reuters uno scenario di “forte domanda da parte dei consumatori finali” che si va a inserire in un contesto caratterizzato dalle “necessità di re-stocking delle aziende e dall’altro lato dalla congestione di porti, magazzini e navi. Nessuno tra i dati in nostro possesso ci suggerisce che entro l’anno la situazione cambierà”, ha aggiunto il manager danese. Non è più ottimistica la previsione di Soren Toft, anche lui danese, passato a fine 2020 da Maersk alla guida di Msc e che prevede un miglioramento della situazione “entro i prossimi 12 mesi”. Per i regali sarà forse meglio affidarsi davvero a Babbo Natale, o agli acquisti di prossimità.